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In una grande città la vita si riduce ad un 'esistenza artificiale.

Molti uomini sentono ancora a stento la vera terra sotto i piedi,

vedono ancora appena crescere le piante, eccetto che in vasi da fiori,

e solo di rado lasciano dietro di sè le luci delle strade,

per lasciar agire su di loro la magia di un cielo notturno cosparso di stelle.

Quando gli uomini vivono così lontano da tutto quello che il Grande Spirito ha creato,

allora dimenticano facilmente le sue leggi.”

(Tatanga Mani)

 

Partigiani: ci chiamavano ribelli

 

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Indeterminazione, dubbio ed ideologia

Post n°9 pubblicato il 13 Luglio 2007 da paolo_54dgl
 

Esiste un'ideologia pura?
Tranquilli, nessuno studio approfondito sul principio di Heisenberg (mi troverei in difficoltà ed imbarazzo), al limite qualche piccolo richiamo. Mi accingo a considerare il concetto di ideologia ed a cercare di capire se esiste un concetto puro, scevro da ogni dubbio. La mia NON é una pretesa di insegnamento, ma la volontà di apprendimento attraverso il dibattito. La tendenza che sempre auspico nei dibattiti é l'arricchimento dell'idea oggetto del disquisire e non la ricerca della ragione ad ogni costo, poiché, come vedremo, il concetto di ragione é completamente effimero ed in taluni casi privo di senso logico. E qui vorrei invitare altri ad esprimere opinioni senza il timore di essere valutati, etichettati, e prezzati, poiché vi é una verità che oserei definire indubbia: non é importante stabilire da che parte é la ragione né il grado di preparazione di chi la sua ragione protesta, ma ottenere una "ragione ideale" quanto più valida possibile che tenda all'universalità.

Occorre, allora, introdurre il concetto (non nuovo, non credo di inventare nulla) di incertezza, da intendersi non come mancanza totale di certezza, ma come circoscrizione del dubbio. Il principio di Heisenberg dice semplicemente che é impossibile stabilire contemporaneamente con precisione assoluta due parametri fondamentali per le particelle sub-atomiche, quantità di moto e posizione in un dato istante, per via delle perturbazioni che la misura introdurrebbe, cosicché si potrà avere un'alta precisione sulla valutazione di un parametro a scapito della precisione dell'altro o viceversa. Semplice, ma con implicazioni sostanziali: leggi razionali non si adattano alla realtà perché imprecise. Assodato che l'incertezza (il dubbio) esiste, scientificamente provato, passiamo oltre.

Se é vero che il razionale non si adatta alla realtà é altrettanto vero che ciò avviene per carenza di dati da elaborare. Se, viceversa, fossimo in possesso della totalità dei dati che concorrono ad un fenomeno, la legge razionale che ne scaturirebbe sarebbe la rappresentazione fedelissima della realtà stessa (nell'800 si pensava di poter predire matematicamente il futuro e, quindi, di eliminare qualsiasi problema alla fonte). Dunque, sembra una via senza uscita: non abbiamo tutti i dati, saremo sempre nel dubbio. In parte é vero; possiamo però congetturare un dubbio che sia parte di se stesso. Con questa affermazione intendo rispondere ad un primo quesito: dubitare del dubbio dovrebbe significare certezza? No, bensì crea un dubbio più grande poiché se il dubbio esiste non può esservi certezza, essendo la sua negazione.

Potrebbe, però, un dubbio contenerne altri, diciamo, di livello inferiore, non che siano più certi ma che abbiano un'oscillazione rispetto al "vero" più piccola del dubbio primevo. E' questo, secondo me, il grado di incertezza; esso può essere valutato piccolo, medio, grande, enorme etc. in dipendenza del contesto in cui opera o viene misurato.
Prendiamo ad esempio il nostro microcosmo del Forum e le sue idee.

Immaginiamolo come una stanza in cui tutti noi prendiamo posto in piedi. All'inizio siamo tutti nella stanza, tutti da una parte, infatti non siamo fuori della stanza. Tracciamo, ora, una linea da intendersi come una divisione intellettuale su un determinato argomento: una linea-idea. Ognuno si disporrà da una parte della linea, avremo due schieramenti che per la ragione della linea sono divisi, ma per quella più generale del Forum sono insieme. Il grado di certezza di stare da una parte é naturalmente legato al grado di libertà di movimento in una delle due regioni limitata dalla linea-idea.

Continuiamo a dividere la stanza in modo che la linea-idea diventi una rete. Ovvero, condizioniamo sempre più l'idea di cui si deve discutere, approfondendola, alla fine ci ritroveremo in una rete a maglie così fitte da impedirci il movimento. L'incertezza in quel momento sarà massima poiché l'oscillazione dal punto centrale della singola maglia (che rappresenta la certezza), sarà in grado di farci scavalcare una delle linee, quindi lo "stare da una parte" sarebbe sostituito dallo "stare da più parti" nonostante si oscilli attorno ad una certezza. Vi sarà, comunque, sempre una rete così stretta (un'idea così estrema) da isolare ognuno di noi nella propria maglia e, addirittura, in grado di rendere impossibile il posizionare i nostri piedi al suo interno, abbracciando, così, un certo numero di verità diverse tra loro.

Con questo voglio dire che vi sarà, per ciascun individuo, sempre un dubbio che può attestare con la sua esistenza l'impossibilità di stare totalmente o categoricamente da una parte: di essere solo comunisti, solo democratici, solo socialisti, solo liberisti ecc...

Ora, permettetemi una regressione tornando all'oggetto della discussione che era provare l'esistenza dell'ideologia pura. Se la intendiamo rigida nel suo significato e cioè: invariabile nel tempo e nelle circostanze, ci si può senz'altro schierare da una parte dichiarandosi sostenitore di quell'ideologia. Se, invece, teniamo conto dell'impossibilità di collocarsi esattamente in un punto di certezza ideale per via della frammentazione dell'ideale stesso, rappresentata dalla sua intrinseca complessità, lo schierarsi da un lato non ha più significato poiché la realtà implica una notevole mole di dati di cui tener conto: una poliedrica diversità di cui non potremmo non disporre mai nella sua totalità. Dunque ognuno di noi sarà in parte democratico, in parte comunista, in parte socialista e via discorrendo, ognuno in modo soggettivo e diverso e non c'è un'ideologia che ha ragione sulle altre.

Comunque, la diversità non sempre implica contraddizione, infatti, ritengo si possa congetturare l'esistenza di categorie di elementi che nella loro diversità concorrano allo stesso effetto quali cause inscindibili ed imprescindibili che, in tal senso, hanno anche lo stesso scopo. E' questo, a mio avviso, il caso di una qualsiasi ideologia applicata alla realtà sociale.


Pragmatismo.

Senza voler scomodare le filosofie di Peirce e James (per carità!), ho ritenuto di poter ammettere l'esistenza di un ideale comune (di cui ultimamente s'è persa la concezione) nell'area politica di sinistra e quindi attribuire al pragmatismo quel significato che si suole dargli di atteggiamento, e non di filosofia, che privilegia l'azione politica tesa al raggiungimento di fini materiali concreti che, comunque, siano in linea con l'idea fondamentale o, almeno, con l'idea che esprima il convergere delle diverse ideologie, e non il sostituirsi ad esse; quindi l'ho inteso come l'azione "economicamente" più valida per raggiungere l'inevitabile compromesso; meta auspicabile di una coalizione politica più o meno omogenea: l'utilitarismo al servizio dell'idea.

Il concetto è tirato per i capelli, me ne avvedo; ma è difficile comprendere come una coalizione possa nascere ed esistere con ideali diversi al suo interno se non per essere semplicemente contrapposta ad un'altra. La somiglianza tra gli ideali, di fatto, non esiste; ognuno è un tratto a sé stante di logica intellettuale e, tutt'al più, possono avere radici comuni, ma esito diversissimo. La differenza tra le varie ideologie è sempre enorme, nettissima, ed in fondo, credere in un'ideale altro non è che un atto di fede. Ben difficilmente si può trovare una somiglianza seppur minima tra loro; ciò che si può (e si deve) invece ricercare è un'azione comune che conduca, diciamo così, "nei pressi" dell'idea stessa, anche per evitare quel fanatismo, proprio dell'ideologia in generale, che tutti (ed anch'io, s'intende) deploriamo.

Eppure, se ci si pensa bene, l'unica maniera di attuare un'idea fedelmente e totalmente è proprio seguirla ed eseguirla fanaticamente, che sia poi moderata, integralista, estremista, oltranzista, utopica ecc. dipende solo da essa e da come viene etichettata, specie dagli ambienti ostili, ma non da come viene attuata: un ideale moderato non ha meno carica di uno estremista. Certo, non voglio assolutamente giustificare la violenza che li appoggia; se un ideale è violento di per sé lo combatto, e lo combatto contrapponendogli il mio ideale che, nella fattispecie, potrebbe essere reputato un ideale-spazzatura né più né meno di quanto io, alla stessa stregua, reputi l'altro. Quindi, sono pienamente convinto sull'esigenza di ricercare i più svariati compromessi, sempre che questi somiglino ad un chiaro disegno politico che miri ad una idea anche variabile nel tempo, e non ad un continuo cambiamento di rotta o ad un adattamento alla realtà di volta in volta diversa.

Questa mia critica nasce dal voler considerare la programmazione politica non solo un momento diverso del fare politica rispetto agli ideali, ma una sostanziale conseguenza di quest'ultimi che attua l'idea sul piano reale. In sostanza, l'azione può solo seguire l'ideale e non può esistere in mancanza di esso. Né di secondaria importanza può essere considerata l'indecisione dei leader nello scegliere la filosofia trainante: la confusione ideologica altro non è che una mancanza di ideale comune che si traduce in una mancanza d'ideale assoluto, quando non sfoci in una frattura dello schieramento. Inoltre, non sono affatto convinto che un leader debba decidere l'ideologia da seguire per mera esigenza di pragmatismo, queste cose le abbiamo lasciate sempre agli altri che, per impedire l'avvento del comunismo, hanno prodotto le più incredibili alleanze: deve pur esistere una distinzione che ci caratterizzi rispetto al più comodo comportamento qualunquistico.

Se c'è un cambiamento di rotta è la base che lo decide, ossia, si osserva il cambiamento e se ne predispongono i piani di programma, ma senza subirlo: che senso ha un cambiamento programmato? Le idee nascono in tanti modi nelle menti, ma quelle indotte per convenienza hanno più il sapore del plagio. Quando vi siano convergenze d'intenti la coalizione delle forze in gioco è un avvenimento dal tutto spontaneo, senza la ricerca demagogica dell'unione; solo a questo punto l'azione derivante, il pragmatismo appunto, potrà essere studiato tecnicamente dagli "addetti ai lavori".

In sintesi, se la sinistra per restare a galla deve comportarsi in maniera da non essere più tale e deve convincere i suoi stessi sostenitori che sia persino una scelta giustificata preferisco uscire dallo schieramento; preferisco più essere una scheggia impazzita che non venire a patti con la mia coscienza perché la distinzione ideologica è fatto fondamentale! Chissà, forse non avere ideali è la cosa più democratica... ma è possibile? Non è anche questo un ideale?

Dunque, bisogna riconoscere che l'ideologia pura esiste solo come astrazione, NON esiste in concreto e tanto meno come realizzazione di un impianto sociale, cosa che molti politici si rifiutano di ammettere.

Quindi, tornando allo schierarsi da una parte, non si può generalizzare tracciando un unica linea di demarcazione pretendendo che ogni individuo trovi collocazione al di qua o al di là di essa, ma solo immaginando una rete a maglie più o meno larghe potremo avere chiaro il concetto di utilizzo di questo mezzo ideologico applicato alla realtà.

E sarà, comunque, limitativo, sia per la mancanza della totalità dei dati da elaborare sia per la fluidità del cambiamento che, sostanzialmente, modifica non solo la rete suddetta, ma, cosa ben più importante, la logica e le leggi che regolano il nostro valutare la causa che spinge ognuno di noi a collocarvisi. In altre parole, anche se nel tempo non dovessero cambiare le motivazioni di un ideale potrebbero cambiare i nostri metodi per valutarli, quindi ne avremmo una rappresentazione diversa di volta in volta che tenteremo di concettualizzarlo.

Per concludere, dubito di tutto e cerco di spiegare tutto per restringere la mia oscillazione attorno alla certezza, quando non posso allargare le maglie della realtà. Se questo é impossibile e la costrizione ad allargare le maglie di questa rete (accettazione passiva di idee non condivise), che a volte diventa ossessiva, diviene necessità impellente, mi rifugio semplicemente nella fantasia, ciò mi da modo di essere più sereno.

La serenità la intendo quale status della nostra psiche quando la mente conscia ha la certezza (meglio dire, il dubbio minimo) di aver fatto il possibile per limitare l'effetto del dubbio attraverso la conoscenza, poiché tra i valori umani più alti, amore, saggezza, etc. ce n'è uno che li sovrasta e li contiene tutti: La Conoscenza. Ma questa é un'altra storia.....

Paolo

 
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