petali ...
<< E' il tempo che hai perduto per la tua rosa che ha fatto la tua rosa così importante.>>
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Post n°226 pubblicato il 04 Gennaio 2011 da sognando.mi
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Post n°225 pubblicato il 03 Gennaio 2011 da sognando.mi
Orribile non è vero? |
Post n°224 pubblicato il 03 Gennaio 2011 da sognando.mi
Fai una cosa e ne sbagli due! Stare insieme a lui pensando di essere con te... Parlare del mio dolore di te con lui... |
Post n°223 pubblicato il 02 Gennaio 2011 da sognando.mi
Secondo giorno del nuovo anno... nulla di nuovo... ma solo nuove consapevolezze. O forse consapevolezze già presenti, ignorate, che diventano certezze. Si rinnovano di nuovo vigore come piante secche finalmente annaffiate. Torno... aspetta |
Post n°222 pubblicato il 01 Gennaio 2011 da sognando.mi
L'ho fatto ancora. Mentre dormi passa nella mia testa... Questo giorno è mio.. solo mio.. Musica, sigarette, letto e caffè! Ecchecavolo!
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Post n°221 pubblicato il 31 Dicembre 2010 da sognando.mi
Ecco... ho voglia di cambiare, voglia di sentirmi nuova e fresca e pronta a rinascere! E subito le ciocche di capelli neri ricoprono il pavimento, e mi guardo e ho voglia di piangere. Far scivolare le lacrime sui ricordi, su questi anni scritti sui miei capelli lunghi. C'erano ancora capelli che ricordavano le tue mani, e le mani di altri. Ora solo capelli nuovi con i quali inventare nuovi giochi e nuovi amori.
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Post n°220 pubblicato il 30 Dicembre 2010 da sognando.mi
A tutti quelli che |
Post n°219 pubblicato il 30 Dicembre 2010 da sognando.mi
Viene Gennaio silenzioso e lieve, un fiume addormentato fra le cui rive giace come neve il mio corpo malato, il mio corpo malato... Sono distese lungo la pianura bianche file di campi, son come amanti dopo l'avventura neri alberi stanchi, neri alberi stanchi... Viene Febbraio, e il mondo è a capo chino, ma nei convitti e in piazza lascia i dolori e vesti da Arlecchino, il carnevale impazza, il carnevale impazza... L'inverno è lungo ancora, ma nel cuore appare la speranza nei primi giorni di malato sole la primavera danza, la primavera danza.. Cantando Marzo porta le sue piogge, la nebbia squarcia il velo, porta la neve sciolta nelle rogge il riso del disgelo, il riso del disgelo... Riempi il bicchiere, e con l'inverno butta la penitenza vana, l'ala del tempo batte troppo in fretta, la guardi, è già lontana, la guardi, è già lontana... O giorni, o mesi che andate sempre via, sempre simile a voi è questa vita mia. Diverso tutti gli anni, ma tutti gli anni uguale, la mano di tarocchi che non sai mai giocare, che non sai mai giocare. Con giorni lunghi al sonno dedicati il dolce Aprile viene, quali segreti scoprì in te il poeta che ti chiamò crudele, che ti chiamò crudele... Ma nei tuoi giorni è bello addormentarsi dopo fatto l'amore, come la terra dorme nella notte dopo un giorno di sole, dopo un giorno di sole... Ben venga Maggio e il gonfalone amico, ben venga primavera, il nuovo amore getti via l'antico nell' ombra della sera, nell' ombra della sera... Ben venga Maggio, ben venga la rosa che è dei poeti il fiore, mentre la canto con la mia chitarra brindo a Cenne e a Folgore, brindo a Cenne e a Folgore... Giugno, che sei maturità dell'anno, di te ringrazio Dio: in un tuo giorno, sotto al sole caldo, ci sono nato io, ci sono nato io... E con le messi che hai fra le tue mani ci porti il tuo tesoro, con le tue spighe doni all' uomo il pane, alle femmine l' oro, alle femmine l' oro... O giorni, o mesi che andate sempre via, sempre simile a voi è questa vita mia. Diverso tutti gli anni, ma tutti gli anni uguale, la mano di tarocchi che non sai mai giocare, che non sai mai giocare... Con giorni lunghi di colori chiari ecco Luglio, il leone, riposa, bevi e il mondo attorno appare come in una visione, come in una visione... Non si lavora Agosto, nelle stanche tue lunghe oziose ore mai come adesso è bello inebriarsi di vino e di calore, di vino e di calore... Settembre è il mese del ripensamento sugli anni e sull' età, dopo l' estate porta il dono usato della perplessità, della perplessità... Ti siedi e pensi e ricominci il gioco della tua identità, come scintille brucian nel tuo fuoco le possibilità, le possibilità... Non so se tutti hanno capito Ottobre la tua grande bellezza: nei tini grassi come pance piene prepari mosto e ebbrezza, prepari mosto e ebbrezza... Lungo i miei monti, come uccelli tristi fuggono nubi pazze, lungo i miei monti colorati in rame fumano nubi basse, fumano nubi basse... O giorni, o mesi che andate sempre via, sempre simile a voi è questa vita mia. Diverso tutti gli anni, e tutti gli anni uguale, la mano di tarocchi che non sai mai giocare, che non sai mai giocare... Cala Novembre e le inquietanti nebbie gravi coprono gli orti, lungo i giardini consacrati al pianto si festeggiano i morti, si festeggiano i morti... Cade la pioggia ed il tuo viso bagna di gocce di rugiada te pure, un giorno, cambierà la sorte in fango della strada, in fango della strada... E mi addormento come in un letargo, Dicembre, alle tue porte, lungo i tuoi giorni con la mente spargo tristi semi di morte, tristi semi di morte... Uomini e cose lasciano per terra esili ombre pigre, ma nei tuoi giorni dai profeti detti nasce Cristo la tigre, nasce Cristo la tigre... O giorni, o mesi che andate sempre via, sempre simile a voi è questa vita mia. Diverso tutti gli anni, ma tutti gli anni uguale, la mano di tarocchi che non sai mai giocare, che non sai mai giocare che non sai mai giocare, che non sai mai giocare che non sai mai giocare, che non sai mai giocare... 2 0 1 0 |
Post n°218 pubblicato il 24 Dicembre 2010 da sognando.mi
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Post n°217 pubblicato il 23 Dicembre 2010 da sognando.mi
Un anno fa ero sotto il tuo portone, tanto per cambiare avevamo litigato, o meglio, non ci eravamo capiti. Tu avevi messo la tua corazza in titanio e ti nascondevi e non mi facevi entrare. |
Post n°216 pubblicato il 23 Dicembre 2010 da sognando.mi
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Post n°215 pubblicato il 22 Dicembre 2010 da sognando.mi
Ho fatto pace Ho fatto pace Ho fatto pace Ho fatto pace
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Post n°214 pubblicato il 20 Dicembre 2010 da sognando.mi
Spazio: vuoto
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Post n°213 pubblicato il 16 Dicembre 2010 da sognando.mi
Ariete: 2 |
Post n°212 pubblicato il 15 Dicembre 2010 da sognando.mi
Maria notò il cambiamento negli occhi dell'uomo. Sapersi desiderata la eccitava più di qualsiasi altra cosa. Niente a che vedere coi canoni convenzionali - "Voglio fare l'amore con te, voglio sposarti, voglio portarti all'orgasmo, voglio avere un figlio". No, il desiderio era una sensazione libera, fluttuante nello spazio, che vibrava e colmava la vita con la brama di possedere qualcosa. E ciò bastava: questa volontà faceva muovere ogni cosa, abbatteva le montagne e le rendeva umido il sesso. Il desiderio era la fonte di tutto: la partenza dal suo paese, la scoperta di un nuovo mondo, lo studio del francese, il superamento dei preconcetti, il sogno di un'azienda agricola, l'amare senza chiedere nulla in cambio, il sentirsi donna solo grazie allo sguardo di un uomo. Con lentezza calcolata, abbassò l'altra spallina e il vestito le scivolò lungo il busto. Poi sganciò il reggiseno. E rimase lì, con la parte superiore del corpo nuda, chiedendosi se lui le sarebbe saltato addosso, se l'avrebbe toccata giurandole il suo amore, o se fosse stato abbastanza sensibile per provare, nel solo desiderio, lo stesso piacere del sesso. Intorno a loro le cose cominciarono a mutare: i rumori non esistevano più e, a poco a poco, scomparirono anche il caminetto, i quadri, i libri, sostituiti da una sorta di trance in cui c'era soltanto l'oscuro oggetto del desiderio, e nient'altro aveva importanza. L'uomo non si mosse. All'inizio, una certa timidezza velò il suo sguardo, ma non durò a lungo. Lui la fissava e, nel mondo della sua immaginazione, la titillava con la lingua, facevano l'amore, sudavano, si abbracciavano, fondevano tenerezza e violenza, urlavano e gemevano insieme. Nell'universo reale, però, non dicevano nulla: nessuno dei due si muoveva, e questo eccitava tremendamente Maria, perché anche lei si sentiva libera di pensare ciò che voleva. Gli chiedeva di toccarla con dolcezza, spalancava le gambe, si masturbava davanti a lui, pronunciava frasi romantiche e volgari quasi fossero la stessa cosa, aveva un orgasmo dopo l'altro, svegliava i vicini, destava il mondo intero con le sue grida. Li c'era il suo uomo, a darle piacere e gioia; con lui poteva essere se stessa, parlare dei propri problemi sessuali, raccontare come avrebbe voluto passare insieme il resto della notte, della settimana, della vita. Il sudore cominciò a stillare dalla fronte di entrambi. Per via del fuoco del camino, si dicevano mentalmente l'un l'altro. Ma sia l'uomo che la donna in quella stanza erano giunti al limite: avevano usato tutta la loro immaginazione, vissuto insieme un'eternità di momenti belli. Dovevano fermarsi: un passo oltre, e quella magia sarebbe stata cancellata dalla realtà. Con gesti molto lenti - giacché la conclusione è sempre più difficile dell'inizio -, lei si rimise il reggiseno, celando i capezzoli. L'universo riprese il suo posto, gli oggetti intorno ricomparvero. Maria si tirò su il vestito che le era scivolato fino alla vita, sorrise e, delicatamente, gli sfiorò il viso. Ralf le prese la mano e la premette contro la sua guancia, senza sapere se tenerla lì o con quanta intensità stringerla. La ragazza avverti il desiderio di dirgli che lo amava. Ma questo avrebbe rovinato tutto: avrebbe potuto spaventarlo oppure, peggio, far sì che rispondesse che anche lui provava lo stesso sentimento. Ed era qualcosa che Maria non voleva: la libertà del suo amore consisteva nel non avere nulla da chiedere o da aspettarsi. "Chi è capace di sentire, sa che si può provare piacere ancor prima di sfiorare l'altra persona. Le parole, gli sguardi... racchiudono il segreto della danza. Ma il treno è arrivato: ognuno se ne va per la sua strada. Spero di poterti accompagnare in questo viaggio fino a... Fino a dove?" "Al ritorno a Ginevra," disse Ralf. "Chi osserva - e scopre - la persona che ha sempre sognato, sa che l'energia sessuale si scatena prima del sesso. Il piacere più grande non è il sesso, ma la passione con cui viene praticato. Quando è intensa, il momento sessuale serve ad alimentare la danza, non è mai l'elemento principale." "Stai parlando di amore come se fossi un'insegnante." Maria decise di continuare, perché era questa la sua difesa, la sua maniera di dire tutto senza compromettersi: "Chi è innamorato sta sempre facendo l'amore, anche quando non lo fa. Il momento in cui i corpi si incontrano è solo il traboccare della coppa. Si può restare insieme per ore, addirittura per giorni. Si può iniziare la danza un giorno e concluderla un altro, o magari non terminarla nemmeno, se il piacere è tanto. Niente a che vedere con undici minuti." "Che cosa?" "Io ti amo." "Anch'io ti amo." "Scusami, non so cosa sto dicendo." "Neanch'io." Maria si alzò, gli diede un bacio e uscì. Ora poteva aprire la porta perché, secondo la superstizione brasiliana, il padrone di casa doveva farlo solo la prima volta che il visitatore se ne andava. |
Post n°211 pubblicato il 15 Dicembre 2010 da sognando.mi
C’era una volta una prostituta di nome Maria. Un momento. “C’era una volta” è la frase migliore con cui cominciare una storia per bambini, mentre “prostituta” è una parola da adulti. Come posso scrivere un libro che rivela questa apparente contraddizione iniziale? Comunque, visto che in ogni istante della nostra vita abbiamo un piede nella favola e l’altro nell’abisso, manterrò questo incipit. C’era una volta una prostituta di nome Maria. Come tutte le prostitute, era nata vergine e innocente e, nell’adolescenza, aveva sognato di incontrare l’uomo della sua vita (ricco, bello, intelligente), di sposarsi (in abito bianco), di avere due figli (che da grandi sarebbero diventati famosi) e di vivere in una bella casa (con vista sul mare). Il padre faceva il venditore ambulante, la madre era sarta. Nella sua sperduta cittadina del Brasile c’erano solo un cinema, un locale e una piccola banca. Perciò Maria aspettava il giorno in cui il suo principe azzurro sarebbe arrivato senza avvisare, e avrebbe conquistato il suo cuore – e allora lei sarebbe partita insieme a lui alla conquista del mondo. Fino a quando il principe azzurro non fosse apparso, lei non avrebbe potuto far altro che sognare. S’innamorò per la prima volta a undici anni, mentre si recava a piedi da casa fino alla scuola. Il primo giorno di lezione, scoprì infatti di non essere l’unica a fare quel percorso: accanto a lei camminava un ragazzino che viveva nelle vicinanze e frequentava le lezioni nel suo stesso orario. I due non scambiarono mai una sola parola, ma Maria cominciò ad accorgersi che il momento della giornata che più le piaceva era quello in cui avanzava lungo la strada polverosa, malgrado la sete, la stanchezza e il sole a picco, con quel ragazzino che procedeva lesto mentre lei si sfiniva nello sforzo di mantenere la sua andatura. La scena si ripeté per vari mesi. Maria, che detestava lo studio e non aveva altra distrazione all’infuori della televisione, si ritrovò a sperare con ogni forza che la giornata passasse rapidamente: aspettava con ansia il giorno di scuola successivo e, al contrario delle compagne, trovava noiosissimo il fine-settimana. Ma, per un bambino, le ore erano ben più lente a passare che per un adulto, e così lei soffriva: reputava che i giorni fossero troppo lunghi perché le concedevano soltanto dieci minuti quotidiani in compagnia dell’amore della sua vita e migliaia di ore in cui pensava a lui, fantasticando su quanto sarebbe stato bello se avessero potuto chiacchierare. E ciò accadde. Una mattina, il ragazzino le si avvicinò, chiedendole in prestito una penna. Maria non rispose, assunse un’aria alquanto irritata per l’inatteso abbordaggio e accelerò il passo. Era rimasta pietrificata dalla paura quando lo aveva visto camminare nella sua direzione; aveva il terrore che lui si accorgesse di quanto lo amava, di quanto lo aspettava, di come sognava di prenderlo per mano, oltrepassare il cancello della scuola e proseguire sino alla fine della strada, dove – si diceva – sorgeva una grande città, con personaggi fantastici, artisti, automobili, tantissimi cinema e un’infinità di cose belle da fare. Quel giorno non riuscì a concentrarsi sulle lezioni. Soffriva per quel suo comportamento assurdo, ma al tempo stesso si sentiva sollevata per il fatto di sapere che ancheil ragazzino l’aveva notata. La penna era stata soltanto un pretesto per parlarle, poiché quando lui si era avvicinato, Maria ne aveva notata una nella sua tasca. Cominciò dunque ad attendere la conversazione successiva, e trascorse quella notte – così come le notti seguenti – fantasticando sulle molteplici risposte che gli avrebbe dato, fino a trovare il modo giusto di iniziare una storia che non avesse più fine. Ma non ci fu nessun’altra conversazione. Per quanto continuassero ad andare a scuola insieme – talvolta con Maria che lo precedeva di qualche passo tenendo una penna in mano, talaltra camminando dietro di lui per poterlo osservare con tenerezza –, il ragazzino non le rivolse mai più la parola, e lei dovette accontentarsi di amare e soffrire in silenzio sino al termine dell’anno scolastico. Durante le successive, interminabili vacanze estive, una mattina Maria si svegliò con le gambe bagnate di sangue e credette di morire. Decise di scrivere una lettera al ragazzino che era stato il grande amore della sua vita e progettò di inoltrarsi nel sertão, in quel territorio arido e desertico, per farsi divorare da uno degli animali selvatici che terrorizzavano i contadini della zona: il lupo mannaro o la mula senza testa. Solo così i suoi genitori non avrebbero pianto la sua morte, perché i poveri mantengono sempre viva la speranza, malgrado le tragedie che gli capitano. In questo modo, avrebbero pensato che fosse stata rapita da una famiglia ricca e senza figli, ma che un giorno sarebbe tornata, coperta di gloria e denaro; anche l’attuale (ed eterno) amore della sua vita non l’avrebbe mai dimenticata, soffrendo ogni mattina per non averle più rivolto la parola. Non arrivò mai a scrivere quella lettera, perché la madre entrò nella stanza, vide le lenzuola arrossate, sorrise e disse: “Ora sei una signorina, figlia mia.” Maria volle sapere che rapporto ci fosse tra l’essere signorina e il sangue che scorreva, ma la madre non seppe spiegarglielo: si limitò ad affermare che era normale e che da allora avrebbe dovuto usare una specie di cuscinetto da bambole fra le gambe, per quattro o cinque giorni al mese. Quando domandò se gli uomini utilizzassero un tubicino per evitare che il sangue gli imbrattasse i pantaloni, apprese che quella cosa capitava solo alle donne. Maria protestò con Dio, ma finì per adattarsi alle mestruazioni. Non riusciva, invece, ad abituarsi all’assenza del ragazzino e continuava a rimproverarsi per quel suo stupido atteggiamento che l’aveva fatta fuggire da ciò che più desiderava. Il giorno prima che ricominciasse la scuola, si recò nell’unica chiesa del paese e giurò alla statua di Sant’Antonio che avrebbe preso l’iniziativa di parlare con il compagno di strada. L’indomani, si preparò con la massima cura, indossando un vestito che la madre le aveva cucito per l’inizio della scuola; poi uscì, ringraziando il Signore perché finalmente le vacanze erano finite. Ma il ragazzino non comparve. Trascorse un’intera, angosciosa settimana, fino a quando lei venne a sapere, da alcuni compagni, che si era trasferito in un’altra città. “Se n’è andato lontano,” disse qualcuno. In quel momento, Maria imparò che alcune cose si perdono per sempre. Apprese inoltre che esisteva un posto chiamato “lontano”, che il mondo era vasto e il suo paese piccolo, e che le persone più interessanti finivano sempre per andarsene. Anche lei avrebbe voluto partire, ma era ancora troppo giovane. Guardando le strade polverose del paesotto dove abitava, decise comunque che un giorno avrebbe seguito i passi di quel ragazzino. Nei nove venerdì successivi, secondo un’usanza della sua religione, fece la comunione e chiese alla Vergine Maria di portarla via da lì, un giorno. Per qualche tempo soffrì, cercando vanamente di avere notizie del ragazzino, ma nessuno sapeva dove si fosserotrasferiti i suoi genitori. Maria cominciò allora a pensare che il mondo fosse troppo grande, e l’amore troppo pericoloso, e che la Vergine fosse una santa che dimorava in un cielo distante e non si curava di ciò che chiedevano i bambini. |
Post n°210 pubblicato il 13 Dicembre 2010 da sognando.mi
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Post n°209 pubblicato il 09 Dicembre 2010 da sognando.mi
Un vuoto d’aria nella gola
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Post n°208 pubblicato il 09 Dicembre 2010 da sognando.mi
Le meraviglie in questa parte di universo, |
Post n°207 pubblicato il 07 Dicembre 2010 da sognando.mi
Il Pollastro e la Perla
Un giorno, in un letamaio, un pollastro stava cercando qualcosa da poter beccare....Finalmente e con somma sorpresa trovo' una perla..... "Tu" disse il pollastro "cosi' bella e preziosa sei qui abbandonata in un luogo cosi' indegno e puzzolente"!!!!
Se qualche avido Ti avesse notato prima di me, Tu saresti gia' tornata, da un pezzo, al Tuo vecchio splendore.... Ora, siccome e purtroppo per Te, Ti ho scoperto io....tieni presente, disse il pollastro, che avrei preferito di gran lunga qualcosa da mangiare e cosi' questo incontro non e' servito ne a Te ne a me. Irato e indispettito il pollastro diede un calcio alla povera perla e si rimise a razzolare per cercare qualcosa da mangiare.....
morale: ...le cose belle, per chi non le apprezza, non hanno alcun valore. |
Inviato da: vibrazioneforte
il 20/05/2013 alle 20:42
Inviato da: eugenia1820
il 28/04/2013 alle 23:43
Inviato da: carpediem246
il 16/02/2013 alle 20:34
Inviato da: vibrazioneforte
il 10/12/2012 alle 12:17
Inviato da: sognando.mi
il 07/12/2012 alle 11:31