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Post n°7367 pubblicato il 29 Aprile 2013 da psicologiaforense
VIRILITA'. Forza di volontà, onore, coraggio, autocontrollo. Caratteristiche della mascolinità. Che si accompagnano con un aspetto esteriore preciso: un corpo che emana vigore, bellezza, equilibrio. E' l'ideale di uomo che - con sviluppi, mutamenti, esasperazioni e crisi - accompagna la civiltà occidentale. Ma è sempre stato così?
COSÌ NASCE E SI AFFERMA UN GRANDE STEREOTIPO MODERNO: MASCHIO METAMORFOSI DI UN MITO Il mito della virilità non è eterno ma ha una precisa data di nascita. Lo stereotipo maschile sorge fra il '700 e l'800: agli ideali della Rivoluzione Francese si accavallano passioni intellettuali per l'antichità greca, la fine degli eserciti mercenari e la coscrizione obbligatoria diffondono il bisogno di uomini forti fisicamente, la nascente borghesia è in cerca di un modello in cui identificarsi. Tutto comincia nel tardo '700, quando Johan Kaspar Lavater, il fondatore della fisiognomica, dichiara che “quanto più un essere umano è virtuoso tanto maggiore è la sua bellezza”. Ma quali sono i canoni di questa bellezza? Alcuni li indicano nelle statue di atleti e dei dell'antica Grecia. L'Apollo del Belvedere è l'ideale assoluto: corpo snello, nobili proporzioni, volto imperturbabile. Lo stesso autocontrollo eroico nel dolore che si legge sui volti del gruppo marmoreo del Laocoonte. Sono nudi e fieri gli eroi immortalati da Jacques- Louis David, il cantore della Rivoluzione francese. Il suo quadro “il giuramento degli Orazi” non soltanto è la massima rappresentazione dello stereotipo, ma ponendo in secondo piano, piangenti, un gruppo di donne, presenta contemporaneamente il ruolo femminile nella società: un'esclusione ratificata dal Codice Napoleonico. Lo stereotipo è dunque dato. E la sua continuità è sconcertante : più di un secolo e mezzo dopo, Adolf Hitler individua quella che definisce l'immortalità dell'ideale greco, della bellezza nella combinazione di un corpo eccezionalmente bello con uno spirito radioso e un'anima nobile.
Commenti al Post:
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alessia.ingrosso il 29/04/13 alle 21:00 via WEB
Scrive Ruspini in un bel libro: Il rapporto tra mascolinità e corpo è e resta in gran parte inesplorato. La pretesa di universalità maschile ha frenato, nel corso della storia, la riflessione (individuale e collettiva) su tale legame. Oggi l'idea di virilità autoreferenziale e statica, incapace di dialogare con la propria fisicità, deve necessariamente confrontarsi con stili di vita cangianti, multiformi e complessi.
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hommelibre10 il 30/04/13 alle 17:32 via WEB
Non penso che lo sforzo che il pensiero maschile ha fatto per trascendersi nell' universalità producendo arte, giustizia, cultura... sia la causa dell'attuale silenzio dei maschi sul proprio corpo. Greci e Romani, custodi dell'universale, sapevano raccontare tutte le sfumature del sentimento e del corpo, ciò che ci ha rovinato è l'uso politico che si fa oggi della morale e dei sentimenti.
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vittoriofredella il 29/04/13 alle 21:01 via WEB
Uno stereotipo che dura da secoli
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psicologiaforense il 29/04/13 alle 21:05 via WEB
E' verissimo quello che dici ma
per definirsi lo stereotipo ha bisogno di sponde negative, quelli che io chiamo “i controtipi”, gli esclusi dalla società: omosessuali, ebrei, pazzi, delinquenti abituali. E' confrontandosi con questi che il maschio trova la propria autogiustificazione. Bruttezza fisica e morale, instabilità, inaffidabilità economica, effemminatezza, alterazione nervosa (gli studi sull'isteria maschile proliferano a fine '800), sono le caratteristiche dei controtipi.
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psicologiaforense il 29/04/13 alle 21:05 via WEB
.....E lo sviluppo dello stereotipo diventa la cronaca della sua lotta con i controtipi. L'attacco più duro arriva con il decadentismo, che ha per paladini Oscar Wilde, Joris-Karl Huysmans, il barone di Montesquiou: i garofani verdi simbolo di omosessualità ostentata, le donne virili alla Nataly Barney, la nascita del movimento omosessuale, il travestitismo che dilaga nei locali di Berlino, il diffondersi degli studi sessuali e poi le giovani avanguardie letterarie che cantano il diverso, l'androgino, l'efebico. La virilità entra in crisi.
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psicologiaforense il 29/04/13 alle 21:07 via WEB
E' la Grande Guerra, con le sue immani stragi, il vero spartiacque. Dopo il conflitto si fa avanti l'ideale dell'“uomo nuovo”. Il conflitto, spiega Mosse, “rese più stretto che mai il legame tra il nazionalismo e la mascolinità, di cui enfatizzò gli aspetti rimasti sino ad ora allo stato latente: nella foga dell'assalto alla trincea nemica l'aggressività poteva esprimersi senza ritegno nè freni”. E' quello spirito combattentistico esaltato da Ernst Junger nelle pagine del suo diario Tempe ste d'acciaio. Ma da questi “principi delle trincee”, dalla violenza cantata dai futuristi italiani, la virilità trova nuovo “slancio vitale”: l'ex combattente diventa squadrista, nascono le organizzazioni paramilitari, le crociate per la purezza, il razzismo. Il terreno è pronto per nazismo, fascismo, ma anche per lo stalinismo, che ancora una volta trovano un'espressione esteriore nel modello greco. Rivisitato in Germania dalle sculture di Arno Breker, in Italia dalle statue del Foro Italico e nella Russia di Stalin dai muscolosi operai e contadini eroi dell'universo sovietico ritratti negli atri delle metropolitane.
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diogene51 il 29/04/13 alle 21:15 via WEB
Io credo che il modello vada definitivamente in crisi con la nascita del femminismo attuale, e delle altre istanze che nascono a cavallo del "'68". Il femminismo nega il machismo, ma anche gli uomini se ne allontanano. Ci sono le critiche alla guerra del Vietnam, al militarismo, viene riscoperto Gandhi, il mito della non violenza. Va in crisi il mito della forza, anche all'interno della coppia. Le donne sembrano preferire gli uomini sensibili, intelligenti, magari esili fisicamente, ma che sanno fare delle scelte. E molti uomini si adeguano riconoscendo una loro nuova dimensione...
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psicologiaforense il 29/04/13 alle 23:41 via WEB
E' senza dubbio una concausa. In questa fine secolo nuovi ideali, modelli di vita diversi sembrano avere scalzato quella supremazia, e il merito è soprattutto delle culture alternative: la musica rock, i modelli androgini (David Bowie, Boy George, ecc..), le lotte per i diritti civili di neri, donne e omosessuali. Ma anche, perchè no, gli stilisti. L'immagine dell'uomo di fine secolo è radicalmente cambiata. Mentre prima si trattava di un modello che esaltava la fisicità, oggi prevale l'essere se stessi. Non si è più legati allo stereotipo, ma predomina l'individualismo.
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psicologiaforense il 29/04/13 alle 23:42 via WEB
E' la fine del mito? O forse gli skinhead, il celodurismo bossiano, lo sprezzo del pericolo dei Serenissimi che danno la scalata al campanile di San Marco, Grillo e i grillini ne sono la nuova incarnazione?
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monellaccio19 il 30/04/13 alle 12:51 via WEB
Sono condannato, come mio "alter ego" posso solo riferimi al "Pensatore" di Rodin. Senza togliere niente a tutti i..pensatori!!!!
Buon giorno.
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Inviato da: Nuvola_vola
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