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RACCONTI ITALIANI ONLINE - RIO - POEMI ITALIANI MODERNI - MARCELLO MOSCHEN - SCRITTORE, POETA ED ARTISTA MODERNO - CONTEMPORANEO

Post n°89 pubblicato il 09 Febbraio 2011 da raccontiitaliani

Il favagello

è d'un giallo squillante, nessun fiore

l'uguaglia anche se prendi l'anno intero

copre a febbraio i greppi

verdissima è la foglia

umida sempre un poco e immacolata

quando la neve cade che ritarda

il favagello resta sotto intatto

 

se sta sotto la neve tre giorni sani

e viene una ragazza che lo coglie

dinnanzi alla specchiera, in un bicchiere

col gambo dentro l'acqua poi lo mette

sale nel vetro l'uomo, sale le scale

bussa alla porta

e aspetta se lei apre

 

Da: I luoghi persi, Torino, Einaudi, 1999

 

 

Per tempi e luoghi

 

c'era la palma sola o a branchi radi

ma so che oltre quel cerchio essa non cresce

resta la sabbia nuda, la distesa

dove affondi la gamba, dov'è scesa

la donna corsa avanti che s'arresta

sgomenta nell'Aperto che la cerchia

 

il suono monocorde dell'azzurro

che s'alza nel silenzio fino al cielo

senza una striscia bianca, senza una piuma

è come questa febbre che m'appanna

poeta che conosci il deserto vasto

ci sono stato io una volta sola

come turista che si serra ai vetri

nel lungo viaggio dove è il più solo

trasale per la febbre e lo sgomento

c'era prima un villaggio calcinato

come talvolta vedi nei presepi

ma qui non scorre l'acqua, non c'è il mulino

trapassa nell'azzurro anche la terra

verde no, ma rossiccia come capra

e la viola africana gigantesca

anche lei nell'azzurro ci si staglia

 

è stato un lungo viaggio prima gli olivi

poi una landa con il vento freddo

e le piane di sale bianche e perfette

la febbre la portò quell'aria ghiaccia

spira lungo il gran disco che m'abbaglia

per il suo cupo caldo e la sua luce

 

un solo dio abita il deserto

e compone i miraggi, alza la sabbia

entra dentro la tenda pervade il sogno

del pastore di popoli e di greggi

dio dell'imperio sa che nel deserto

vince la sabbia e vince nel pianeta

 

ma nei miei boschi passano gli dei

stanno dentro le fonti e nelle grotte

s'accostano improvvisi nel cammino

di rado sono saggi, pronti al riso

all'ira e all'amplesso cogli umani

 

 

 

Cerveteri ricordo, cogli asfodeli su tumuli

rotondi, l'erba che scende, il solco di quel carro

che si perde nelle strade dei morti incontro ai vivi

e io passo con te mia bionda amica tra le rose canine,

tra fiori bianchi e quel cespuglio d'acanto

che chiude la nostra storia alle voci d'intorno

 

conobbero il deserto anche gli etruschi

o com'era il deserto quando d'intorno

scorrevano i ruscelli e nel palmeto

la timida cerbiatta s'addentrava

prima che arrivasse quel solo dio

che non ama l'idillio ma che parla

dai rovi o tra la sabbia o la tempesta

 

dentro l'ultima tenda l'etrusco vede

l'anatra colorata appesa al palo

fitti di voli i cieli di Maremma

colmi di pesci tutti i rivi chiari

porta nella sua tomba la cara vita

l'avrà fissa d'intorno per l'eterno

 

ad Achille pensavo, alla grande ombra mesta

nei Campi Elisi, e mi cerchiava l'erba luminosa

maggio di tutti i mesi il più gonfio e verde

meglio fare il porcaro nel caldo sole

che principe dei morti per l'Ade grigio

caddero i giovinetti nello Scamandro

e fu l'ultimo fiato di rimpianto

 

in un lontano autunno ero venuto

qui con Rosaria, il tempo differente

era morto per sempre ma da poco

per il nero sgomento che mi colse

io guardavo il tuo corpo grande e scuro

lo specchio che era dietro, il mare in fondo

quel tuo corpo in cui entro e mi ci stringo

il solo che mi stacchi dalla catena

i tuoi capelli sono come arbusti

che io afferro e tormento e poi odoro

 

ho rivisto poi la chiesa quadra

s'alza potente e chiara sulle mura

ha in faccia il mare etrusco verderame

un ceppo di giusquiamo era filtrato

dalla sua pietra bianca gode la luce

 

il tondo lago di Bracciano è specchio

alle selve d'intorno, tra i grandi ontani

solo un momento ti saresti distesa

per un istante solo t'avrei colta

così assoluta e tesa nel lucore

che trapassa le erbe, mescola il giallo

della prima ginestra al miele della pelle

ai capelli biondissimi che sanno di ramo nuovo

e foglia

quindi un quieto paese in fondo al lago

come altre volte mi stringeva il cuore

che ce ne andiamo e il cielo quasi piove

 

il tuo corpo e le erbe i campi e i fiori

tutto trascorre è tempo di tornare

parto questa volta di primavera

i prati sono gialli per le rape

ma come allora scorgo l'Appennino

che addensa nubi e nebbie alle sue cime

 

(1987)

Da: Per tempi e luoghi, Porretta Terme, I Quaderni del Battello Ebbro, 1999

 

 
 
 
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