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parla un somaro qualunque

Creato da re1233 il 12/10/2008

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gli osannati

Post n°134 pubblicato il 02 Marzo 2010 da re1233
 

 

 

                             

                          

Certamente non penso che “gli osannati” da quasi tutti siano da ammirare o da imitare. Mi riferisco alle figure storiche che vengono magnificate anche sui libri di scuola, personaggi che hanno cambiato il mondo con la forza dei loro eserciti. Alessandro il conquistatore, Giulio Cesare dux e trascinatore delle folle, Napoleone imperatore e via dicendo. Questi personaggi, come altri che hanno corollato la storia, hanno in comune la sete di potere, la loro mira è stata la sottomissione di altri popoli, l’allargamento delle frontiere a dismisura, tanto da non poter più governare le province per la vastità dei territori soggiogati. Gli eserciti sono stati la loro arma, essi hanno aggredito chi non aveva aggredito, hanno distrutto, saccheggiato, violentato, schiavizzato donne e bambini. Hanno torturato quelli che chiamavano nemici, barbari, che avevano la colpa di essersi difesi da un’aggressione improvvisa. E poi ci dicono che questi condottieri hanno portato la civiltà! Certo! Hanno insegnato molte cose, dalla filosofia greca all’architettura romana, all’anelito della libertà della rivoluzione francese. Ma io mi metto nei panni di chi, vivendo una vita tranquilla, ha subito violenza da parte degli esportatori della civiltà! Ma perché avrebbero dovuto cambiare le loro abitudini oppressi da una forza impari? Quanto poco siamo propensi ad esportare la nostra cultura con la pace….importando la cultura altrui, capendo che non abbiamo verità assolute da difendere, che nessuno al mondo ha certezze assolute e che quindi il vivere altrui può essere integrato col nostro vivere, ciò aprirebbe la nostra mente e metterebbe in discussione i nostri pensieri. I grandi uomini che veneriamo sono degli assassini, ladri e profittatori, mandanti di stragi e di ciò che più nefando ci sia. In nome della grandezza degli imperi hanno insanguinato il mondo antico. Oggi la conquista non riguarda più i territori ma le risorse che il nostro povero mondo ci può regalare ed è per questo che si fanno le guerre. Nell’ombra le aziende ormai dominanti, novelli imperatori, gestiscono gli scontri indirizzandoli secondo i loro profitti, dando mandato a governanti che traducono le loro richieste in realtà. Abbiamo diritto di difenderci e ciò è sacrosanto ma non abbiamo diritto di aggredire in nessun caso, neppure se ciò comporta la mancanza di esportazione della democrazia!

Da noi si dice “ Pisa pi curt” per intendere che ognuno dovrebbe moderare le proprie aspettative di crescita, valutandone i danni che potrebbe arrecare più che i vantaggi che ne può ricavare. Ma si sa! Non è questa la società che pensa ciò!!!!

P.S. Il detto piemontese letteralmente vuol dire “fà la pipì più corta!” e si proferisce a chi esagera nelle affermazioni o nei desideri.

Serenità!

 
 
 

la casa che crolla

Post n°133 pubblicato il 19 Febbraio 2010 da re1233
 

E pensava che se non fosse stato lui ad approfittare della situazione ci avrebbe pensato il suo vicino. Era per questo che ogni qualvolta la situazione volgeva a suo favore se ne giovava e coglieva a piene mani il frutto del suo opportunismo. Aveva individuato in quel piccolo impresario edile la persona corretta, ingenua, idealista, che avrebbe potuto fare il lavoro, che lui aveva ottenuto dal signor Tale, in subappalto. Lo chiamò per un preventivo, gli chiese uno sconto. Sapeva della sua situazione finanziaria molto precaria, della sua necessità di lavorare e stabilì con lui un prezzo da fame, al limite dei costi necessari. L’altro accettò. Pur di lavorare ed ottenere quella miseria, che significava poche settimane di sussistenza ma necessarie alla sopravvivenza della famiglia si era adeguato alla situazione. Ma il lavoro non poteva essere svolto da uno solo e questi aveva bisogno di un aiuto per il lavoro faticoso e necessario da svolgere. Chiamò un pover’uomo, padre di tre figli che faceva lavori saltuari per sbarcare il lunario. Naturalmente il tutto era in nero e per adeguarsi al livello di compenso ricevuto offrì un’ennesima miseria al povero indigente. Costretto dalla impellente necessità di sopravvivere anche questo accettò. Quando fu ora di acquistare il materiale per la costruzione si rivelò necessario abbassarne il costo per poter avere un margine leggermente più alto di guadagno. Si scelse meno cemento e più sabbia, ferro scadente e mattoni di bassa resistenza. Colui che aveva ottenuto il lavoro dal signor Tale aveva supposto, visto il prezzo fatto,  che il materiale utilizzato non sarebbe stato della migliore qualità e si premunì andando dal geometra del comune con un regalino per la moglie, con alcuni  cespugli di azalea per il suo giardino e con la richiesta di indicargli un ingegnere di facili costumi che avrebbe approvato il lavoro da svolgere. Naturalmente non aveva richiesto “ un ingegnere di facili costumi” ma un ingegnere di sua conoscenza “ che faccia un prezzo di favore e consideri noi che dobbiamo lavorare per mantenere la famiglia”, ma i facili costumi erano sottintesi. L’ingegnere in questione considerava tutti i lavori accettabili, sapeva che una troppa eccessiva severità sul lavoro lo avrebbe categorizzato tra quelli da non coinvolgere in questi casi. Pur di continuare ad operare in futuro “chiudeva un occhio” su certe imprecisioni: “tanto non sarebbe mai successo nulla di tragico!” ripeteva  mentalmente. In questo andazzo il lavoro iniziò e si concluse con un nuovo edificio malfermo e precario. In quella casa andarono ad abitare quattro individui. Il primo era un impiegato del comune che aveva fatto un mutuo per comprare l’alloggio, il secondo un idraulico che aveva collaborato alla posa in opera dell’impianto di riscaldamento, il terzo era un operaio di un’azienda metalmeccanica con lavoro a tempo indeterminato, il quarto un avvocato agli inizi della carriera con ottime prospettive di crescita in campo lavorativo. L’impiegato del comune aveva sentore che il geometra dell’Ufficio Tecnico non fosse uno stinco di santo, ma pensò che la cosa fosse normale purché non eccedesse nell’accettare regali. Il secondo aveva collaborato alla costruzione degli impianti idraulici e  non aveva indagato sulla consistenza della malta utilizzata nella costruzione, “tanto”, diceva tra sé “non avranno certo fatto meno di quello che fanno gli altri?!! Tutti speculano sui materiali, l’ho fatto anch’io!”. L’operaio metalmeccanico era a digiuno di ogni problema edilizio ed aveva la certezza che ognuno attorno a lui facesse il proprio dovere, aveva accettato senza porsi nessun problema la consistenza di ogni struttura fatta, diceva alla moglie” la facciata è bellissima! Anche le piastrelle sono da far invidia a chi ci visiterà!” e di ciò si beava. L’avvocato tra i suoi primi clienti aveva difeso un costruttore in lite con un condomino che lamentava delle crepe nella casa da quegli appena costruita. Ma la causa era stata vinta con successo perché arzigogolando tra i vari comma delle leggi aveva trovato una scappatoia e l’impresario era stato assolto per non aver commesso il fatto. Ancora si crogiolava guardando la fattura fatta recapitare al costruttore dopo la sua vittoria.  La casa fu abitata. Passarono anni ed il momento dell’acquisto fu quasi dimenticato.

 

Cinque anni dopo piovve e poi piovve e ripiovve. La terra si inzuppò d’acqua e cedette quel tanto che bastò a far cedere le fondamenta. Si salvarono ma la casa crollò.

L’impiegato comunale se la prese col terreno sul quale era stata costruita la casa, parimenti all’idraulico. L’operaio pensò che era vero quello che dicevano i primi due e si lamentò del perché “Il Comune” avesse dato il permesso a costruire in questa zona. L’avvocato scavò più a fondo e diede la colpa all’ultimo che aveva costruito l’immobile e lo denunciò.

 

Se….l’acquirente del terreno avesse dato il lavoro senza strappare un prezzo da fame all’impresario, se questi avesse poi comprato materiale adeguato, e se il geometra del comune avesse vigilato, come suo dovere, sui lavori, la casa sarebbe oggi ancora in piedi.

Ma se moltiplichiamo per un milione questa situazione (come succede oggi in Italia) ognuno di noi potrebbe abitare in una casa non adeguata o precaria.

Se ognuno di noi, qualsiasi lavoro faccia, pensasse ad agevolare l’altro senza speculare, senza approfittare, senza ricattare, senza mentire, tutti saremmo più sicuri e sereni.

Il bene di ognuno è uguale al bene di tutti.

Serenità!

 

 
 
 

Il San Valentino di un vecchio

Post n°130 pubblicato il 14 Febbraio 2010 da re1233
 

Quali parole per elencare i tuoi pregi? Sfuggono i termini ormai obsoleti in questa società! Gentilezza, dolcezza, amorevolezza, altruismo, sopportazione, sacrificio sono solo alcuni che ti caratterizzano. Nel trovarti sempre con me, mano nella mano, occhi negli occhi a dialogare su cose semplici, cose di ogni giorno che ora esaltano ed ora  scoraggiano ho trovato linfa in questi anni di convivenza, forza nell’affrontare le difficoltà che man mano si presentavano. Capisco dai tuoi sguardi e dalle tue carezze la condivisione del nostro amore. Si! Amore che oggi posso veramente gridare al mondo. Una vita assieme, quarant’anni ed oggi è San Valentino. Non amore detto mille volte al giorno senza crederci davvero, non amore detto alle cose che ci circondano, ma Amore scaturito da questo rapporto che non ha avuto conflitti per tutti questi anni. Oggi ti dedico questo mio scritto, un po’ demodè, un po’ di antico sapore…in fondo però pari alla nostra età! Vorrei dedicarti tutte le giornate dell’anno e non solo questa che rappresenta solo una scusa per esternare ciò che provo per te.

Ti Voglio Bene e te ne vorrò sempre.

 
 
 

coraggio e paura

Post n°129 pubblicato il 13 Febbraio 2010 da re1233
 

Quando il cane iniziò ad abbaiare sbirciò dalla finestra. Era ormai notte fonda e non distingueva le forme che pian piano apparivano al fondo del cortile oltre il cancello serrato. Adesso vedeva meglio, era un’ombra sola intenta in un andirivieni ai bordi della cancellata. Cosa poteva volere e soprattutto cos’era quella forma indistinta ora aggrappata ai ferri antichi della chiusura? Lui era solo in casa. Il fuoco del camino si stava spegnendo, sul tavolo una candela casalinga illuminava solo il poco spazio a lei adiacente. Si fece forza, prese un randello uscendo dalla cucina e si diresse in cortile. Poteva essere un clandestino, un rumeno, un albanese, un delinquente qualunque. Le gambe gli tremavano ma era risoluto, avrebbe preso di petto la situazione e forse anche il cane lo avrebbe difeso. Come fu in cortile sentì la voce profonda e gutturale chiedere “mi aiuti!”. La luna piena risplendeva quella notte lasciando le zone in ombra quali fossero ricettacolo di spettri o mostri, ma ora rischiarava il personaggio che aveva supplicato di aiutarlo. Ancora non ne distingueva i lineamenti, e man mano che si avvicinava ne notava la corporatura robusta, la giacca a vento con il bavero rialzato ed il berretto calato sulla fronte nascondevano, in parte, il volto. Alfine raggiunse il cancello e quella persona, certamente con un gran mal di gola, gli spiegò che si era perso nella strada attraverso il bosco e proveniva dalla frazione al di là della collina dove lo aspettava la moglie ed il prete che aveva invitato a cena. Aveva un accento meridionale e non extracomunitario come lui aveva immaginato. Non era del tutto convinto che egli dicesse la verità ma il suo buon cuore lo spinse ad accettare di ospitarlo in casa sua. Quando fu entrato lui spiegò la sua vicissitudine. Era stato colto dal buio mentre cercava di raggiungere la cittadina di Vattelapesca ed aveva preso quella che credeva una scorciatoia per arrivare prima. Il buio gli aveva però fatto commettere uno sbaglio ed aveva vagato per ore nella neve senza incontrare nessuno. Ora non sapeva dove era capitato e chiedeva aiuto. Lo condusse accanto al camino e riattizzò il fuoco. Ora gli pareva un povero individuo, bisognoso di cura, raggomitolato qual era accanto al fuoco. La voce cavernosa che lo aveva tanto spaventato era dovuta ad una bronchite in stato avanzato. Gli spiegò che era sua abitudine percorrere a piedi le strade anche per lunghe distanze, che aveva abolito macchina ed altri mezzi di trasporto sia per mancanza di denaro, sia perché il dottore gli aveva consigliato di camminare molto. A quell’ora di notte lui si coprì, accese la macchina e lo portò nel paese che avrebbe dovuto raggiungere. Qui trovò moglie e prete ed una quantità di persone che lo stavano cercando nei sentieri del bosco. Tutti si rallegrarono ed invitarono anche lui a festeggiare con un bicchiere di vino la ricomparsa dell’uomo.

 

Quante volte la paura ci allontana da chi ha bisogno, quante volte ci manca il coraggio di conoscere chi ci capita di fronte e lo condanniamo solo perché ci appare diverso in una situazione diversa.

Il coraggio non è di tutti, ma può essere costruito da tutti. La paura è fifona e aggredendola pian piano e giornalmente scompare lasciandoci liberi di accettare la diversità.

Serenità!

 
 
 

combattere č inutile?

Post n°128 pubblicato il 10 Febbraio 2010 da re1233
 

Si era stancato delle solite lamentele ricevute e riascoltate sul suo comportamento in pubblico. Non era colpa sua se era allergico alle solite ovvietà dette e ridette magnificandole come fossero una scoperta eclatante.

Aveva abbandonato la compagnia, contrariato dalla vacuità dei loro discorsi, indispettito dalla loro chiusura totale a qualsiasi idea che non fosse già stata consacrata dalla ripetizione propagandistica.

Si era diretto a passi rapidi su per quel sentiero tra i boschi dietro casa sua. Gesticolando malediceva la sua ritrosia ad accettare discorsi di basso livello culturale. Non che lui fosse molto acculturato! Ma sicuramente lo era un poco più di coloro che lo avevano frequentato fino ad allora. Lo sguardo chino al suolo, si sollevava solo talora col braccio rialzato verso il cielo ed il pugno chiuso in un impeto rabbioso. Possibile che l’umanità non capisse la sua miseria intrinseca? Avarizia, invidia, dominio, freddezza, aridità di sentimenti ecco come vedeva lui questa società! Tutte le idee dei singoli erano rivolte alla propria soddisfazione personale, inframmezzata da voglia di egemonia sull’altro. Pensava che fosse questa la ragione primaria dell’insorgenza delle guerre. Il possesso sfrenato delle cose, il raggiungimento di chissà quale livello economico, auspicato da tutti gli economisti, era diventato il male che stava distruggendo l’umanità! La crisi globale attuale si era manifestata per questo pessimo principio.

Il cielo pareva accompagnarlo nei suoi pensieri cupi ed irosi. Le nuvole avevano coperto totalmente quel poco di sole, che tentava di sopravvivere indorando coi suoi raggi le gocce di  neve sciolta, cadenti dalle piante nude. Giungeva ormai sull’erta boscosa dove il sentiero si stringeva tra i castani, svicolava con curve improvvise aprendo scenari d’ampio respiro.

Pian piano lo sguardo cadde sulle piccole scoperte che rendono felici: un sasso ricoperto di muschio, rinverdito a lato di chiazze di neve, un incavo tra due tronchi di quercia che raccoglieva un minuscolo laghetto d’acqua, una foglia appassita che bagnava la sua estremità in quel liquido. Piccoli segni che esaltavano la vita oltre l’umanità, oltre gli esasperati problemi tra le persone, segni che riconciliano con la nostra quotidianità. 

Qui avvenne la sua trasformazione, da infuriato ad irascibile, da irascibile a  calmo, da calmo  a sereno. Adesso vedeva con occhi diversi la situazione, considerava il pensiero degli altri accettabile, ed il suo non necessariamente degno di accettazione incondizionata. Lo sguardo si diresse verso le macchie di neve impreziosite dalle orme dei caprioli risalenti la collina quella mattina, più in là fogliame e terra smossa dal grugno dei cinghiali. Capì allora che anche nella sua solitudine mentale qualcuno esisteva accanto a lui, qualcuno che non aveva pensiero, che prendeva la vita nelle sue manifestazioni primarie, senza porsi problema del futuro ma solo dell’immediato e gli venne in mente la famosa frase:

“Carpe diem”.

Ridiscese verso casa pensando che combattere le idee altrui fosse vano.

Oggi mi sento così!

Serenità!

 
 
 

amami anche se puzzo

Post n°127 pubblicato il 07 Febbraio 2010 da re1233
 

                            

                          

 

Che schifo! Puzzo d’aglio! Lo confesso: a me l’aglio piace! Chi mi leggerà non avrà mai intenzione di conoscermi. Me ne rallegro!!!!!

E’ difficile convivere con un mangiatore di aglio!!!!.............a meno che……..anche l’altro lo mangi!

Pare impossibile ma se anche l’altro lo ha mangiato i due vivono felicemente assieme!!!

Tra i due non si sente l’odore acre e rivoltante che esce col respiro.

Ma oggi non è quella giornata! L’aglio l’ho solo mangiato io e mia moglie si lamenta………tant’è che sono venuto al pc per un tempo più lungo del solito.

Mi sono rintanato nell’altra camera tra libreria e divano letto e sto scrivendo un nulla di idee.

In effetti cerco un argomento intelligente da affrontate ma non ce l’ ho. La mia è solo un’idea di fisica umana.

Quando ci si incontra l’odorato ha una funzione primaria. L’odore che emana dal corpo a noi vicino ci attrae o ci fa dissociare completamente. Non è una cosa pensata. È una cosa istintiva, direi una conoscenza “a  pelle”. A me l’odore del sudore mi attrae, mi fa considerare la persona sudata una attiva, piena di personalità, volta al raggiungimento degli obiettivi  superando gli ostacoli che incontra. Tutto questo perché oggi, a distanza di molto tempo, ho analizzato ciò che non capivo e che mi era così istintivo. So, per certo, che la maggioranza delle persone non gradisce questo odore e prova di tutto per annullarlo. Ebbene coloro troveranno altri odori che li attraggono ………e certamente non il  mio, che quando suda sa di cipolla. Ma forse il sudore di cipolla è il sudore della fedeltà visto che ormai sono quarant’anni di matrimonio superati senza nessun ripensamento o tradimento di sorta.

Certo oggi sto scherzando, anche perché avendo avuto a pranzo figlia, genero e nipote, sono stato molto bene ed un bicchiere di vino in più mi ha reso allegro.

A tutti auguro giorno felici…al diavolo l’aglio ed il suo odore…..mia moglie non divorzierà per questo né io lo farò io quando lo mangerà lei!

Serenità!

 
 
 

lingua italiana

Post n°126 pubblicato il 03 Febbraio 2010 da re1233
 

                                      

Tra qualche ora vado a scuola di grammatica. Siamo tutti vecchietti che vogliono riprendere in mano regole ormai dimenticate. L’intenzione è ricreare  alcuni collegamenti coi pochi neuroni rimastici. Eravamo già presenti alla lezione precedente dove una domanda spontanea ci era sorta. “Ma che senso ha studiare grammatica oggi??” . L’inglese diverrà la lingua globale e dovremmo farla conoscere molto bene ai nostri giovani. Il ripiegamento sui dialetti ormai consacrati come simboli del territorio nel quale si vive, il rifuggire dalla lingua italiana sostituita da abbreviazioni e codifiche che accomunano fasce di età, renderebbe inutile lo studio della grammatica. Eppure, a noi quattro gatti, il ripescaggio di tale materia ci rende partecipi a cose già vissute che ci accomunano.

Il professore è un insegnante anziano in pensione ed è legato a questa materia che dichiara di aver amato.  Tra il 50 ed il 70 la televisione a canale unico prediligeva testi che passavano al vaglio di esperti in lingua italiana. Le parole erano dosate e scritte prima, le trasmissioni non erano in diretta ed i testi erano scritti e corretti. Questo sistema fece il primo grande miracolo di unire l’Italia, almeno nel comune modo di parlare. Mia nonna parlava solo il dialetto piemontese ed i miei genitori si convertirono alla lingua italiana stimolati dai programmi visti. Noi figli entrammo a pieno titolo nella conoscenza di questo modo di parlare. Oggi purtroppo si regredisce quando si considera un linguaggio proprio di una piccola area abitata come necessario alla conoscenza dei giovani. Le lingue muoiono perché a poco a poco nessuno le parla più. Non vorrei che la lingua italiana facesse questa fine in tempi brevi, quando ancora altre lingue non sono ancora capaci a sostituirla. 

Serenità!

 

 
 
 

libertā violata

Post n°124 pubblicato il 29 Gennaio 2010 da re1233
 

                      

 

Ieri in Parlamento si è compiuto un ulteriore misfatto dando la possibilità ai cacciatori di cacciare tutto l’anno senza vincoli di sorta. Ciò significa che anche nei periodi di riproduzione degli animali si potranno puntare quelle sofisticate armi. che con un solo reclinare dell’indice, decidono della vita o della morte di animali ancora liberi in natura. Questa legge voluta da chi non ama la biodiversità ma pare ripiegare sulla sola parola “denaro” darà modo al più irresponsabile degli individui di decimare caprioli femmina incinte, camosci e stambecchi nel pieno della gravidanza, uccellagione nel periodo di cova o di imbecco e via dicendo. Il popolo delle carabine ringrazia! I fabbricanti di armi anche! Come ho già spiegato in alcuni post precedenti io non sono un vegetariano e quindi ritengo che l’uomo si debba nutrire anche di carne, ma non esiste ragione di cacciare ciò che possiamo ammirare nella sua libertà assoluta. Abbiamo già sulla coscienza i martiri allevati in serie, ed uccisi per la nostra sopravvivenza alimentare. Per quale motivo ciò non ci basta? Se distruggiamo ciò che è diverso e libero, distruggeremo la capacità di capire che il centro dell’Universo NON è l’uomo. Siamo tutti componenti dello stesso sistema che si regge sulla compensazione reciproca. Senza le piante non avremmo a sufficienza ossigeno, senza biodiversità non avremmo le stesse proprietà immunitarie che abbiamo oggi. È come sterilizzare l’ambiente e ricevere in cambio allergie e malattie nuove. Ogni forma vivente su questo pianeta ci regala la possibilità di creare anticorpi atti a salvarci la vita. Se un capriolo defeca vicino ad un castano trasmette alla pianta e quindi alla castagna sostanze chimiche che non sono uguali a quelle di un tasso o di uno scoiattolo od altro, ciò dà al frutto di quella pianta una proprietà diversa dalla castagna a lui vicina. Fintanto che noi ci nutriamo di alimenti biodiversi otteniamo il passaporto alla nostra incolumità fisica, qualora ci nutrissimo solo di pochi elementi sempre uguali avremmo ottenuto il passaporto alla nostra distruzione.

Serenità!

 

 
 
 

il diritto di vivere

Post n°123 pubblicato il 26 Gennaio 2010 da re1233
 

Liberarsi dalle catene della quotidianità che ci avvincono  e non ci permettono di assaporare la molteplicità della vita: questo sarebbe un bel traguardo! Il ripetere gli stessi atti, l’accettare orari, date, scadenze, frasi convenzionali sono sintomo di rinuncia alla vita stessa. Come automi che si alzano, si lavano, si pettinano, si vestono, si rimirano, si scambiano le solite frasi trite e ritrite o agiscono nel mutismo più completo appariamo iniziare la giornata come se ogni giorno fosse il precedente. Improvvisamente una mattina le cose non quadrano più! Una telefonata ci avverte che un familiare sta male. È ricoverato ed è in pericolo di vita. Ed ecco che scatta in noi il ritorno alla realtà. Ci immedesimiamo nella condizione di quasi fine vita altrui, ed il rimpianto di ciò che non abbiamo fatto ma solo desiderato ci attanaglia il cuore. Malgrado ciò usciamo e ci rechiamo al lavoro: la macchina, il percorso in coda, i clacson. Entriamo nei nostri uffici salutando come da schema prefissato. Ci sediamo ai nostri scranni moderni ed operiamo ponendo attenzione solo a ciò che interessa il presente. Operazioni già fatte milioni volte, ripetute con precisione che escono dalla routine solo se facciamo degli sbagli. Salutari sbagli! Che per un attimo ci riportano alla coscienza di ciò che siamo in quel preciso istante: esseri fragili ed effimeri. Ben presto ritorniamo ai nostri doveri e nulla ci distoglie fino allora di pranzo, che ovunque sia fatto è anche quello un ripetersi di “già fatto”, “già visto”, “già detto”. Il pomeriggio scorre come la mattina ed alla sera si rientra a casa. Ecco i soliti problemi di gestione del proprio domicilio, la famiglia colle sue aspettative, gli eterni battibecchi per dei nonnulla, l’ora di cena…….e la televisione..la televisione! Il telegiornale con 20 minuti di cronaca nera, 8 di pubblicità, 2 di informazione che dovrebbe interessarci. Non tutte le vite sono come questa, ma certamente una gran parte! Mi chiedo dov’è la libertà che tanto inseguiamo, il diritto a vivere che riteniamo dover avere.

Serenità!

 
 
 

il calore dell'amore

Post n°122 pubblicato il 24 Gennaio 2010 da re1233
 

                             

 

Oggi passeggiavo per Torino. Il freddo pungente mi aveva costretto a vestirmi di tutto punto: canottiera di lana, dolce vita rimboccata fin sotto il mento, maglioncino di pile e giacca a vento. Certo io ero esagerato, tant’è che ho dovuto sbottonarmi la giacca mentre camminavo, perché stavo sudando. Guardandomi attorno vedevo frotte di giovani adolescenti con pantaloni di jeans, giacchette inconsistenti di fibre sintetiche sconosciute, avvolti da sciarponi che coprivano loro anche il naso, tremanti dal freddo, con le spalle ricurve in avanti e le braccia rigide ed appiccicate ai fianchi. Talora le mani erano in tasca talaltra si strofinavano tra loro per riscaldarsi. Mi è venuto l’istinto di gridar loro “copritevi di più!”.

Poi ho pensato a com’ero io cinquant’anni fa! Anch’io snobbavo il freddo vestendomi poco, rifiutavo la cuffia che la mamma insisteva nell’appiccicarmi al capo spingendola fin sotto le orecchie, ripiegavo la sciarpa e me la mettevo a mo di cintura sentendomi così più interessante, volevo le scarpette da ginnastica ed i calzini estivi perché mi sentivo più presentabile…..e poi tremavo dal freddo! Ma ..veramente a quell’età ogni incontro con altri o altre mi faceva dimenticare il gelo. Il cuore mi riscaldava, il metabolismo più attivo distribuiva calore al corpo…o almeno così ero convinto.

L’adrenalina che insorgeva per la vicinanza di una ragazza mi faceva dimenticare ogni dolore fisico. Tornavo a casa con le mascelle rattrappite tanto da non poter spiaccicare parola per parecchio tempo, ma tutto era….bello, bellissimo, e di lì a poco avrei voluto uscire di nuovo. È proprio vero che alla mia età si dimentica la gioventù e ci vuole un notevole sforzo mentale per poter ritornare a come si era …e cioè né più né meno come sono i giovani di oggi!

Serenità!

 

 
 
 

fatica e lavoro

Post n°121 pubblicato il 21 Gennaio 2010 da re1233
 
Foto di re1233

Mi affascina da sempre il lavoro umile e faticoso delle classi povere del paese. Vedo nel sudore e nella fatica fisica l’origine della nostra esistenza su questo pianeta. Ciò che l’umanità ha trovato appena ha aperto gli occhi alla possibile manipolazione di ciò che esisteva. La fatica di cacciare viene affiancata alla fatica di trasformare le pietre in ruote, le selci in frecce, le pelli degli animali in vestiti. Man mano che ci si evolve attrezzi e macchinari agevolano l’uomo. Oggi sono ben pochi i lavori che richiedono forza fisica di un certo livello. Non distruggono più le braccia o le gambe o la schiena come un tempo. Ai miei tempi nelle località di campagna era solito vedere vecchi o vecchie reclinate su un bastone con lo sguardo a terra ed il busto che cedeva in avanti. Gli sforzi fisici portavano ad un cedimento degli anelli della spina dorsale all’altezza del bacino. Ma ancora oggi alcune categorie di persone, direi non fortunate, fanno ancora questi lavori massacranti, giocandosi un futuro di benessere per necessità.

A pochi chilometri da dove abito esiste un paese di nome Luserna San Giovanni famoso per una pietra appunto detta di”Luserna”. Dalle cave viene estratta con macchinari che agevolano molto. La pietra viene estratta a blocchi e portata a piccoli rivenditori che sono i veri artefici della fatica.

Il blocco viene diviso a mano con mazza e scalpello, con mazza ed apposito attrezzo viene divisa a lastre di vario spessore che costituiranno la materia prima della vendita al dettaglio.

Se qualcuno ha preso in mano una mazza od ha provato ad utilizzare martello e scalpello capirà quanta fatica possa procurare un tale lavoro svolto per tutta la giornata.

Questo è una attività che gli italiani non fanno quasi più! Sono stati sostituiti da comunità di cinesi che col tempo hanno colonizzato alcuni paesini limitrofi. Il lavoro assiduo e tenace ha loro permesso di divenire proprietari di alcune cave. Il sudore italiano o cinese non si distingue, accomuna chi vuole lavorare, anche se, come è naturale, la convivenza con altri “modus vivendi” crea problematiche. Oggi per la maggioranza delle persone tutto è più facile: io sono seduto davanti ad una tastiera ed il mio lavoro fisico è schiacciare dei tasti. Lavoravo con autisti che consegnavano merci, un lavoro durissimo, che accomunava stress per la guida e forza fisica nel consegnare la merce anche di notevole peso. I muratori non portano più pesi su per le scale col secchiello colmo di calcina come una volta ma la fatica non è stata tutta sconfitta e sicuramente si esige una buona forza muscolare.

Ho parlato di categorie di lavoro che dovrebbero avere più considerazione.

Invece queste persone sono considerate ultime o quasi nella scala sociale.

Talora disprezzate perché il loro vestito non è pulito, per le mani callose, per i modi bruschi dovuti ad un irrigidimento della muscolatura.

Eppure io li apprezzo perché sono alla base della nostra sopravvivenza e come si dimostra nelle grandi calamità è con le mani che si scava per salvare le vite, è con le gambe che si arriva dove nessuna macchina arriverebbe, è con le mani callose che si zappa la terra e si producono quelle cose che ci permettono di vivere.

Serenità!

 
 
 

la ribellione

Post n°120 pubblicato il 20 Gennaio 2010 da re1233
 

Il sole alto nel cielo ostentava i suoi raggi nel tentativo di riscaldare la fredda giornata invernale. Non otteneva un gran risultato, colpa di un vento gelido proveniente da Nord. La poiana volteggiava disegnando cerchi sempre più ampi nel cielo terso. L’occhio lungimirante scrutava il suolo alla ricerca di prede o carcasse in posizioni abbordabili. Evidentemente il suo volo aveva invaso uno spazio riservato perché un grosso corvo si stava avventando sul rapace. Avevo alzato gli occhi al cielo, colpito da quell’accanito gracchiare ed osservavo la lotta iniziata. Il corvo attaccava pinzando col becco le penne della coda della poiana, poi retrocedeva e riattaccava. Il suo verso diveniva sempre più alto e roco ed il predatore pareva in difficoltà. Non reagiva e si allontanava. Ho scostato lo sguardo solo quando era molto lontana ed il corvo era rientrato nel suo territorio.

Consideravo allora quanto grande fosse stato il coraggio di quell’uccello che pur nella sua grandezza era un nonnulla nei confronti della poiana.               

Un altro episodio mi successe anni addietro quando, fermo ad un semaforo fuori città vicino ad un campo d’erba, vidi un leprotto aggredire un corvo. Quest’ultimo si era messo di fronte all’uccello e faceva dei balzi avanti cercando di mordergli la testa. Mi impressionò vedere il volatile retrocedere e cercare di riattaccare e venire nuovamente respinto da quell’animaletto che per me avrebbe dovuto essere un simbolo di docilità.

                            

 Non so chi vinse ma mi vien da credere che il corvo se ne andò. Tutta questa tiritera per dire che anche il debole alla fine si ribella e la sua aggressività è molto più feroce di quel che si possa pensare. Anche tra le persone succede questo e talora la risposta ad un sopruso si rivela esagerata rispetto al danno subito. A Rosarno ne abbiamo avuto l’esempio. Quanto è difficile la convivenza pacifica tra persone!

Serenità!

 
 
 

il primo "vaffancculo"

Post n°119 pubblicato il 18 Gennaio 2010 da re1233
 

A piccoli passi entro nella stanza dove riposa il nipotino. Nella penombra riconosco il lettino, mi avvicino e colgo il respiro affannoso di chi esce da una costipazione che ora è in via di guarigione. Quel tossire insistente che era presente gli scorsi giorni si è arreso or ora e lui riposa sereno. Non lo voglio svegliare, ma solo

 

 

                          

 

sincerarmi che stia bene. Quante ansie e preoccupazioni quando questo frugoletto sta male. Ormai tutto ruota attorno a lui. I tempi sono condizionati dal suo esistere, le libertà sacrificate per il suo bene. Da nonni si diventa più sensibili a tutto questo. Non ricordo di aver dato così tanto affetto alla figlia quanta ne sto dando al nipotino. È evidente che adesso non c’è più di mezzo il lavoro, che non rincorro più carriere e che mi posso concentrare su altri fatti. Ora lui ha tre anni e va all’asilo. Lì ha imparato i primi rudimenti della comunicazione sociale…..a pranzo ha esordito con un sonoro “vaffanculo” gettandoci nel più profondo riconoscimento della nostra impreparazione a questo evento.

                

Non abbiamo riso né lo abbiamo sgridato, abbiamo fatto gli indifferenti. Ma a tutt’oggi, dopo aver provato di tutto dalle lusinghe alle punizioni, qualche volta ancora lo dice. Gli abbiamo insegnato che chi dice quella parolaccia è un maleducato e lui quando la sente sgrida il colpevole. Ma mi chiedo che valore possa avere un insegnamento di questo genere che lo mette fuori dal reale parlare degli adulti. Quando i ragazzi intercalano le loro poche parole con termini di tal genere facendone vanto. In fondo anch’io ho usato termini poco edificanti nella mia giovinezza e soprattutto sul lavoro ( ero a contatto con autisti ed operai delle cooperative). Purtroppo è questa la realtà di un certo ceto sociale.  

Educare è sicuramente difficile se ti poni il problema del loro bene futuro.
Ma son io capace di distinguere il loro bene futuro dal loro male???!!

Mi sento molto incapace!

Serenità!

 
 
 

un sogno d'avventura

Post n°118 pubblicato il 14 Gennaio 2010 da re1233
 

Nella valle di Non So Dove, tra i monti di Non So Chi, camminavamo per raggiungere il villaggio Su in Cima nel tardo pomeriggio.

Il cielo nuvoloso regalava fiocchi di neve leggeri, intenti a colonizzare quel manto bianco lucente già presente sul terreno.

Man mano che arrancavamo con le ciaspole, affondavamo nel vello biancastro producendo sentieri di gigantesche orme.

All’emigrante sarebbero apparse come reperti di animali estinti, figuri paurosi ed enormi che battevano la valle in cerca di facili prede.

Rabbuiava il cielo, la neve prendeva vigore, i fiocchi divenivano grandi e fitti e tutto pareva rivestito da un manto traforato, ove il grigio ed il bianco danzavano allegramente.

Il freddo ci gelava le ossa. Il paese pareva lontanissimo e le pinete iniziavano ad incupirsi.

Ci accampammo a ridosso di un’alta roccia, sovrastata da un masso sporgente che donava riparo dalla tempesta di neve.

Fu un raccogliere di rami e rametti ed aghi di pino, un comporre una piramide di legnetti, uno scegliere aghi ancora asciutti ed inserirli all’interno della costruzione.

La prima fiammata resinosa si spense tra la nostra costernazione.

Ritentammo e divampò.

Con la schiena appiccicata alla pietra e con la giacca a vento aperta verso il fuoco,  godevamo del calore ristoratore, osservando or ora l’espandersi della fiamma, ora il guizzo dorato verso l’alto, ora la brace incandescente che formava al centro della costruzione la fucina del calore.

La notte ci sorprese abbracciati nel sacco a pelo, col fuoco che gemeva e si contorceva in mille spettacoli di colori e guizzi, parlava coi suoi crepitii di una vita precedente, vissuta nella crescita della pianta, immagazzinando i raggi del sole che ora donava a noi nel mezzo di una bufera.

Fu una notte insonne ma densa di immagini spettacolari, di rumori soffocati, di consapevolezza che attorno a noi nulla era morto. La vita sgorgava  dai mille cunicoli sotterranei dove tassi e topi e lucertole e formiche e milioni di insetti svernavano, nelle crepe delle cortecce bruchi di farfalla attendevano il loro momento per rifiorire nei loro mille colori.

Un gufo lanciò il suo richiamo, il lupo lontano ululò, la volpe saltò a poca distanza da noi osservando il fuoco spegnersi, un capriolo annusò e fuggi tra gli arbusti.

Sentivamo l’ansimare della natura, l’energia della lotta per la sopravvivenza, il silenzio dell’attesa di una stagione migliore, il rispetto per la forza distruttiva dell’Inverno.

Serenità!

 
 
 

Chi č artefice del suo mal pianga se stesso

Post n°117 pubblicato il 11 Gennaio 2010 da re1233
 

Del senno di poi son pieni i fossi! Lo sappiamo tutti, ed io me ne beavo citandolo a coloro che si accorgevano dell’esistenza di una soluzione semplice ad un  problema gestito in modo difficilissimo.

Ma questo non è servito ad aprirmi gli occhi su ciò che è successo il mese scorso con il mio PC.

Si presenta mio genero e dice che la mia videata è troppo lenta, che ho troppi programmi inseriti, che sono loro a rallentare il collegamento con Internet, che bisogna modernizzare…..modernizzare… modernizzare.

Mi lascio convincere e gli affido il prezioso aggeggio da resettare e riconvertire…..e non so quale altra diavoleria subire.

Era il   7 dicembre e rimango orfano dei miei amici virtuali e di ogni possibilità di lamentela attraverso l’etere.

Il mio strumento di evasione viene affidato, a mia insaputa, ad una terza persona che avrebbe dovuto capirne abbastanza di manipolazioni, riconversioni, ripristini ecc.

Ma la vigilia di Natale il tutto era ancora nelle mani di questo sconosciuto che non aveva completato nulla e si era appropriato del mio compianto, ma ancora vivo, attrezzo per così lungo tempo.

Le mie suppliche hanno sortito l’effetto desiderato due giorni dopo Natale.

Ho ricevuto con trepidazione il tutto, ho montato i collegamenti ed ho predisposto il collegamento ad Internet. MUTO! Non c’è collegamento! Riprovi! "Voglia riprovare andando su Strumenti, cliccando su Opzioni Internet ecc.ecc"……… Mezza giornata con la bava alla bocca a detestare chi aveva abusato del mio vecchio e lento e bellissimo collegamento.

Avevo duemila foto fatte negli ultimi 5 anni……cancellate!!!! Una serie di scritti fatti in molti anni……..annullati!!!!!! programmi di gestione bilanci familiari, musiche copiate da cd recuperati da più parti……inesistenti!!!!

“ Ma come, non avevi fatto salvataggi di queste cose????”

Questa è stata la frase indirizzatami alle mie rimostranze!

“Ma come pretendi che un vecchietto con tanto di dentiera e mente che ormai corre verso il baratro della idiozia senile sappia di queste cose?!!!!”

Ci son voluti due giorni e due notti affinché trovassi una giustificazione alla mia debolezza (l’accondiscendenza ai desideri altrui).

Ma non avevo ancora finito!

Mi propone l’acquisto del modem di Alice per l’ADSL!

Certo! Io pago e lui si può collegare col Wi_Fi da casa sua visto che abita a pochi metri dalla mia porta! Ma come dire di no???

Ed ecco arrivare il modem…..si installa vicino al telefono fisso che è molto distante dalla camera dove è situato il computer.

Devo quindi comprare una chiavetta Wi_Fi…anzi due! Una anche per lui!

Installiamo il tutto ed alla fine lui si collega a Google in un lampo ed io ho una segnalazione di errore sul mio.

Si telefona a destra ed a manca, si cerca di risolvere il problema ma nulla da fare, il mostro non cede!

Stamattina trapano in mano ho forato muri, passato fili ed ho sistemato il modem accanto al pc collegando il filo ethernet.

Ohhh! Gioia! Tutto funziona, sono collegato! Rivedo i messaggi, ritrovo i miei compagni di viaggio virtuale. Evviva buon Natale a Tutti! Buon anno a tutti!

E tanta, tanta Serenità!

 
 
 
 
 

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