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La voglia di correre

Post n°9 pubblicato il 12 Agosto 2010 da qtvr

C'era un bambino che ad un certo punto, senza un perché, doveva uscire nella strada, e dopo un attimo di raccoglimento con lo sguardo impietrito tutt'uno con il lastricato dello storico marciapiede, cominciava a correre. Le prime falcate, le più dure non c'erano già più, tanta era la voglia. Correre come un ossesso era l'unico desiderio. Correre sino a perdere la percezione del ponderabile, del tangibile, spingendo al massimo...  forse cercando un nuovo limite!?  Dove fermarsi se la strada è finita? Fortuna a quei tempi non c'erano le auto in circolazione quante oggi.  Quando, a fondo corsa, le gambe ormai indipendenti dalla volontà guizzavano di vita propria; quello che ci voleva era un appiglio! Quasi sempre mi salvava dal salto oltre il limite, forse era quello il vero compito di quel palo, e non sorreggere un divieto di non so cosa. Ma un giorno lo sradicai, trascinandomelo appresso... che ridere a pensarci, erano le mie prime scariche d'adrenalina quelle. E poi, quella volta di cui mi ricordo solo la vista dal basso, come d'uopo quando si è atterrati a faccia in su. Ricordo vedevo solo il blu del cielo solcato da stormi di michette, ruvide leggere atterrando schiaffeggiavano il mio mio viso, riportandomi alla realtà. Sul mio percorso, ahi me v'era la panetteria. Costituiva un imprevisto non gestibile la massaia che usciva con la borsa della spesa, lo scontro era sovente inevitabile.

Intanto le massaie sono estinte.

Ci sono ricordi che mai usciranno dalla mente,  non perché non vi trovino via di fuga, ma semplicemente essi ne fanno parte e sono la mente stessa. 

Assieme al ricordo, le emozioni a renderlo vivo. Un ricordo quando è solo cronaca nei nostri pensieri, probabilmente, ha già espletato la sua funzione primordiale. A quel punto, varrebbe la pena di cancellarlo... mi interrogo.

 

Foto Henri Cartier Bresson... il più grande

Per la versione dell'autore ci vuole stomaco
 

 
 
 
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