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RACCONTI ITALIANI ONLINE - RIO - POEMI ITALIANI MODERNI - MARCELLO MOSCHEN - SCRITTORE, POETA ED ARTISTA MODERNO E CONTEMPORANEO

Post n°108 pubblicato il 09 Febbraio 2011 da raccontiitaliani

da Per altre misure

 

 

Un albero, per appoggiarvi la schiena.

 

Stare là, senza pensieri, senza possessi.

Il mondo davanti, dietro, intorno.

Uguale al ramo, alla foglia. Che importa

la tegola rotta, la stanza stretta?

Restare fino a che è dato,

senza orologio e senza calendario.

Chi ha deciso questa inquietudine?

Partire, tornare, tenere, trattenere,

quando basta appoggiarsi a un albero.

Invece, nella sazietà

temere la fame, sospirare nella contentezza.

Così, da

 

per tutto.

Non un attimo di sosta. Sempre una guerra,

un contrasto. Profumi che divengono fetori,

polpe che infradiciano,

parole come baccelli svuotati.

Una barca fragile su un mare senza fondo,

l'ansimo nella corsa dell'atleta,

l'urlo dopo il traguardo.

Non sapeva e gli è toccato imparare.

A che è valso ?

Continua, come se non fosse avvertito.

Si sveglia da sogni confusi,

si dice che oggi capirà.

Un istante e tutto si ripresenta,

uguale a ieri e a ieri l'altro,

lo stesso disagio, la medesima angoscia.

Quando è cominciato tutto questo ?

Non l'ha voluto, ma sta

dentro questo recinto,

e chiama e cerca mentre si processa

e si specchia.Narciso, il deluso,

muore per acqua. Si conosce nel fonte,

si raggiunge negandosi. E Lui qui,

nemmeno lacero, nemmeno affamato,

chiede compagnia nell'errore,

traversa luoghi che lo trattengono,

insegue fantasmi, si chiama per riconoscersi.

Come può difendere la casa, quando

sa di averla eretta sul fango ?

Come può vigilare sui figli, quando sa

di essere lui stesso un figlio

piccolo inerme? Forse altri verranno

e la loro giornata sarà chiara e sicura

come l'idea che lo annichilisce.

Gli tocca solo questo:

dopo essersi rivoltato nel vuoto,

recuperare la voce perduta,

tentare la presenza.

Non più la salvezza e l'uscita.

Solo un altro patto,

una nuova misura. Per seguitare.

 

 

 

 

Sono quel che fanno.

Un rametto di basilico in un vaso d'argilla,

tocca piantarlo, innaffiarlo.

Il mondo non è un'idea se il nostro corpo

ha fame e s'ammala, se respiriamo

l'aria che andiamo impestando.

Chi crede ancora all'anima vagante

in un regno etereo ? Come se lei,

l'anima, non la portasse ognuno

nelle proprie carni, nella mente

che dubita e decide,

nei piedi che s'arrestano o procedono.

 

Il seme spunta, s'inerpica,

sboccia, matura, infradicia.

Ma è corsa troppo a lungo

dietro il suo desiderio,

non s'è più ritrovata. Forse le tocca

tornare là di dove era partita.

 

Anche Lui voleva

una storia diversa.

Con il risultato che s'è trovato davanti

altre mura da abbattere e,

dietro quelle mura,

da lottare contro gli stessi mostri.

 

 

 

 

L'amore è stato e continua

ad essere il perno della sua esistenza.

Quando le manca, si sente disperata, vuota.

Anche nel mezzo dell'amore è scontenta.

Vuole tutto: la vicinanza, la compagnia.

Pretende di specchiarsi nell'altro,

pretende che l'altro

abbia le sue stesse voglie,

pensi i suoi stessi pensieri.

E siamo alla favola del mostro primigenio,

lui intero, spaccato

a metà dall'invidia divina,

condannato per sempre a cercare

la parte mancante. Quanti riusciranno

a imbattersi in quell'altra parte

e per quanto crederanno di esservi riusciti?

I più rabberciano, pazientano,

si lagnano, si rivoltano. L'Amore,

così come lo pretendono,

sbuca di rado, quando non s'assenta

del tutto. Dunque,

ammesso il bisogno impellente,

si passa la vita disperando.

La fiaba di Amore e Psiche:

la ragazza rapita non trova porte per fuggire,

lui torna nel buio a sfinirla di carezze,

per vedere chi l'ha rinchiusa

lei attende che dorma, abbagliata

lo vede. Il seguito è noto.

Psiche supera prove impossibili,

si ricongiunge all'amato. E qui

la fiaba finisce con il dovuto festino.

 

 

 

 

 

Il suo amore è pieno di odio,

Il suo odio è pieno d'amore.

Questo è arrivata a sapere,

dopo aver camminato nella nebbia,

dietro un fantasma che chiamava bene e salute.

Le tocca lasciare la rassegnazione,

la pazienza. Le tocca restare qui,

fuori dell'io e del tu, in una ressa di parole,

tutte

 

da districare, da farne cose e gesti.

Nemmeno un istante può fermarsi.

Deve aggiungere mattoni, mentre i muri cedono.

Così per il suo stesso corpo:

lo nutre mentre la consuma,

lo vigila mentre la stordisce.

Di dove verrà il segnale estremo ?

Quando si mostrerà il nemico

che porta dentro e la minaccia di morte?

Intanto si procura conforti

che sa esili e brevi,

si figura mutamenti, cerca

l'uscita dalla faticosa vigilia. Sbaglia,

ma ha smesso di blandirsi.

di ripetersi bugie. Sta qui

e vuole starci fino a quando le è dato.

Qui deve raggiungersi, tenersi.

 

 

 

 

 

Il referto da tanto è lo stesso.

Vittime, chi le azzitta?

Carnefici, chi li arresta?

Disastri ovunque. E inconcludenze.

A questo punto c'è chi avverte,

con i riflettori accesi della coerenza:

"Esci, una volta per sempre.

Non predicare il silenzio, azzittati.

Vai ripetendo che non sei,

dunque blocca il respiro, annientati."

Ma Lei è spaventata da che l'aspetta

e Lui si allaccia le scarpe

per ripartire. Vedono il cielo passare

dagli azzurri ai bianchi ai viola,

odorano il vento, si godono

il sole sulla faccia,

il sapore di un frutto, il sonno

che sale negli occhi.

Non si tratta di rinunciare.

Forse che non sei vivo

anche mentre soffri o ti ritrai ?

 

 

 

 

 

Dovremmo restare dove siamo.

Lei sa di essere in cammino.

Ogni passo le prova di esserci.

Basta ed è tanto. Il resto !

Aveva quattordici anni,

un pomeriggio d'estate, sola in casa

si urlò dietro:" I morti, i morti!"

e si precipitò per le scale;

ne ebbe il piede sinistro slogato.

Ancora sogna di aggirarsi in quelle stanze

e sente al di là delle scale

i passi di qualcuno e sa

che non le riuscirà di vederlo

e ne è atterrita. Si sveglia

con il cuore in subbuglio.

 

 

- Se solo decidessero

che questo non è più di un sogno.

 

- Chiamatelo sogno, non cambia nulla.

 

- Gioverebbe il silenzio.

 

- Conclusione proposta altre volte.

Ma qui nessuno muore,

nessuno lascia corone.

Qui le parole dette si dissolvono.

E' una fine e vuole sembrare un inizio.

 

 

 

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