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PONTE MAMMOLO

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EGITTO SI DIMETTE IL PRIMO MINISTRO

Post n°966 pubblicato il 03 Marzo 2011 da ponte.mammolo

Si è dimesso il primo ministro egiziano, Ahmed Shafik: il Consiglio supremo delle forze armate, che ha assunto il controllo del Paese dopo le dimissioni di Hosni Mubarak, ha reso noto di aver accettato le dimissioni del premier, vicino al passato regime. L’incarico di formare un nuovo governo è stato dato all’ex ministro dei Trasporti Essam Sharaf, che aveva partecipato alla rivolta in piazza Tahrir. Lo ha reso noto la televisione panaraba Al Arabiya.

 
 
 

GHEDDAFI SCARICATO ANCHE DALLA RUSSIA

Post n°965 pubblicato il 03 Marzo 2011 da ponte.mammolo

Muammar Gheddafi non molla: "La mia gente è pronta a morire per proteggermi". Intervistato in esclusiva dalla Bbc, il Colonnello rilancia e nega l'evidenza. Cioè che la maggioranza della Libia e dei libici non è più sotto il suo controllo. All'intervistatore che gli chiedeva delle proteste, Gheddafi ha risposto che in strada non c'erano i suoi concittadini "ma Al Qaeda". Lasciare il Paese? "Perché? il mio popolo mi difenderà". I leader europei, però, stanno isolando il Colonnello. Anche dal Cremlino è arrivata una frase che non lascia spazio a dubbi o ripensamenti: "Gheddafi non ha più un posto nel mondo civilizzato". E mentre la Russia scarica il rais, cresce l’allarme-profughi: circa 6mila persone, in maggioranza egiziani, sono bloccati al confine con la Tunisia a causa della chiusura della frontiera di Ras el Jedir. Le autorità vogliono stabilire una sorta di filtro per evitare una "valanga umana incontrollata". Dopo l’esodo di 70-75 mila profughi, la situazione alla frontiera tra la Tunisia e la Libia sta raggiungendo "il punto di crisi", ha avvertito l’Alto Commissariato Onu per i rifugiati.
RIUNIONE STRAORDINARIA - Bruxelles per venerdì 11 marzo, nello stesso giorno in cui era già in programma al quartier generale Ue il vertice tra i diciassette membri di Eurolandia, è stata convocata una riunione straordinaria del Consiglio Europeo. Al tavolo, oltre che dei problemi del debito di alcuni paesi, si discuterà anche della crisi libica e delle altre rivolte in atto nel mondo arabo e islamico. Il summit è stato indetto su richiesta del premier britannico David Cameron e del presidente francese Nicolas Sarkozy
LA DIFESA - Nel frattempo il rais prosegue la difesa del suo residuo potere. Le forze governative hanno attaccato la città di Misurata controllata dall’opposizione ed hanno ucciso almeno due persone. Nella notte l'esercito ha ripreso il controllo del confine nordoccidentale con la Tunisia, stringendo il controllo intorno a Zawiya, 50 chilometri da Tripoli, con circa una dozzina di veicoli blindati, carri armati e jeep dotati di cannoni anti-aerei. L'offensiva del Colonnello è anche politica: licenziati il capo dei servizi segreti Abdullah Al-Senussi e l'ambasciatore negli Stati Uniti, il filo-ribelli Ali Aujali.

BERLUSCONI FRENA - Proprio gli Usa, intanto, premono per un'iniziativa rapida. Ieri Washington ha bloccato i beni del Rais per oltre 30 miliardi di dollari e non ha escluso la carta dell'esilio per il leader libico, ma in un'intervista Il Messaggero, Silvio Berlusconi ha frenato: "In questo momento occorre molta attenzione. Aspettiamo, ora è meglio non entrare in questi dettagli. Noi siamo e saremo perfettamente in linea con quanto deciderà la comunità internazionale". Per il premier italiano non è possibile alcun paragone tra Gheddafi e Saddam Hussein: "Penso si tratti di due situazioni diverse. In questo momento occorre molta cautela perché la situazione in Libia è in continua evoluzione". Si è appreso intanto che martedì sera, alle 20, a Palazzo Chigi si terrà una riunione per affrontare la situazione che si è creata in Libia.
GB E NATO PER L'INVIO DI AEREI DA GUERRA - La convinzione delle forze internazionali, comunque, è quella di agire in stretta collaborazione tra Bruxelles e Casa Bianca. A questo proposito Gran Bretagna e gli alleati della Nato starebbero progettando di inviare aerei da guerra in Libia e armi ai ribelli per abbattere il regime del Colonnello Muammar Gheddafi. Secondo il quotidiano britannico The Times, la posizione del governo di David Cameron è in prima fila per estromettere il leader libico ed imepdire un disastro umanitario. La Francia, invece, per bocca del ministro degli Esteri Alain Juppè esclude un intervento militare senza un chiaro mandato in tal senso da parte del Consiglio di Sicurezza dell'Onu.
LA DURA CONDANNA DI MOSCA - Dopo le prime avvisaglie, a scaricare definitivamente il leader libico ci ha pensato anche la Russia. Una fonte vicina al presidente Medvedev ha affermato che "Muammar Gheddafi è un cadavere politico vivente che non ha più posto nel mondo civilizzato". Secondo la stessa fonte, citata dall'agenzia Interfax, Mosca ha condannato con ritardo la repressione delle rivolte perché voleva aspettare che tutti i cittadini russi venissero evacuati, ma "fin dall’inizio ha reagito negativamente alle recenti azioni delle autorità libiche". Il ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov, da parte sua, ha frenato sull'imposizione di una No-fly zone sul Paese nordafricano: "Se ne parla però qualunque misura deve passare dal Consiglio di sicurezza dell’Onu e finora questa proposta non è stata avanzata", ha affermato da Ginevra.

 
 
 

PAKISTAN: UCCISO IL MINISTRO PER LE MINORANZE RELIGIOSE, ERA CRISTIANO

Post n°964 pubblicato il 03 Marzo 2011 da ponte.mammolo

Il ministro per le minoranze religiose del Pakistan, il cattolico Shahbaz Bhatti, è stato ucciso in un attentato a Islamabad rivendicato poco dopo dai talebani. Un commando armato gli hanno sparato mentre viaggiava in auto vicino al mercato di un quartiere residenziale della capitale ed è deceduto durante il trasferimento in ospedale. Le tv hanno mostrato le immagini della vettura crivellata di colpi. Bhatti, 35 anni, era stato appena confermato nell’incarico dopo un rimpasto del governo, in cui è l’unico ministro cristiano, nonostante le pressioni dei gruppi fondamentalisti islamici. E' la seconda vittima in due mesi della battaglia per riformare la legge sulla blasfemia, che comporta la pena di morte. Il 4 gennaio era stato ucciso da un uomo della sua scorta il governatore del Punjab, Salmaan Taseer, battutosi anche lui per la modifica di una legge che pur non avendo portato ad esecuzioni capitali è usata come arma di pressione sulle minoranze religiose.
 
LE MINACCE - Negli ultimi mesi Bhatti era stato minacciato di morte anche per essersi battuto per la grazia ad Asia Bibi, la donna cristiana condannata a morte nel giugno 2009 proprio in base a quella legge. Asia Bibi, madre di due figli, ribattezzata la "Sakineh cristiana", è in attesa del processo d’appello davanti alla Corte di Lahore. E’ accusata di aver insultato Maometto durante una discussione con le colleghe, in Punjab. "Ringrazio Dio per avermi dato questa opportunità di continuare la mia lotta perle minoranze oppresse del Pakistan", aveva affermato Bhatti dopo la conferma nell’incarico, i cristiani e le altre minoranze sono cittadini del Pakistan e hanno gli stessi diritti di qualsiasi altro cittadini perchè i nostri padri hanno sacrificato la loro vita per il Paese". In Pakistan sono 750mila i cristiani su una popolazione di 162 milioni di abitanti a netta maggioranza musulmana. "So che potrei essere assassinato se continuerò la mia battaglia, ma non ho paura", aveva dichiarato il ministro ai giornalisti.
 
LA REAZIONE ITALIANA - Il ministro degli Esteri, Franco Frattini, ha espresso "la più ferma condanna" per l’assassinio e ha chiesto che ora l’Ue dia "concreta e immediata attuazione al piano d’azione" per la difesa dei cristiani. "Esprimo personalmente a nome del governo italiano la più ferma condanna per il barbaro attentato", si legge in una nota del titolare della Farnesina che a novembre lo aveva incontrato a Islamabad, "si tratta di un atto di violenza intollerabile contro una persona che si era distinta per la sua visione ed impegno a costruire una società basata sul dialogo e la tolleranza nei confronti di tutte le minoranze e le diverse religioni". 
 
LA SANTA SEDE - Sull’uccisione del ministro Shabbaz Bhatti si è espressa anche la Santa sede: "E' un nuovo fatto di violenza di terribile gravità. Esso dimostra quanto siano giusti gli interventi insistenti del Papa a proposito della violenza contro i cristiani e contro la libertà religiosa in generale". Lo afferma il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi. "Bhatti - ricorda il gesuita - era il primo cattolico a ricoprire un tale incarico. Ricordiamo che era stato ricevuto dal Santo Padre nello scorso settembre e aveva dato testimonianza del suo impegno per la pacifica convivenza fra le comunità religiose del paese". "Alla preghiera per la vittima, alla condanna per l’inqualificabile atto di violenza, alla vicinanza ai cristiani pakistani così colpiti dall’odio, si unisce l’appello - conclude padre Lombardi - perchè tutti si rendano conto dell’urgenza drammatica della difesa della libertà religiosa e dei cristiani oggetto di violenza e persecuzione".

 
 
 

GHEDDAFI: SE MI ATTACCATE SARA' STRAGE!

Post n°963 pubblicato il 03 Marzo 2011 da ponte.mammolo

"Siamo riusciti a mettere gli italiani in ginocchio. Li ho costretti a scusarsi per il loro passato coloniale". Mentre la città di Braga viene bombardata dalle forze pro-regime, Muammar Gheddafi è apparso per la terza volta in televisione dall'inizio delle rivolte. L'occasione questa volta è stata l'anniversario del cambio di regime nel 1977 in un evento concepito per i media occidentali: "I libici sono un popolo libero, e sfido chiunque a dire che sto esercitando potere politico sul paese". Il discorso è stato spesso interrotto da canti della folla presente, che ha innegiato al Rais. Successivamente si è appreso che due navi da guerra statunitensi, con a bordo dei marines, sono entrate nel Mar Mediterraneo e stanno facendo rotta verso la Libia: lo ha reso noto l'Autorità per il Canale di Suez.
 
 LO 'ZAMPINO' DI AL QAEDA - "Dal 1977 l'autorità del popolo governa la Libia, da allora non ho alcuna autorità sul paese. La rivoluzione è servita a liberare il paese dal dominio occidentale".  Gheddafi ha poi aggiunto: "Il mondo deve capire che noi non assegnamo alcun potere a un presidente o a un primo ministro, ma direttamente al popolo. Il mio ruolo è semplicemente di influenza culturale". Il Colonnello ha smentito che la polpolazione libica è sottoposta a un regime, mentre non ha risparmiato critiche all'Occidente: "Le televisioni estere hanno un ruolo attivo nella rivolta che ha preso piede, così come la stessa Al Quaeda. Non a caso, le reti satellitari internazionali non hanno mostrato le proteste in mio favore. Non mi fido di nessun giornalista straniero inviato in Libia". Tra gli 'errori' commessi dai media occidentali anche le rappresaglie a danno dei manifestanti, e l'assenza di proteste pacifiche. "Noi combatteremo per la libia fino all’ultimo uomo, perchè è in atto una cospirazione per appropriarsi del petrolio libico. Non accetteremmo mai che Usa o Nato entrino nel Paese", conclude Gheddafi con una minaccia: "Nel caso, entreremo in una sanguinosa guerra e migliaia di libici moriranno".
 
BREGA - Dopo una giornata di relativa calma, il regime ha risposto con la forza bruta. Il Colonnello ha inviato a Brega oltre 500 veicoli blindati attraverso tre aerei militari: obiettivo, la riconquista della città. La notizia è stata riferita da un giornalista libico contattato dall'emittente al Jazeera. E' trapelata anche la testimonianza di un residente della zona, che sostiene che i caccia dell'aviazione libica stiano bombardando la città. Le forze che non hanno ancora rinnegato il regime pare abbiano già schiacciato i rivoltosi, armati soltanto di armi leggere. Secondo la tv al Arabiya ci sarebbero almeno 14 morti. Successivamente anche gli inviati della Cnn hanno confermato che sono in corso bombardamenti sulla città.

ADJABIYA -Le truppe dispiegate dal Colonnello a Brega hanno occupato diversi quartieri della città. Il bilancio delle vittime sarebbe di almeno 14 morti. La città di Brega è a circa 60 chilometri da Adjabiya, che mercoledì scorso ha subito un attacco aereo per ridurne l'arsenale militare. Il bombardamento non avrebbe avuto conseguenze, ma la città potrebbe subire a breve un nuovo attacco.
APPELLI DI BARROSO E IL PAPA - In campo è sceso anche il presidente della Commissione europea, José Manuel Barroso, che ha sottolineato come sia "tempo che Gheddafi se ne vaad". Il presidente ha osservato che le "azioni assolutamente inaccettabili compiute dal regime libico nelle ultime settimane hanno ormai fatto capire che Gheddafi è parte del problema, e non della soluzione". Barroso sulla situazione profughi ha parlato di vera e propria "emergenza umanitaria". Anche il Papa, Joseph Ratzinger, "ha espresso la sua preoccupazione per la gente innocente intrappolata in questa terribile tragedia". Lo ha riferito il direttore esecutivo del programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite, Josette Fheeran, ricevuto in udienza privata da Benedetto XVI.
TRIBUNALE INTERNAZIONALE APRE INCHIESTA - La procura del Tribunale Penale Internazionale nel frattempo ha preso una decisione, ed è stata aperta un'inchieta formale sulla Libia. L'obiettivo è quello di verificare se, per reprimere le proteste dei ribelli scoppiate dopo il 15 febbraio, siano effettivamente stati commessi crimini contro l'umanità.
EMERGENZA PROFUGHI - Nel giorno della controffensiva di Gheddafi, ritorna anche l'emergenza per i fuggiaschi dalla guerra civile libica verso i paesi confinanti. L'Alto commissariato Onu per i rifugiati ha detto che una fila lunga chilometri si sta accalcando lungo il confine con la Tunisia. Sulla questione è intervenuto anche il presidente della Repubblica italiana Giorgio Napolitano, che auspica "una coincidenza di vedute nelle prossime riunioni in sede europea" e definisce "umanitaria e non difensiva" la posizione italiana. Anche il ministro degli Interni Roberto Maroni ha lanciato l'allarme: "La chiusura della frontiera tra Libia e Tunisia potebbe portare ad una ondata incontrollabile verso l'Italia, con rischio di infiltrazioni terroristiche".

 
 
 

IRAN: OPPOSITORI IN GALERA

Post n°962 pubblicato il 03 Marzo 2011 da ponte.mammolo

L'opposizione scende in piazza a Teheran e il regime reagisce. In Iran i manifestanti antigovernativi dell'Onda Verde stanno protestando in piazza Sadeghieh contro l'arresto di due esponenti di spicco del gruppo, Mir Hossein Mousavi e Mahdi Karroubi, avvenuto ieri. Pesante la mano della polizia, schierata con migliaia di unità: secondo il sito web Kaleme gli agenti hanno sparato gas lacrimogeni per disperdere i manifestanti. Quattro manifestanti sarebbero stati arrestati.
Nel frattempo è ancora giallo sulla sorte di Mousavi e Karroubi. Il governo, per bocca del portavoce del ministro degli Esteri Ramin Mehmanparast, non intende rispondere alle domande dei giornalisti internazionali su quella che viene definita "una questione interna". Le famiglie dei fur oppositori hanno confermato che i due politici si trovano in carcere, malgrado Teheran abbia ieri spiegato di non averli incarcerati ma di averli messi agli arresti domiciliari. "Le notizie pubblicate da alcuni media ostili secondo cui Moussavi e Karroubi sono stati trasferiti nel centro di detenzione di Heshmatiyah sono false", aveva detto il procuratore generale, Gholam Hossein Mohseni Ejeie. La vicenda, attacca Teheran, non può essere strumentalizzata "dall'America e da alcuni Paesi occidentali per cercare di spostare l'attenzione verso questioni irreali".

 
 
 

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