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Post n°458 pubblicato il 19 Luglio 2016 da canescioltodgl10
Dopo la scoperta dei neuroni specchio e, in particolare, l’affermazione entusiasmante degli scienziati che le opera d’arte attivano la stessa zona del cervello attivata dalla cioccolata, è stato tutto un fiorire di saggi che contengono la parola empatia. Contentissimo di un nuovo approccio a quello che gli artisti veri hanno sempre saputo e imparato studiando e praticando con altri artisti più avanti nel percorso: vale per i pittori, vale per i poeti (nel bellissimo post di Several, Gatto ricorda Montale come suo maestro e questi a sua volta ha studiato e usato da par suo il vocabolario di D’Annunzio), vale per gli attori per cui tutta la vita è un imparare prima dai vecchi e poi dal pubblico con quale tono porgere la battuta e con quale postura. Insomma, non c’è disciplina artistica che non abbia la sua bottega (così Gassman, che pure era stato Accademista, chiamò la sua scuola di recitazione) e il suo esercizio quotidiano che la rende appunto una disciplina. La parola empatia mi ha riportato a Worringer per una rilettura veloce e qua ho ritrovato un passo dimenticato dedicato all’argomento: la distinzione tra Kunstwollen e Kunstkünnen, tra voler fare e saper fare. E’ in questo momento di agitazione lemurale che vale la pena di ri prendere certi discorsi: prendere qua è cose già disegnate da altri per riassemblarle si chiama collage e prendere strisce di versi di autori diversi per farne un qualcosa che poi si ritiene creativo si chiama centone. Decisamente non si tratta di ciò che Montale fa con la lingua di D’Annunzio. Ora sia il collage che il centone sono attività nobilissime e questo ultimo ha radici che si perdono nella notte dei tempi (era praticato già nei Fescennini e dopo secoli di gloria ha alimentato tutto il teatro di rivista. Memorabile Nilla Pizzi che interpretando la Regina Anna nella parodia dei Tre moschettieri cantava «Son qui - perduta nel dolor - e piango sulla federa...» anziché «Son qui - tra le tue braccia amor - avvinta come l'edera»dalla nota canzone L'edera, portata al successo proprio dalla stessa Pizzi. Non bastano schiere di avvocati fallimentaristi per pararsi dal ridicolo. |
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