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MIE CONSIDERAZIONI, CULTURA, PSICOLOGIA, VITA, FILOSOFIA, VENDETTA, CARNEFICE, VITTIMA, MASS MEDIA, DONNA MADRE

Post n°3255 pubblicato il 21 Novembre 2009 da psicologiaforense

CONSIDERAZIONI DELLA SERA ( UN PO' TECNICHE QUINDI ADATTE SOLO AI I MIEI 25 PAZIENTI LETTORI ).

 

La “condivisione della vendetta”  della donna-madre

CARNEFICI E VITTIME

 

L'equilibrio della persona a livello emotivo-comportamentale è il risultato della sua “storia”, nel senso più ampio del termine, includendo non solo i vissuti relativi all'intimità soggettiva e familiare, ma anche le stimolazioni esterne, i messaggi che provengono dal contesto sociale ampio, e quindi le esperienze altrui diffuse attraverso la comunicazione ( le “erudite” trasmissioni televisive ). È normale, dunque, che si possano creare fenomeni di identificazione tra emittente e destinatario di un messaggio. A tutti è comune l'esperienza di rivedere e rivivere nelle vicende socializzate dai media la propria soggettività, in una dimensione storica-personale. Le ansie individuali e le problematiche irrisolte diventano spesso ferite difficili da cicatrizzare, solchi nell'anima sempre presenti a testimoniare e ricordare momenti di grande sofferenza e smarrimento. Talvolta l'individuo prova quasi una sensazione di sollievo alle proprie ansie quando si rispecchia nelle ferite altrui; e quindi non si sente solo a combattere contro il dolore e la sfortuna. Ma c'è un'altra faccia della condivisione a distanza che nasconde insidie che possono rivelarsi gravi, a volte drammatiche. La continua esposizione a messaggi che propongono fatti moralmente deprecabili genera disgusto e compassione assieme, poiché vede contrapposte due soggettività: la vittima e il carnefice, una parte buona e una cattiva accomunate solitamente da un legame emotivo intenso, spesso passionale. I rapporti a forte contenuto emotivo sono più esposti a vivere la loro relazione secondo le due polarità dell'odio e dell'amore, dell'aggressività e del sostegno reciproco. E i comportamenti corrispondenti ai due estremi ricevono una sorta di “inconscia giustificazione” dalla particolarità del legame che unisce tra loro gli individui.
I rapporti madre-figlio, come quelli di coppia, appartengono alla categoria menzionata. Il passaggio automatico di sentimenti ed emozioni da un soggetto all'altro, soprattutto nei casi in cui esistono delle sintomatologie celate o manifeste in uno dei due è possibile, anche se per fortuna non frequente. Può accadere così che una madre, già provata da vicende personali gravi, “sposti” i suoi sentimenti sui figli, proiettando su questi lo stato di malessere personale o, in casi estremi, la sua stessa volontà di autodistruzione per vendicarsi. Ma la morale interiorizzata non permette solitamente la messa in atto di istinti aggressivi primitivi; infatti, a questi fanno da contraltare altri sentimenti nobili, quali la tenerezza, l'altruismo e soprattutto un amore forte, viscerale. Anzi in senso di “disgusto” verso l'aggressività interviene sempre a proteggere la psiche dalla messa in atto di comportamenti illeciti. E il disgusto diventa collettivo quando i fatti di violenza e di morte vengono proposti dai media. In tal caso, però, vittima e carnefice sono uniti dalla stessa popolarità: il loro legame, da privato, si fa pubblico, riproponendo ancora il dualismo amore-odio nell'animo di chi ascolta i fatti attraverso testimonianze e documenti filmati. L'ascoltatore chiede col suo disgusto “vendetta” per una soggettività ferita o annientata, quella della vittima, naturalmente. Ma chi ascolta talvolta per sue vicende personali o per struttura psicologica può essere più orientato a identificarsi col carnefice che, attraverso la distruzione dell'altro, ha agito la sua inconsapevole vendetta contro la vita che gli ha negato gioia e godimento. Per cui il messaggio esterno si insinua come un tarlo a minare ulteriormente un equilibrio interiore già precario. Da qui, il “passaggio all'atto” può essere breve, istantaneo, inconsapevole come in un sogno in cui tutto diventa lecito e dal quale ci si può anche non risvegliare.

 
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