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Post n°22 pubblicato il 09 Febbraio 2011 da raccontiitaliani
* (Sul lungomare in piena estate. Lo chemisier frizzante e una borsetta bianca. Si gira e parla. La guardo che mi guarda, ed è beata.)
Mia madre, amata e, per amarla, tenuta più lontano. Taciuta e distaccata in ogni piano, sentita straripante e spesa a rate. Rivista a tappe da una mia vita autonoma e distante. Legata al morso dell’attesa, senza presa tra noi, di un discorso. L’altro capo del filo che mi tira, la forza di un percorso senza uscita.
* (Ho una maglietta larga, che copre gli altri panni. I sandali di cuoio. Tenuto per la mano alla ringhiera, dal ponte fisso il mare e una barca che passa lì di fronte. Ho sette anni.)
Eccola, sciolta al vento la vela dell’infanzia all’orizzonte. Si impenna a tratti incerta riprende la sua fuga più lontano. Scolpita sembrava la mia rotta e indubitabile, in qualche modo aperta. Sogni, progetti e piani tutti, i più strani, veloci e via guizzanti sopra i flutti. Se guardo indietro, ora, mi vedo un po’ annegato dal vuoto che, come un vetro, si è posto tra il me di adesso e quello più discosto. Per quanto rivelato in molti luoghi e aspetti, tanto più nascosto.
* (Di me, che vengo a me più grande e più lontano, l’immagine che avanza dallo specchio di un vecchio armadio, nell’anta che si apre piano piano. Con una mano tesa a fare, forse, da difesa e, l’altra, stretta alla maglietta nell’atto emerso di coprirci il viso.)
E’ che restavo ignoto, nel complesso, nel senso del ritratto e del contorno che si era lì riflesso. Distratto per l’inverso da me stesso nel mio apparirmi di colpo più preciso, perso nel chiuso nei punti dell’oggetto. E, oggi, ancora cogliendomi diviso da quello che mi penso non mi vedo, né giovane né vecchio non so se bello o brutto. Mi avverto come ingombro oppure mi scompaio quasi del tutto.
Garzanti Editore, 1992 (3° ed. 1996)
da PICCOLA COLAZIONE
MALARIA "Qual è più caro, il nome o il corpo?" Lao-tzu "Il più alto grado di presenza è l’assenza." Walter Benjamin
"Troppo comodo fare quello che piace e che si vuole".
La scatola di latta è tonda e ruota, una parte sull’altra. Si può odorarla, vuota, e leccarla, quando la liquerizia è terminata.
mela arancia susina mela arancia susina
...da dove saltano fuori, i sogni, vesti e contorni al mostro, alla pazzia: frullati, puzzle con i tasselli fuori posto, come uccelli colorati o pipistrelli staccatisi di colpo dall’albero blu inchiostro.
"Dev’essere un accordo dei grandi, per dispetto o gelosia".
Sulla torre del castello inespugnabile, sicura da cui si tiene il resto sotto mira. Un regno piccolo ma certo, per il tempo almeno in cui la porta è chiusa a chiave.
(Scruta, salito sul bordo della vasca in bilico, svestito, indaga sullo specchio la forma o una ragione di tanto desiderio.)
pesa il passo e posa piano lancia il sasso con la mano ferma adesso o vai lontano
"Mia madre dice che posso togliermi tutto". "La mia, non più dei pantaloni e della maglia".
(Vedersi, essere visto. Metterlo a nudo. Tenerlo, se deve essere tenuto. Ma gli pare che si debba cercare qualche altra cosa...)
Rosso. Di febbre, di sangue. Dentro al fuoco. Di unghie e labbra. Di gente senzadio. Di cappe, di bandiere.
Nel sommergibile, "Io", in rotta per i mari. "Tutti sottocoperta, chiudere i boccaporti. Immersione rapida". Lo spazio circoscritto la sacca degli odori l’ombra del letto.
"... cuore, desco, nido gnomo, soma, tetto".
Ancora. Esatta la secca tiritera parola per parola. Specchio, ritratto analogia, prova che c’è, sotto, la cosa: quel che sempre sarà e sempre è stato, non dovunque e come sia. Dettato.
... sul Libro dei Libri Famosi, nell’enciclopedia.
"... ha i colori del fuoco, della neve e del prato".
"Dai, paga il pegno. Dire, fare, baciare, lettera o testamento?"
(Non è che smetta anzi, a rifarlo, gli sembra anche più bello. Però ha il dubbio che se resta magro è proprio per quello.)
"Più vai veloce e più, vedrai, ti piace".
... che una parola abbia un sesso e una persona (maschile se finisce in a!). Ma incomprensibile di più lo stato di mancanza di assenza, insomma la parvenza negata in un concetto neppure rifiutato, inconcepibile, del niente e lo stupore a pronunciarlo.
"La sua, dov’è? Da cosa è fatta?"
(A lui il gusto, solo, di essere preso. E il pensiero che è ingiusto e svantaggioso, e non tanto per lei in fondo, se non ce l’ha.)
"Lo imparerai, quando sarai più grande".
Visto in segreto e detto al chiuso, in ombra bisbigli, incerti i margini, mai esatti indizi di segnali colti, strappati in fretta e furia a sillabe, per paura di essere scoperti prima di scoprire centimetri quadrati di anfratti, di peluria.
una rana nera e rara sulla rena errò una sera
Paura che un vetro venga rotto che il sale vada sparso che si rovesci l’acqua mentre bolle che una zingara entri in casa che cada il fiasco d’olio che si rovini la salute. Paura di restare al buio di trovare in casa un assassino di cavarsi un occhio su una punta di non essere promosso di cadere in un burrone di finire dentro a un lago di annegare, di essere schiacciato. |
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