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RACCONTI ITALIANI ONLINE - RIO - POEMI ITALIANI MODERNI - MARCELLO MOSCHEN - SCRITTORE, POETA ED ARTISTA MODERNO - CONTEMPORANEO

Post n°55 pubblicato il 09 Febbraio 2011 da raccontiitaliani

1980

 

Da Una fonte

Una fonte, XXII

I poeti dicono la verità.

Una parte di essa duole in altri

ed è quella che dura. Sto leggendo

nella coppia di buoi aggiogata alta

sopra i binarî una specie che il secolo

ventunesimo estinguerà. Dell'erba

del pendio su cui poco procedono

dico che sarà presto sulla curva

del rimpianto. Con altro, di paese

in paese, di fonte in fonte, avendo

lo stesso muro opaco d'aria in fronte.

1981

 

Da Ventagli

*

Lei si leva dal caldo del sonno,

divaga tra le ombre insegue

con poca presa un frutto da intaccare,

ritrova quasi di un altro emisfero

quei fogli scritti poco più che a mezzo

abbandonati sull'ora di cena

ieri ma adesso nel freddo

la luce è più leggera, non può

incepparsi il pennino, continua

fino all'ultima riga la sua traccia

il codice in viaggio sulla pagina

che con amore ripete: – complètami –,

se non fosse il controcanto, da sotto

in su a chiedere: – strappami –

sussultando in un ritorno di fiamma

del sonno quest'umore di suicidio e di nulla,

come dall'altra stanza sta vivendolo

chi è rimasto a pescare nel buio

anche lui senza presa – finché rullano

le radiosveglie sul petto e ritornano,

nodi al pettine, i minuti contati.

1982

 

Da Serials

Colori per un anno: Arancione

La bacca viva esplode fuori campo,

veli di plastica frenano il colpo,

da olivo a olivo una marea di grinze,

qualcosa dalla ragnatela afferra

i filosofi, li prosciuga nell'unica

goccia di sangue del loro cuore.

1984

 

Da Pomerania

*

Dal rintocco dell'ultima cesura

la tua voce recitante potrà

non da altro spinta che da natura

risalire: così lungo una tela

senza smagliatura il colore va

dal cinereo al cilestro all'azzurro

al turchino sfrangiantesi in viola

e avanti e dopo ogni punto è del cielo

dove la Morte dice alla Parola:

stammi in grembo seguimi nella gola

del vento, non puoi farcela da sola,

son io la casta diva, la tua scuola.

1986

*

Hai voglia a sforbiciare! ci son chiome

che infoltiscono appena vi s'accosti

una lama – e lo stesso certe siepi

al minimo sospetto di cesoie.

Così la rampicante minutaglia

degl'inchiostri sibillini, che va

lungo le afflitte e le ridenti vie

di carta, simulata verità,

quella non la riduce non la taglia

l'autenticante ossessione, la febbre

dell'essenza, del nòcciolo.

(Tu prova

a colpire, mentre sogni o dal vero,

la punta dei campanili, decàpita

dei gigli rari e agili le torri:

a ogni crollo è più vasta la città).

1989

Via Lagrange

(Lagrange…chi era Lagrange?) Ogni città

ha forse la sua via Lagrange. Ma una

nell'impaginazione del ricordo,

una sola s'imprime. Vive travi

di càrpini, condominii in decoro,

fioriere gremite di petunie.

Gli attici puntano verso le Alpi.

Proprio là dove segna la lapide

via Lagrange, spiovono molli frange

vegetali. Nell'ora dell'Angelus.

C'è una bella signora che piange.

Conta i passi, forse dieci, raggiunge

sull'angolo più lontano una conca

di viole. Tutto il balcone è alleanza:

il lampo del sole morente, la vampa

di quei fiori – e di lei già fuori campo,

quasi un pòlline, un senso di carminio.

1991

 
 
 
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