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crisi in vallecamonica

Post n°242 pubblicato il 27 Novembre 2012 da annainfuriata

brescia_571La crisi sta toccando pesantemente la ValcamonicaORE: 14:34 | MARTEDÌ, 27 NOVEMBRE 2012

Qualcuno è conosciuto, in crisi nera com'è già da tempo. Qualcun altro bussa alla porta delle preoccupazioni per il lavoro proprio in questi giorni. In un territorio già fragile come quello camuno, la difficile congiuntura economica sta assumendo caratteristiche drammatiche non solo nelle aziende che da tempo accusano difficoltà, ma anche in quelle realtà che fino a oggi avevano retto bene.

Ai settori sott'acqua da anni, come il tessile e l'edile, si aggiungono quelli storici del metalmeccanico e del commercio. A parlarne è il segretario della Cgil di Valcamonica - Sebino, Daniele Gazzoli, in una riflessione lunga cento chilometri, tanto è grande il comprensorio di sua competenza «con molte situazioni aperte preoccupanti, alcune delle quali arrivano all'epilogo».

Il riferimento è agli oltre cento lavoratori della Franzoni Filati di Esine che, dopo anni di cassa integrazione, il 29 novembre saranno tutti messi in mobilità e il loro rapporto con la storica azienda, che non opera più da tempo in Italia, cesserà. Si tratta di persone con un'età media avanzata, molte donne, con una scolarizzazione bassa ma un'alta professionalità nel settore, abilità che oggi non è più spendibile.

Si avviano verso la stessa sorte, probabilmente in primavera, anche i 40 dipendenti della NewCoCot di Cogno, che non sono stati assorbiti nella nuova Olcese. Mentre impensierisce la sorte dei 40 operai che non rientrerebbero nel piano industriale della NK Textile di Ceto, che prevede il mantenimento di una sessantina di persone a fronte degli attuali cento assunti.

Se la crisi nel tessile non sorprende, a stupire è la richiesta di cassa integrazione di una realtà che finora non aveva risentito degli effetti negativi della congiuntura, continuando a investire e ad assumere personale. La Lucchini di Lovere ha ottenuto la cassa integrazione ordinaria per un massimo di 430 dipendenti sugli oltre mille presenti, anche se in un primo momento partirà solo con 50 persone. «L'impatto per ora è limitato - afferma Gazzoli - ma è un segnale preoccupante per un'azienda che finora è sempre andata bene. Nella zona della bassa Valle e del Sebino anche la Dalmine di Costa Volpino ha dichiarato 20 esuberi e la Ravani ha chiesto la cassa integrazione per 16 su 60 dipendenti (incontro il 10 dicembre). Per continuare, ci sono realtà che segnano una situazione finanziaria complicata, come la Saci di Tavernola e il gruppo Vela a Corte Franca, che assorbono parecchia capacità lavorativa della nostra zona».

Al momento attuale non hanno lanciato grida d'allarme, ma la situazione d'incertezza all'Ilva di Taranto non può non far pensare alle grosse realtà camune strettamente legate alla produzione pugliese, come le tre imprese del gruppo Riva o la Semat di Artogne. Alcune delle lavorazioni di Sellero, a esempio, sono collegate a quelle di Taranto e non sono pochi i camuni, sia operai che maestranze, che fanno la spola dalla Valle alla Puglia. «I proprietari sono gli stessi - dice il segretario della Cgil camuna - e la loro tenuta finanzia è univoca: la speranza è che tutto si risolva senza quindi ripercussioni in Valle». Alla Riva, che sta già impiegando i contratti di solidarietà, lavorano circa 500 persone tra Sellero, Malegno e Cerveno.

C'è un altro gruppo, la ex Inusti ora LaCam del gruppo Brembo, che viene monitorato a vista. Uno dei due concordati preventivi non è andato a buon fine, mentre si sta costruendo a Sellero il nuovo capannone. La preoccupazione è che, nel trasferimento dagli stabilimenti di Berzo Demo a Sellero, si possano perdere alcuni posti, per le nuove lavorazioni che saranno avviate. «I segnali non sono confortanti - continua ancora Gazzoli -, non siamo sicuri che i nuovi metodi produttivi garantiscano lavoro a tutti. Di fronte a una situazione così drammatica - conclude il segretario - non possiamo che sperare che le condizioni generali dell'economia migliorino al più presto. Come Cgil stiamo chiedendo a tutti i livelli di fare il possibile. Dalla politica camuna non vogliamo miracoli, ma che almeno metta al centro delle agende l'occupazione e il lavoro, magari rimpinguando il fondo per il micro credito e convocando il tavolo sull'occupazione. Su temi così forti ci dovrebbe essere la stessa attenzione che si mette nelle nomine delle aziende pubbliche».

Giuliana Mossoni

 

 

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