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Messaggi di Luglio 2020

No party, no fest

Post n°608 pubblicato il 24 Luglio 2020 da carlopicone1960
 
Foto di carlopicone1960

Dubito che negli altri capoluoghi della Campania, pur alla presenza di casi sempre più numerosi di contagiati da coronavirus, si sia deciso, come ad Avellino, di annullare ogni evento per quest’estate. 

A Napoli, Caserta, Benevento e Salerno, le manifestazioni culturali saranno sì fortemente ridimensionate, nel rispetto dei protocolli di sicurezza imposti dalla pandemia, tuttavia, grazie a delle realtà ugualmente funzionanti, qualcosa (spettacoli, concerti, mostre) sarà comunque offerto alla popolazione residente ed ai visitatori attirati dalle bellezze artistiche delle città in questione. Mentre, qui, nel capoluogo dell’Irpinia, niente di niente, come ha comunicato sui social l’assessore della Summer Fest 2019, Stefano Luongo, appellandosi al senso di responsabilità generale e promettendo di rifarsi con grandi appuntamenti, appena si tornerà alla normalità (non per quest’anno). 

Singolare che non sia stato il re dell’Estate avellinese a spiegare al pubblico una tale notizia, ma il sindaco Festa, che in qualche precedente uscita sul canale amico aveva assicurato, nonostante l’emergenza covid, l’organizzazione delle iniziative ferragostane, non se l’è sentita di dire a tutti che i 400.000 euro stanziati non verranno spesi, perché non se ne fa niente. 

C’è però un’unica concessione al clima festivo, la cui motivazione, lo diciamo subito, non ci convince, anzi: ci saranno le luminarie a rischiarare le stanche passeggiate degli avellinesi, speriamo non con la mascherina obbligatoria, come minaccia il presidente De Luca. Per una decisione anomala in tempi di lockdown applicato agli eventi dell’Estate, che potrebbe risultare addirittura irritante, perché a parte i bar che già ora possono estendere come vogliono la zona dei tavolini all’aperto (dove la presenza del virus non viene contemplata), i poveri residenti vedranno crescere la loro voglia di svago sotto le luci multicolori, ed insieme la frustrazione per non poterla esprimere.

Non è assolutamente il negazionismo rispetto ad una crisi sanitaria che dopo cinque mesi non accenna a cessare, che ci spinge a criticare l’ultima scelta dell’amministrazione comunale. Magari come cittadini-utenti ci saremmo aspettati uno sforzo di creatività per poter vivere in sicurezza qualche appuntamento pubblico, in grado di fornire un po’ di ossigeno alla città. 

Invece, proprio nel mese di agosto, i molti che non avranno la possibilità di recarsi in vacanza in qualche località balneare, saranno costretti a rimanere in una città morta sotto il profilo della musica e dello spettacolo. 

Morta ma illuminata a festa. Senza che sia stata programmata alcuna festa. E allora perché fingere? Lasciamo spente le luci, evitando inutili sprechi di corrente elettrica. 

Siamo sicuri, intanto, che, mettendosi a lavoro col giusto anticipo, avrebbero potuto allestire un palinsesto alternativo nei vari spazi all’aperto di cui dispone il Comune. Ma, evidentemente, questa volontà non c’è stata. Regalare alla cittadinanza le luminarie sembra piuttosto un affronto. Tanto dovremo rimanere tutti a casa.  

 
 
 

Turismo urbano

Post n°607 pubblicato il 22 Luglio 2020 da carlopicone1960
 
Foto di carlopicone1960

Mentre gli avelinesi cercano d'inventarsi qualcosa per sopportare la calura estiva impossibilitati di andare in vacanza, c'è qualcuno che non arresta la sua fantasia ed escogita un'altra parola d'ordine anche se di indefinita attuazione.

Scovato in un breve video circolato sui social, infatti, il sindaco Festa ha messo al centro dei suoi pensieri la locuzione "turismo".

Interrogandosi sul fatto che i suoi concittadini siano soliti visitare centri storici o città d'arte fuori dalle latitudini avellinesi, mister Enjoy ha annunciato che la sua amministrazione farà in modo che gli abitanti di altre città vengano a visitare Avellino e le sue bellezze, perché qui c'è una grande risorsa da sfruttare che non è stata mai adeguatamente sfruttutata dalle amministrazioni precedenti. Magari quelle in cui lui era consigliere comunale o addirittura vicesindaco con delega all'ambiente.

E per il primo cittadino, che ha appena festeggiato il primo anno di mandato, è arrivato il momento di puntare sul turismo. L'ha assicurato facendo prospettare l'arrivo di frotte di pullman di tedeschi o di napoletani, non si sa bene a vedere che cosa.

Particolare non di poco conto, trascurato nelle dichiarazioni indeterminate del sindaco in maniche di camicia, Avellino può essere solo un centro di smistamento per quanti sono diretti a scoprire le bellezze della Campania, perché, in sé, pressoché privo di monumenti storici. Purtroppo non è come gli altri capoluoghi di provincia. 

Altro dettaglio da tenere in considerazione: tutto quello che si può visitare in città è chiuso. O in condizioni poco accettabili.

Avremmo pure dei parchi pubblici, qualcuno, come quello del Teatro Gesualdo, quasi del tutto inedito, Villa Amendola out e Parco Manganelli riaperto, ma in uno stato pietoso. Per il resto non sono annoverabili vere attrazioni turistiche. Ci sarebbe sempre il Duomo e la zona archeologica prospiciente, tuttavia concluso il breve giro, resta poc'altro da fare.

Per trasformare una città come Avellino in luogo adatto per tour turistici non si può improvvisare. Ci vogliono competenze e risorse. Da creare da zero. E comunque prima dei soliti annunci che non si possono mantenere.

 

 

 
 
 

Banchi mobili

Post n°606 pubblicato il 21 Luglio 2020 da carlopicone1960
 
Foto di carlopicone1960

Con tutti i problemi strutturali delle scuole italiane, specie al Sud, non si capisce perché si dovrebbero acquistare nuovi fiammanti banchi a rotelle per l’ammontare di 1,5 milioni di euro, annunciati in arrivo grazie all’intervento del commissario straordinario per la scuola, Domenico Arcuri. Quello dell’affaire mascherine durante l’emergenza covid.

In effetti, si tratta di una spesa piuttosto consistente, ma soprattutto inutile, se non dannosa per i nostri studenti, chiamati ad una complicata ripresa delle attività didattiche nel prossimo mese di settembre. A caldeggiarla la ministra Lucia Azzolina, evidentemente rimasta affascinata dall’uso che si fa degli avveniristici banchetti nel super tecnologico I.I.S.S. “Ettore Majorana” di Brindisi, guidato dal dirigente anche lui del M5s, Salvatore Giuliano. 

Tuttavia, la ministra, che ha fatto realizzare un software in grado di stabilire gli spazi necessari dentro le aule (il metro o le mappe catastali degli edifici scolastici non andavano bene?), ignora che non tutte le scuole possono permettersi questi aggeggi stilosi, procurabili  alla modica cifra di 300 euro a pezzo. Mentre il banco in legno tradizionale ne costa solo 50.  Va bene, non saranno i singoli istituti a doverli acquistare, perché sarà compito dello Stato assicurarli, sebbene non a tutti. Ma l’entusiasmo davvero stupefacente della titolare del dicastero della Pubblica Istruzione è incontenibile. Contenta di aver guadagnato il palcoscenico da protagonista assoluta. Non la sfiorano le polemiche che subito si sono abbattute sulla sua decisione. 

In verità, la ministra ha cominciato presto, finendo quasi travolta dal lockdown, con la famigerata Didattica a distanza, gli annunci continui come le proroghe frutto dell’incertezza.  E poi gli Esami di Stato in presenza ma con una serie di misure a ridimensionarne la complessità, soltanto per chiudere l’anno scolastico con una parvenza di serietà. 

Adesso, però, per lei si presenta la prova più difficile: organizzare il ritorno a scuola mentre l’allarme epidemia coronavirus non è affatto cessato e, in mancanza di un vaccino efficace, si guarda con timore alla seconda ondata prevista in autunno. 

Ebbene, Azzolina sembra sfidare con una certa incoscienza il fatidico appuntamento del 14 settembre. A cominciare dall’invito-obbligo ai genitori di misurare la temperatura corporea dei ragazzi prima di recarsi a scuola, eliminando gli scanner all’ingresso ed il controllo dei collaboratori scolastici. Ancor più grave la situazione degli istituti, e dire che inizialmente aveva pensato pure a barriere di plexiglass. 

Non ci sono aule a sufficienza? Le “classi pollaio”, facili focolai del virus che ogni tanto ricompare, devono essere sdoppiate, ma non ci sono oltre agli spazi - la ministra ha parlato di teatri e cinema, come eventuali sedi alternative - i docenti, il cui numero dovrebbe essere quasi raddoppiato? No problem, saranno chiamati a insegnare pure i laureandi che già hanno fatto esperienza di tirocini. Una soluzione annichilente che fa il paio ai banchi a rotelle, che pare siano scomodi e inadatti ai ragazzi più alti. E questa non è l’unica controindicazione. Pensate che potrà essere un’ora di lezione con gli alunni, in particolare quelli più vivaci, liberi di muoversi mentre il professore spiega, obbligato ad un surplus di stress nel richiamarli al rispetto delle distanze.

L’idea in sé non sarebbe neanche male, presuppone però una concezione della mobilità in classe che è pressoché sconosciuta nella maggioranza delle scuole italiane. Andrebbe bene per studenti più avanti con l’età e responsabili, non di certo per ragazzini da scolarizzare. Con i fondi in arrivo dall’Europa, non solo sono inammissibili sprechi, ma ci sono molte altre priorità da ottemperare come gli edifici delle scuole, la loro più efficiente digitalizzazione, i supporti telematici a sostegno della didattica. Senza poi citare i contratti antiquati di docenti e personale Ata, i concorsi per le immissioni in ruolo e i nuovi dirigenti. Grazie alla salviniana riforma di quota cento, al suono della campanella a settembre non ci saranno migliaia di docenti in cattedra, e non sembra che siano stati sostituiti. 

Finora, soltanto promesse e annunci spesso contraddittori. L’ultimo quello ascoltato dalla ministra ospite della trasmissione “In Onda” su La7: già a luglio - ma Azzolina aveva dimenticato di essere già a luglio - i professori malgati avranno tra gli 80 e i 100 euro in più  in busta paga, per effetto della riduzione del cuneo fiscale. Verificate le registrazioni televisive, se non ci credete. Purtroppo però nello stipendio di luglio dei professori sono aumentate esclusivamente le trattenute fiscali, mentre tutto è rimasto invariato. Sarà pure la voglia di stupire della neofita, ma non si può scherzare in questo modo.

Ora l’unica cosa da fare è rivedere la decisione iniziale. Non è il momento di rotelle né rotelline. Spese più serie incombono per l’Istruzione pubblica italiana.      

 
 
 

Dagli al nigeriano

Post n°605 pubblicato il 20 Luglio 2020 da carlopicone1960
 
Foto di carlopicone1960

Adesso possiamo dire di essere alla pari delle grandi città italiane ed estere. Anche noi possiamo iscriverci nelle realtà urbane che farebbero arrabbiare quelli del movimento antirazzista “Black lives matter”. 

L’altro giorno, infatti, un giovane nigeriano, noto per i suoi disturbi psichici, è stato bloccato nella Villa Comunale da un consistente dispiegamento di forze, visto che tra poliziotti e vigili urbani, alla fine, si sono contate più di sei persone per braccare e ammanettare un ragazzo che era solito parlare da solo ed emettere ogni tanto delle urla. 

La sua pecca, quella di prediligere il Corso Vittorio Emanuele e non una zona periferica o desolata della città. Così, non si sa bene da chi siano stati allertati gli uomini della polizia locale supportati da agenti della pubblica sicurezza hanno deciso di intervenire togliendolo dalla strada. L’hanno accerchiato e inseguito al suo accenno di fuga e, una volta immobilizzato da un signore in borghese, non hanno mancato di ridurlo a più miti consigli a furia di botte. Per la precisione, qualche calcio ben assestato all’addome e alla testa, tanto che uno degli agenti presenti sul posto ha dovuto urlare più volte di mettere fine al pestaggio, con un perentorio “adesso basta”. 

La scena di ordinario razzismo, in spregio dei diritti di una persona malata quale era il giovane nigeriano, capitato chissà come ad Avellino, senza sapere una parola d’italiano, a dormire per strada dopo aver trovato una famiglia generosa che gli dava da mangiare, è stata immortalata da un video che circola sui social, documentando tutte le fasi dell’arresto-aggressione. 

In verità, ci saremmo aspettati per lui l’intervento del 118 per un ricovero nel reparto di psichiatria, alla luce della sofferenza psichica che mostrava quando lo si incrociava lungo l’isola pedonale del Corso. Ma finora non aveva mostrato atteggiamenti né aggressivi né pericolosi per l’incolumità altrui. Magari per la sua, sì, per la possibilità di compiere qualche gesto autolesionistico. Vederlo poi abbattuto e in manette come purtroppo succede per gli afroamericani nel Far West trumpiano, sconcerta alquanto. 

Le immagini la dicono tutta. C’è poco da giustificarsi: il cattivo non era un energumeno, stava in Villa senza minacciare donne e bambini, aveva solo la sfortuna di essere finito in una realtà in cui, grazie ai decreti sicurezza dell’ex ministro dell’Interno Salvini, i margini di cura per i migranti affetti da qualche patologia sono ridotti al minimo e, in pratica non si fa niente per la loro salute psichica. Abbandonati a sé stessi e al loro male oscuro. 

Per quella che costituisce una delle emergenze più gravi nel flusso di stranieri che non smette di investire l’Italia. Sempre più lontani dalla necessaria integrazione. A suon di botte e di manette, anche qui, nell’ospitale capoluogo dell’Irpinia, deprivato di ogni forma di welfare. 

 
 
 

Neoleghisti coerenti

Post n°604 pubblicato il 18 Luglio 2020 da carlopicone1960
 
Foto di carlopicone1960

Spesso, ad Avellino, si riscontra un interesse quasi morboso per la politica, lo stesso che accompagna i fatti calcistici, a testimonianza del perdurare dell’antico adagio per cui in Irpinia si vive di “pane & politica”. Retaggio ormai datato di stagioni davvero esaltanti per la politica nostrana e l’U. S. Avellino 1912. Quelle dei “magnifici sette” capeggiati dall’allora presidente del consiglio e segretario della Dc, Ciriaco De Mita, e dei formidabili campionati in serie A dei lupi biancoverdi. 

Ma, oggi che i valori politici e calcistici si sono di molto ridimensionati, assistere ad un fitto schieramento di giornalisti solo per seguire la conferenza stampa con cui il presidente della Camera di Commercio, Oreste La Stella, annunciava il suo passaggio tra le file del Carroccio, ci è sembrata una oggettiva esagerazione. 

Oltretutto il professionista del commercio, attività che non ha mai esercitato, ha tenuto a precisare che la sua adesione al progetto della Lega (chissà quale) non era finalizzato ad una eventuale candidatura alle prossime Regionali, ma ai propositi di rinnovamento dell’intera area della provincia di Avellino. Nel segno del populismo sovranista. Un altro indizio della limitata notiziabilità dell’“evento” consumatosi nella nuova sede del partito di Salvini a piazza d’Armi. Certo, prendere atto che un pezzo della società civile avellinese trasloca fra i “lumbard” è importante, a dimostrazione di come si stia allargando pure qui al Sud il consenso per la formazione autonomista e antimeridionale per statuto, allineatasi  baldanzosamente nel novero delle destre più reazionarie d’Europa. Tuttavia l’ultimo esito della campagna acquisti leghista non meritava più di un trafiletto con fotografia. Invece, c’è voluto poco per trasformarlo in notizia d’apertura, subito funzionale a rilanciare alcuni dei temi fondamentali dell’assalto leghista alla Regione Campania. 

In campo i consueti attacchi al presidente De Luca, giudicato fortunato per aver sfruttato a suo vantaggio l’emergenza covid, con cui ha nascosto le innumerevoli magagne del suo mandato. Le gravi dimenticanze nei confronti dell’Irpinia, riassumibili in due punti cruciali: l’acqua e la sanità, come ha detto il coordinatore provinciale, Pasquale Pepe, senatore lucano scelto da Salvini per occuparsi della provincia di Avellino. A lui si è associato l’altro senatore Ugo Grassi, da qualche mese transfuga del M5s, che come sempre ha avuto parole molto dure nei confronti dei suoi ex compagni di avventura, rei di assoluta incapacità di analisi, mentre lui è approdato nella forza politica più innovativa che c’è, appunto la Lega. Infine, è toccato all’ultimo fulminato sulla via di Damasco o di Milano, vista la denominazione di “Lega Nord” precedente a quella personalizzata “Lega per Salvini”, Oreste La Stella. Un curriculum, il suo, da socialista e poi da democristiano, buono per tutte le stagioni, a lungo alla guida degli esercenti prima di assurgere al ruolo ambito di presidente della Camera di Commercio di Avellino. Senza problemi sia con il centrosinistra che con il centrodestra. 

Proprio lui ha esordito pronunciando la fatidica parola “coerenza”. Sì, così ha definito il suo intricato percorso che l’ha portato a fare il periplo dei partiti politici, da sinistra a destra, a completamento di una coerenza non ben identificata, come non si può definire l’atteggiamento di chi ha fatto aspettare qualche mese prima di passare ufficialmente con lo schieramento di maggioranza relativa attualmente nei sondaggi. 

Infatti, non sarebbe cambiato il senso della sua scelta se l’avesse compiuta in maniera più tempestiva. Magari quando Grassi ha lasciato i Cinquestelle per rinforzare le truppe salviniane. E non sentirsi un eroe della “coerenza”.

 
 
 

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