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« nessuno nasce nessuno muore | a mia mamma » |
Nella valle di Non So Dove tra i monti di Non So Chi camminavamo per raggiungere il villaggio Su in Cima nel tardo pomeriggio. Il cielo nuvoloso regalava fiocchi di neve leggeri intenti a colonizzare quel manto bianco lucente già presente sul terreno. Man mano che arrancavamo con le ciaspole affondavamo nel vello biancastro producendo sentieri di gigantesche orme. All'emigrante sarebbero apparse come reperti di animali estinti, figuri paurosi ed enormi che battevano la valle in cerca di facili prede. Rabbuiava il cielo, la neve prendeva vigore, i fiocchi divenivano grandi e fitti e tutto pareva rivestito da un manto traforato, ove il grigio ed il bianco danzavano allegramente. Il freddo ci gelava le ossa. Il paese pareva lontanissimo e le pinete iniziavano ad incupirsi. Ci accampammo a ridosso di un'alta roccia, sovrastata da un masso sporgente che donava riparo dalla tempesta di neve. Fu un raccogliere di rami e rametti ed aghi di pino, un comporre una piramide di legnetti, uno scegliere aghi ancora asciutti ed inserirli all'interno della costruzione. La prima fiammata resinosa si spense nella nostra costernazione. Ritentammo e divampò. Con la schiena appiccicata alla pietra e con la giacca a vento aperta verso il fuoco, godevamo del calore ristoratore, osservando or ora l'espandersi della fiamma, ora il guizzo dorato verso l'alto, ora la brace incandescente che formava al centro della costruzione la fucina del calore. La notte ci sorprese abbracciati nel sacco a pelo, col fuoco che gemeva e si contorceva in mille spettacoli di colori e guizzi, parlava coi suoi crepitii di una vita precedente, vissuta nella crescita della pianta, immagazzinando i raggi del sole che ora donava a noi nel mezzo di una bufera. Fu una notte insonne ma densa di immagini spettacolari, di rumori soffocati, di consapevolezza che attorno a noi nulla era morto. La vita sgorgava dai mille cunicoli sotterranei dove tassi e topi e lucertole e formiche e milioni di insetti svernavano, nelle crepe delle cortecce bruchi di farfalla attendevano il loro momento per rifiorire nei loro mille colori. Un gufo lanciò il suo richiamo, il lupo lontano ululò, la volpe saltò a poca distanza da noi osservando il fuoco spegnersi, un capriolo annusò e fuggi tra gli arbusti. Sentivamo l'ansimare della natura, l'energia della lotta per la sopravvivenza, il silenzio dell'attesa di una stagione migliore, il rispetto per la forza distruttiva dell'Inverno.
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