your only man

Post N° 65

un disilluso esploratore

che crede la storia finita,

le tue profondità mi hanno reso cieco,

capace di sentire l’erba crescere,

il sole tramontare, le tue palpebre abbassarsi,

fremere il tuo ventre, le foglie cadere.

Post N° 64

Post N° 62

Zona d'ombra che non è rifugio,
semmai pozzo invitante in cui, lentamente,
affondare. Contare i giorni, i minuti, sezionare
le parti della stanza visibili. Non trovo
il motivo che mi lega a queste mura.

Senza angoli in cui sbattere, girare
in tondo finché il visibile non entra
in lenta dissolvenza. A cosa serve tornare?

Post N° 61

In gesti quotidiani e dolci d'abitudine
il mio carceriere rinnova il suo amore.
Si è immolato nel pensare che tutto
l'amore del mondo possa bastare.
Si è tolto i vestiti, ha soppresso idee,
per apparire più fragile possibile.
Quando nomino la parola fuga
mi chiedo quale sia la logica che mi porta

ancora, a mangiare e bere.
Oh, se sono ancora affamato!

Post N° 60

Io, non il buon tiresia, sto diventando cieco
ogni giorno un po', col ritmo lento di tutto ciò di minimo
che ogni giorno perdo.

Anni fa passavo i miei giorni sul picco di una montagna
e da là osservavo le cose, vedendole chiare
come in una di quelle gioiose mattinate invernali
di freddo gentile e sole.
Poi la montagna cominciò a restringersi e mi trovai
su una comoda collina e la mattinata si fece un po' più uggiosa,
ancora tiepida, ma con la nebbia che mi obbligava
a sforzarmi un po' per mettere a fuoco i dettagli, assottigliando gli occhi,
usando un po' la mia immaginazione per vedere le cose più lontane.
Così sono comparse le prime rughe intorno agli occhi,
che mi dicevo suggerissero esperienza.

Ora mi ritrovo a vivere in pianura-
la nebbia si è fatta più densa tutt'intorno e ho scoperto
da un po' di aver bisogno degli occhiali
per leggere e per guardare la televisione o i cartelli per strada.

Suppongo che col crescere si abbia sempre più bisogno
di palliativi e protesi meccaniche per far quello che prima
istintivamente il nostro corpo faceva
come una macchina perfettamente oliata.

So benissimo dell'esistenza di molti territori sotterranei,
caverne e pozzi e anfratti, dove si può finire -
mio padre da quando ho memoria
mi ha sempre avvertito coi suoi moniti apocalittici.

D’altro canto mi sento stranamente a mio agio

nel muovermi, sebbene il passo un po’ incerto,

su questi territori non del tutto alieni,

nel lasciare che le mie mani si insozzino

o nello scoprire pestate di cacca sotto le scarpe.

Credo mi ci dovrò abituare, per un po’ almeno,

e mentre sento gli occhi appesantiti,

comincio a sentire i piedi, le ginocchia

un po’ doloranti, i gomiti, le caviglie provate,

i fianchi e la mia pancetta da pensatore alcolico.

Percepisco lucidamente come tutti i condomini del mio corpo

soffrano di una gravità seducente e nuova,

alla quale cedono con frequenza e dedizione sempre crescenti.

Suppongo che prima o poi tutto questo cedere mi renderà sposo

della Grande Madre Nerthus, sì, credo proprio di sì,

un giorno, ma in attesa che la cerimonia vera e propria cominci

sto cominciando davvero a godere dei ritmi casuali e soliti

delle solite notti e i consueti giorni.

Post N° 59

il passaggio di un anno come adentare un paio di forchettate di puntarelle
da qualcuno che si appresta a salutarti, dopo averti offerto di rimanere.
tu ringrazi cordiale, ma distaccato, con la testa oramai al prossimo impegno da tentare
di mantenere. le puntarelle sono buone, molto, ma tu hai l'impressione
che ne mangerai ancora, e che riceverai un piacere simile, forse superiore.
perché fermarsi a lodare quelle dunque?
altro giro, altro invito, altro piatto.
pochi botti dalle mie parti anche quest'anno.
ora spengo la luce e tento di stare nel silenzio. con le mie lucine di natale
dei cinesi che ritmano l'abbandono di un altro numero progressivo.
al prossimo piatto di puntarelle. al prossimo bicchiere levato.
al prossimo amore disegnato su carta baritata.
cheers.

Post N° 58

Post N° 57

Post N° 56

The first eye contact with you
after weeks or months I’ve been away
is always an eerie one. I have to hold my urge
to run to you and hug you and kiss,
and bite you like a piece of cake
because I know I’d scare you.
You stare at me confused at first, not sure who’s this
man making silly faces at you, then sometimes run to the other room,
or, slowly, start to introduce me to you little
friends, puppets and new toys, making acquaintance
with the ones I’ve brought you form home.
This is when I forget about all the roads in the world,
When I really get lost into all your giggles and smiles and cries.
Sometimes you do not need roads or cars to find yourself
far far away from everybody and everything else.

Post N° 55

Every time I drive away from Dublin’s M50 it’s a slow impatience

that pushes the accelerator for me.

I have no problem finding my way until I get

at about 50 miles from you. I never take the same road then,

and find myself lost on some narrow dodgy roadeen

with no familiar spot on it to reassure me I’m going the right direction.

It is at this point that my slow impatience tells me to go mall a little bit,

so that I can read the few signposts and don’t miss the right turn

(although I do not have the faintest clue on where and when it is going to appear

and I’ve always had serious doubts the right turn really exists).

When I’m back on a track I can recognize, my eyes start to smile,

to cheer the local newsagent and petrol station, the pub, the church

we sometimes go on bustling Sunday mornings,

if you’re up in time for it.