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« L' ADULTERIO GIOVA AL M...L'EVOLUZIONE SI E' FERMATA... »

PROF. GIUSTO VIRGILIO GIUSTI

Post n°1287 pubblicato il 06 Ottobre 2008 da psicologiaforense
 

Pubblico con grande piacere  questo "racconto autobiografico".
Il Prof. GIUSTI è un celeberrimo scienziato ma  è anche un narratore appassionato e trascinante. Scrive come stesse girando un film in una ambientazione straordinariamente evocatrice: il risultasto è avvincente.

°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°

PERCHÉ FARE IL MEDICO

E POI IL MEDICO LEGALE

Non ricordo bene i motivi per i quali decisi, molti anni fa, di iscrivermi al corso di laurea in medicina e chirurgia. Immagino che pensassi di voler fare il medico. Se era così, doveva bastare il primo anno a farmi cambiare idea. Non fu così, e dunque non volevo fare il medico. Pensaci bene, questo non è un salto logico. Il secondo anno era già un po’ meglio, ma non troppo. Resistetti. Il terzo, quarto e quinto anno furono per me gli anni più interessanti, ma non il sesto.  Ripensandoci ora, ripensando agli esami del terzo, quarto e quinto anno, e al mio disinteresse per il sesto anno, mi pare assolutamente ovvio che non mi importava di curare i pazienti, e che il mio principale interesse era la patologia.
Fu questa la ragione, oltre alla personalità dell’insegnante, che mi spinse ad entrare nell’istituto di Patologia generale e a fare qui la tesi di laurea. Dovendo poi scegliere un settore della patologia cui dedicarmi, scartai subito la Patologia generale perché non vedevo avvenire, eliminai l’Anatomia patologica perché la mia vista era imperfetta, e mi fermai sulla Patologia forense, pensando erroneamente che questa fosse la Medicina legale. La lettura di testi anglo- americani mi rafforzò in questa erronea convinzione, e solo più tardi capii che
nella medicina legale italiana vi erano tante altre cose, oltre al morto ammazzato, o al suicida, o alla morte improvvisa. Vi erano, per esempio, gli esiti dei traumi, da valutarsi nelle varie sedi. Vi erano le pensioni. Vi erano gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali. Tutto questo non mi interessava, anche se qualche occasionale perizietta  la facevo, malvolentieri, a dire la verità.
Tanto malvolentieri, che approfittavo di tutte le situazioni per non accettare incarichi di questo tipo, e una volta rischiai anche di essere punito per non essermi presentato ad un incarico (lo ricordo ancora, era un’invalidità pensionabile, una delle cose più noiose che possono capitare). Questo non significa che queste cose non siano importanti, mi limito a dire che non facevano, e tuttora non fanno, per me.  Solo anni dopo riuscii a capire le ragioni della mia indifferenza per questo settore vastissimo della disciplina, e le ragioni stanno in questo, che il mio vero interesse sta nella comprensione dei rapporti intercorrenti fra i fatti e quelli fra i fatti e il diritto. Questo spiega anche perché, ad un certo punto della mia carriera accademica e professionale, pensai bene di migliorare la mia preparazione, specializzandomi anche in psichiatria. Non ho mai esercitato questa specialità, ma di certo essa ha migliorato il mio punto di vista nell’esercizio della medicina legale. Per essere sincero fino in fondo, evito di dire che possiedo questa specializzazione. Mi domanderete, quale mai affinità ci può essere fra la psichiatria e la patologia, e io lo debbo spiegare.  Fin da studente, cercavo di capire le ragioni delle azioni umane, e, secondo un parere generalizzato, era la psichiatria che poteva tentar di dare queste spiegazioni. Forse ero al mio terz’anno di studi universitari, e decisi di interpellare il direttore del manicomio della mia città. Il manicomio era a un centinaio di passi da casa. Il direttore mi ricevette, fu molto cortese, e io risposi alle sue domande. Non riusciva però a capire il mio punto di vista, secondo il quale le malattie della mente erano in realtà malattie del cervello. Me ne andai via sconsolato, e per anni smisi di pensarci, fino a quando decisi, molti anni dopo, di iscrivermi alla specializzazione in psichiatria. Solo ora, in questi anni, e a quanto capisco, la psichiatria si sta liberando di concezioni geniali ma superate, utilizzate in passato in mancanza di meglio. Dobbiamo per questo ringraziare le Neuroscienze. Nell’insieme, al momento della laurea, ed anche dopo, ero piuttosto indeciso sul da farsi, e pensavo anche di avere sbagliato la scelta della facoltà, ma indietro non potevo tornare e, onestamente, neppure cominciare da capo, scegliendo un altro corso di studi. Tant’è vero che, negli anni immediatamente successivi, mi dedicai alla ricerca scientifica, e a fare le autopsie in obitorio. Mi direte che le autopsie medico legali sono una attività medico legale. Concordo con la definizione generica, ma quel che conta è lo spirito con cui si fanno le cose: se mi limito a dire (scrivere) che tizio è morto per trauma cranio- encefalico da incidente d’auto, tanto per fare un esempio, adempio ai canoni assolutamente elementari della professione del medico legale, ma ritengo, ora dopo tanti anni, che questo non sia sufficiente. Eppure, questi erano i miei ed altrui limiti di allora, e moltissimi colleghi e moltissimi giudici ed avvocati non li hanno mai superati. Perché l’autopsia ha un senso solo se porta un contributo di conoscenze utili alla risoluzione del caso giudiziario. Ricordo che alcuni PM erano restii a dirti cosa fosse successo, e cioè per quali motivi quel cadavere stava in obitorio, e a lasciarti leggere il rapporto della Polizia o dei Carabinieri.  La collaborazione diretta con Polizia e Carabinieri non era facile, e doveva essere filtrata attraverso la Procura. Questo mi dava fastidio, ma non dimenticate che mi ero formato su testi inglesi e americani.Passarono anni, e finalmente potei accedere all’ufficio del Giudice Istruttore, una figura allora molto diversa da quella del Pubblico Ministero. Mi trovavo molto più a mio agio, potevo parlare col Giudice, ascoltarlo e contraddirlo, individuare un obiettivo, scegliere con lui le modalità più adatte a raggiungerlo. Era una bella figura, quella del Giudice Istruttore, e per molti motivi io la rimpiango. Come tutti sapete, dal 1989 questa figura è stata abolita con il codice di procedura penale. Ma intanto avevo imparato, e trasferito questo insegnamento anche nel campo civile, che ho frequentato assai poco. L’essenza di quanto avevo imparato può dirsi in poche parole: raccogliere tutti i dati, vale a dire leggere tutto il fascicolo processuale, e poi esprimere la mia opinione in maniera del tutto indipendente. Questo è stato fonte di apprezzamento, ma anche di qualche fastidio. Tant’è, questo è ormai un dato di fatto, la mia mentalità si è formata così, e non la posso più cambiare, e anche quando faccio qualche consulenza di parte tendo sempre ad essere neutrale, tenendo nello stesso conto le ragioni dell’accusa e quelle della difesa. Un altro punto che devo rendere esplicito è rappresentato dalla mia curiosità, cioè dalla esigenza di conoscere i fatti nella loro realtà, senza intermediazioni, se solo è possibile. Ecco perché io sono poco interessato all’aspetto per così dire notarile della medicina legale, mentre sono assai più interessato all’aspetto investigativo. Questo spiega il mio scarso interesse per la pensionistica e la valutazione del danno, e il mio grande interesse per le scienze forensi.
Quest’ultimo era ed è destinato a rimanere teorico, perché non sono mai riuscito a realizzare una struttura adeguata. A mia giustificazione, posso dire soltanto che le sedi, per le quali sono transitato, non erano interessate a questo aspetto della medicina legale. Un governo, di alcuni anni fa, era interessato, ma si è spaventato per i costi. I ministeri possibilmente interessati non lo erano invece per niente.   
E così succede, che le sedi universitarie, alle quali le Procure si rivolgono spesso per la soluzione di problemi tanatologici, o criminali, si trovano in serie difficoltà ad acquistare strumentazioni anche molto semplici, come per esempio una sega elettrica per l’autopsia o un termometro rettale. Capisco perfettamente  che le sedi universitarie non hanno come obbligo primario quello di fare le autopsie medico-legali, bensì quello di fare didattica e un po’ di ricerca, ma didattica e ricerca si alimentano solo attraverso la pratica. La didattica consigliata dalla Conferenza dei Presidi  riguarda in maniera quasi essenziale la Deontologia e gli aspetti giuridici, cosicché è difficile continuare a chiamare Medicina legale questa disciplina, e meglio sarebbe chiamarla Giurisprudenza medica, e affidarla a un Giurista, cosa che sta cominciando ad accadere promovendo al livello di Professore di prima fascia dei laureati in giurisprudenza, spesso coltissimi, ma sicuramente incapaci, anche giuridicamente, di svolgere un’attività medica. Quanto alla ricerca, nonostante l’impegno di alcuni, essa è in genere limitata alla pubblicazione della casistica, e a lunghe disquisizioni  su temi giuridici, deontologici, bioetici.
Non sono stati fatti reali passi avanti su alcuni temi tuttora irrisolti, come la determinazione dell’ora della morte. Né, a dire il vero, su alcuni altri temi di carattere giuridico, come la unificazione della valutazione del danno nei vari contesti. Negli ultimi anni hanno preso piede le cause penali e civili contro medici, e questa rappresenta una forma di attività medico legale difficile e impegnativa. All’inizio, trattandosi di omicidi colposi o di lesioni colpose, furono interpellati i medici legali, i quali però non hanno in genere esperienza clinica. Il campo si è poi per questa ragione allargato a comprendere i colleghi clinici, i quali non hanno esperienza medico legale, ed espletano il loro compito peritale talvolta da soli e talvolta in associazione con un medico legale. Nel tempo, il modo di pensare dei medici legali si è evoluto, nel senso che le tesi della parte (sedicente) offesa sono tenute in considerazione, devo dire con grande equilibrio, mentre i colleghi clinici si dividono ancora in due categorie distinte, e cioè quella di coloro che non darebbero mai torto ad un collega e quella di coloro che sono inutilmente ed eccessivamente severi, considerando come colpa ogni azione od omissione che loro non avrebbero compiuto, e in ogni caso la questione del nesso causale gli è del tutto estranea, sia agli uni e sia agli altri.

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VEDI IL BLOG. DEL PROF. GIUSTO VIRGILIO GIUSTI :

Creato da gvgiusti il 08/05/2008

descrive fatti e confronta opinioni.

 
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