Creato da raccontiitaliani il 08/02/2011
Racconti Italiani Online - Edizione Virtuale

Area personale

 
 

Archivio messaggi

 
 
 << Luglio 2024 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
1 2 3 4 5 6 7
8 9 10 11 12 13 14
15 16 17 18 19 20 21
22 23 24 25 26 27 28
29 30 31        
 
 

Cerca in questo Blog

 
  Trova
 

FACEBOOK

 
 
 

Ultime visite al Blog

 
sadurnyLaSuperAletoby50altre_veritamaurizio.saricaLa_Gabrielasuperego82davekunLadyBikerGnusarascrittricecriveronachiaracarboni90brici_asemprepazzales_mots_de_sable
 

Ultimi commenti

 
Bella la poesia su Antiparos!
Inviato da: chiaracarboni90
il 31/05/2011 alle 11:36
 
 

Chi può scrivere sul blog

 
Solo l'autore può pubblicare messaggi in questo Blog e tutti gli utenti registrati possono pubblicare commenti.
 
RSS (Really simple syndication) Feed Atom
 
 
 

 

 

RACCONTI ITALIANI ONLINE - RIO - POEMI ITALIANI MODERNI - MARCELLO MOSCHEN - SCRITTORE, POETA ED ARTISTA MODERNO - CONTEMPORANEO

Post n°97 pubblicato il 09 Febbraio 2011 da raccontiitaliani

ANCORA SOGNATO DI LEI

Era Angela, certo,

ma non lei,

un viso tutto diverso. Era lei

perché io lo dicevo, e dicevo:

"Ma cos’hai fatto?". Eppure

gioivo, nel sogno,

di aver deciso di ritrovarla, di averla

chiamata, affannato a scoprirle

appena una granulosità

accampata nell’occhio

di quell’altra persona che era lei.

LA CARTINA DI TORNASOLE

"È sapere che ci si abituerà,

che inutile è il lutto

che ti sottrae il domani,

il peggio…". E, allora,

non pensarci, sbrigarsi

con le pratiche del cordoglio. Ma

Angela, ancora dopo cinque lustri,

nel mio fondo? È, lo so, inceppamento

cerebrale, abitudine

priva di una veridica

sostanza. Eppure è vero

che è soltanto con lei che a Trieste

potrei tornare senza

residui, da

nulla rimorso e, su tutto,

l’idea di non essere "con lei"

lì, al confine da tutto.

 

 

 

 

Da "Poesie della pensione"

*

Questa nuova stagione (che "si apre"?)

forse più desolata ma tranquilla,

e mi fa gioco, adesso,

l’idea della città randagia, piatta

fra le nebbiole dei mattini…

L’AMICA

"Con la liquidazione" (che parola)

"imbiancherai la casa,

cambierai almeno le sedie" dicevi. Io,

sapendo i miei guazzabugli,

sorridevo, nicchiavo,

anche, a tratti, angosciandomi. E, adesso

che il gruzzolo è arrivato,

come ti sono grato

che non lo dici più, che hai capito

che non basta la quota di speranza

a quel piccolo sforzo.

 

 

 

Da "Oli e acquarelli"

LA DIRIMPETTAIA

Un’argentina, o una cubana bianca

(non necessariamente io furtivo)

dentro il grande rettangolo

della stanza. Ma poi,

una volta per strada,

non era facilissimo decidere,

a parte il supplemento

di fascino di quei

gesti, per quel loro svolgersi lì,

se così preferirla,

ballerina ingaggiata di lontano,

o invece concittadina, a sorpresa

nel nero antro della fruttivendola

come tutti in attesa

fra gli acri odori delle merci e

le verze a terra buttate. Del resto,

come in una bottega dell’Avana.

E l’enigma continua.

 
 
 

RACCONTI ITALIANI ONLINE - RIO - POEMI ITALIANI MODERNI - MARCELLO MOSCHEN - SCRITTORE, POETA ED ARTISTA MODERNO - CONTEMPORANEO

Post n°96 pubblicato il 09 Febbraio 2011 da raccontiitaliani

RISTORANTE SAN MARTINO

Carrelli di bolliti,

paradisi del caldo

fasciante nei ristoranti, a gennaio.

E dei fumi. Ma, dicono,

accelera, la supernutrizione,

la morte. E io ci credo. Ma,

anche, accende il nirvana,

ti preserva dal gelo

che sempre meno tolleri

di sentirti nel corpo.

LA BELLEZZA DELLA CREMAZIONE

Ma questo patrimonio,

miracolo che sono,

a pensarlo inceppato in una volta

e subito infrollito, carne-verme,

per un embolo, una

venina… E almeno, dopo,

potesse riposare, statua-corpo,

a futura memoria in bella vista

sul più duro basalto.

DEFILAMENTO

Preparare la non sopravvivenza

nello scempio benevolo

dei vivi; fin da ora

libero dal fastidio di sapermi

ancora ombra dove

è, per gli altri, la vita

carne e sangue, e mangiari e odori e amori.

EQUIVOCI DI BASE

Il corpo, indegno

di qualsiasi aldilà,

pensavo… E già in Confessione, da piccolo,

mi sentivo in difetto

perché non aggiungevo, per vergogna,

"anche" le funzioni fisiologiche.

 

 

 

 

Da "Ultime per Angela"

LA PREVEGGENZA INUTILE

Non era la sua indole,

il suo cuore! (e fu il mio massimo

tributo averlo già allora saputo)

cosa per me. Ma come

profondo deve essere

stato questo mio amore

per accettare di vivere

così sicuramente dentro un sogno

destinato a finirmi.

QUALCHE VERGOGNOSA NOTIZIA

Nella routine dei giorni

con la carta carbone,

non va male. È soltanto

la rottura imprevista dell’ordito

che m’accascia: mancare

per tre giorni di seguito,

alla periferia di Modena, via Kosica

con l’orario che incalza e ritrovarmi,

affannato, lontano; se va via

la luce o la televisione

si guasta troppo tardi

per rimediare. È

allora, solo, ignominiosamente,

che ritorno uno straccio,

come se fosse ieri

che c’è stato l’addio.

 
 
 

RACCONTI ITALIANI ONLINE - RIO - POEMI ITALIANI MODERNI - MARCELLO MOSCHEN - SCRITTORE, POETA ED ARTISTA MODERNO - CONTEMPORANEO

Post n°95 pubblicato il 09 Febbraio 2011 da raccontiitaliani

POESIE INEDITE

 

 

 

 

Da "Prove di Morte"

*

Ma questa è già la "non sopravvivenza",

il post mortem virtuale:

quattro lustri e più dopo,

l’assalto al treno ("vuoto", come aveva

aggiunto, ironizzando,

l’uomo magro ed itterico, civile)

alle otto di mattina alla stazione

di Firenze, e la nave da crociera

nella teca dell’atrio, prima della

diaspora per Scandicci, tra le solite

fitte al pensiero di Angela, qui,

tra queste lente curve e case e insegne,

mai venuta o ventura. E che sinistro

miracolo, sapendo

che sono, altri vent’anni, un miraggio,

che tutto sembri

così vicino, ancora sembri ieri.

UNA FOTO DEL ’40

Sulla spiaggia di Senigallia, e quanti

frontalmente schierati e, come usava

(uno spavaldo e giovanile, un altro

già padre di famiglia

e perciò rilassato) coi pudichi

costumi dalla cintura anellata

bianca, e tutti in attesa.

E, fra essi, mio padre. Dietro,

ma più che altro dai capelli, si

indovinava un mare

appena mosso in quel biancore. E come

solo ora recuperano senso,

dal fondo della cassetta, più simili

anche a me. Perché, in fondo,

è un’altra morte il tempo che non c’eravamo

prima di nascere.

CHIAREZZA

La fiducia in un Dopo

in filigrana angelica e santini

ti ha nutrito, l’hai avuta.

Ma era la bagarre dei sentimenti

tagliati con l’accetta, e delle rosse

furibonde erezioni.

Vivere e credere all’eternità

era un tutt’uno

con la felicità del corpo vano

nelle vetrine al mare.

E il Paradiso era già qui.

PIÙ CHE QUESTO

Più che guardare e imbevermi

dei cirri, più che respirarli come

davanti a un quadro di

Raffaello o Dalì, o come quando,

con pochi giorni di vacanza al mare,

assurdamente

inalavo lo iodio con violenza,

a farmene riserva. Più che questo…

PROGETTO PER LA MORTE

Ma poi, quando ti prende,

ti lasci andare, delega

in bianco al bianco delle

infermiere e dei muri

assetati di rosso di Derain.

Nota: "Donnez-moi un peu de rouge", battuta ospedaliera attribuita al pittore

*

Anche così, magari

fra il bollettino del tempo

e lo scolare della pasta a sera,

fra tavolo e lavello. Come una

libellula sfregata

fra due dita. Non come

Garibaldi nel quadro a Caprera.

 
 
 

RACCONTI ITALIANI ONLINE - RIO - POEMI ITALIANI MODERNI - MARCELLO MOSCHEN - SCRITTORE, POETA ED ARTISTA MODERNO - CONTEMPORANEO

Post n°94 pubblicato il 09 Febbraio 2011 da raccontiitaliani

AVVISO

STIAMO LAVORANDO PER VOI

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

là, a mezza costa, sulla collina

nella luce tersa di fine settembre

si disegna la trama dei filari delle viti

Il piede affonda appena nell'erba ancora verde

mentre l'occhio scorge i merli dondolarsi leggeri

sulle rame, beccando rapidi la scorza,

per poi svolare in altri giri tra gli alberi

Sul crinale il bosco respira il cielo, limpido,

quando matura l'ombra del primo autunno

L'ora è colma di voli

Ma ai piedi delle viti l'aria deposita

Una ruggine scura, uno smog, una lebbra della stagione,

che sale piano il tronco, giorno per giorno

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Ci plastifichiamo, a poco a poco,

con nuove protesi per esperire l'esterno,

saggiare con altri tentacoli il fuori,

senza contatto corporeo

Mediamo tra noi e la realtà

con strumenti artificiali,

ci neghiamo il tatto, la sensualità delle mani

Finché a poco a poco muterà la vista,

cambieranno gli odori

Così sempre più in noi, negati i sensi, quasi androidi in serie

il mondo esterno apparirà una ceralacca opaca

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

forse siamo al nulla-deserto di Beckett

ai due rifiuti umani, accanto ad altri rifiuti

(solo un albero scheletrico resiste alla distruzione)

quando il dire diventa un ingorgo insensato

un arrampicare sul vuoto, un non-sense tragico

Perduto il senso dei gesti la parola cede

In questa deriva,

aggrappati su sponde distanti,

si tentano ancora segnali

Ma restano chiusi in se stessi

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

ora in questa selva di oggetti ci perdiamo

Ad ognuno appartiene una rifrazione di noi,

una faccia possibile del nostro diamante

Ma non ci rispondono, ci assediano muti,

sempre più vicini, sempre più noi

Quel silenzio incombe, ci interroga,

la loro luce abbaglia, e mura noi

Resisteremo all'assedio?

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

ora riposano le auto in un silenzio scintillante

abbandonate nella periferia

(solo qualche scricchiolio lieve percorre i profili)

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

andiamo a visitarle, quasi in pellegrinaggio,

per rendere omaggio,

con i bambini, a sfiorare ancora i musi,

ad accarezzare i sedili

Forse non abbiamo sacrificato molto

A questi nostri déi-meccanici

Non abbiamo rivolto preghiere, libato,

dedicato qualche vittima

E loro ci tradirono

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

ora l'industria, dopo l'eccesso di distruzione,

si evolve

Scopre, per contrappunto, l'industria del disinquinamento,

per un soprassalto di coscienza ricicla le proprie scorie

(Le magnifiche sorti e progressive)

Controlla quindi tutti i cicli presenti e futuri

Sarà la nostra Madre Eterna

(Veglierà sempre su di noi)

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

a video, sulla scrittura verde, da programma

scorre un'altra immagine, improvvisamente

Interrompendo il flusso programmato,

riempie lo schermo, cattura gli occhi

E' un giardino di primavera,

gli alberi appena potati, un vento leggero sui rami

l'erba germoglia il verde d'aprile

Di seguito un'altra veduta:

un fiume ad arabeschi sulla piana

la riva con i pioppi in fila nel vento

le ombre portate dall'acqua

Poi riprende lo schema dato

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

(a video ci trasmettono i sogni, su programma)

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

a poco a poco dimentichiamo il nostro corpo

spossessandoci di noi

ad ogni cambio di stagione, fedeli alle mode

Abbiamo perso i tempi lenti, le attese dolci

le ore di sole abbandonate sulle pietre calde,

godere l'aria sulla pelle nelle sere,

i passi pigri sul selciato, persi tra le vie

Ora le sensazioni incalzano, nuove, eccitanti, mutevoli

Ci sfiorano, per poterle afferrare

Continuamente prodotte

E al corpo non resta che una vaga percezione,

una nostalgia di sé,

di un'altra fisicità perduta

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

e ancora continua la pena, uguale negli anni

non muta, giorno dopo giorno,

quasi senza un prima e un dopo

(la mente dimentica i giochi, non rompe più la sequenza)

con catene leggere, ineffabili,

nella logica dei ritmi di produzione

Tanto da dimenticare il corpo, un componente della serie,

e si affievoliscono gli altri desideri,

subito spenti dalla programmazione lineare, senza sosta

(La memoria cede al presente)

Non resta che il sogno di quiete, di silenzio:

il regalo del week-end

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

morsicano piano piano, a morsi lenti,

la linea delle colline

Così l'occhio sì abitua a poco a poco,

si adegua alla nuova veduta

al nuovo lucore stirato, senza pieghe

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Perduta la memoria altre immagini incombono,

si stratificano,

la vista cede, si abbandona,

e ingloba tutto il presente

Sempre pronta al nuovo (con il verde all'occhiello)

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Forse è la nuova parola d'ordine,

un timbro pronunciato dappertutto,

e diventeremo tutti dei giunchi sinuosi, con protesi adattabili,

capaci di sopportare qualsiasi evento

Per una duttilità sempre più specifica, meccanicizzata,

con una scelta fatta circolare in maniera sottile,

tanto da penetrare in noi un po' alla volta, quotidianamente,

tra le altre parole,

in vista di una nuova qualità del prodotto

(Ci alleneremo in palestre verde post-moderno

con esercizi fisici e mentali)

Per un nuovo slogan per il futuro: Flessibilità

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

a mezzogiorno

le Signore smettono un attimo la manicure del mattino

per poter scrivere cartoline di appello alla pace,

con mani curate e con furore pacifista

All'ora dell'aperitivo l'impegno riscatta la giornata

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

premono sempre di più,

stringono i luoghi, si ammonticchiano in pile pencolanti,

penzolano quasi sulle nostre teste

invadendo ogni passaggio,

regalati perfino in sovrappiù sugli acquisti,

con una incontinenza senza misura: i prodotti

E ormai, dimenticato il gioco,

giriamo in un labirinto costruito

da muri sempre più alti di pacchi colorati,

in sottofondo una musica giusta,

in cerca con sempre più fatica dell'uscita,

per respirare l'aria,

e trovare un altro varco aperto per noi

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

 
 
 

RACCONTI ITALIANI ONLINE - RIO - POEMI ITALIANI MODERNI - MARCELLO MOSCHEN - SCRITTORE, POETA ED ARTISTA MODERNO - CONTEMPORANEO

Post n°93 pubblicato il 09 Febbraio 2011 da raccontiitaliani

da "Amuleti"

 

 

1990

- Se ti guardo di tre quarti

(lo so, è il tuo lato migliore)

i tuoi occhi diventano più fondi, più scuri

per me

Mi attendi, ti apri

Sfioro il tuo petto, più sodo

passo le mie mani sulla tua barba bianca sul mento,

la mia testina ribelle sul tuo collo

Mio orso bruno, un po' irsuto -

 

- Quando ti guardo

i tuoi occhi sono più grandi, più azzurri

Scompare quell'ombra viola

Sei tenera, mia piccola vespa

Rabbrividisce la tua pelle

se i miei piccoli morsi scendono nell'incavo dei tuoi seni,

nelle tue fossette scure

Mia piccola volpe bionda, selvaggia -

"Ancora tu,

ma non dovevamo vederci più?"

Ritorni d'improvviso,

trasvolando con le tue piccole ali di mercurio.

Mi sfiori la fronte, a mezz'aria,

leggera come i gemelli,

con i tuoi capelli capricciosi

Appena ti afferro

per mangiarti gli occhi, il naso, il mento piccolo,

cambi il tuo gioco,

metti gli specchi

Mi resta l'ombra della tua schiena sulle dita

Amorino,

hai due gambe elettriche

il culetto al neon

A volte,

ti poni accanto arricciata,

gli occhi gelati d'azzurro, puntuta come un ghiacciolo

E ti cerco con la mano

sfioro con le dita le tue ginocchia

scendo tenero fino all'incavo delle tue gambe,

alla tua piccola cala. Il mare fruscia.

E resto lì, abbandonato,

sui sensi della tua pelle bruna

Vorrei essere la tua piccola vena azzurra delle palpebre

per baciarti sempre gli occhi

 

 

 

 

 

 

 

da "Dalla periferia del verde"

 

 

1997

Cementano le rocce

smaltando di grigio le asperità, le punte

incavano le linee più sinuose per adattare le curve,

le prospettive tagliate si spezzano, si arrotondano

per l'occhio placido

Una colata si stende piana, senza sbavature

un bel grigio-cenere uniforme

spariti i riflessi, i giochi di luce

(non disturbare la percezione)

Per un nuovo paesaggio a nostra misura

(Dolcemente conforme)

Al fondo

spezzano la linea dei seni delle colline

al tremolio di luce sul profilo,

spuntate d'improvviso, a cono, nella mattina

grigie di cenere,

con un pennacchietto di fumo sulla bocca,

l'odore marcio e dolciastro sui fianchi pelati:

le colline dei rifiuti

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

finalmente abbiamo uno spettacolo nuovo:

la guerra in diretta

sullo schermo, nel blu-notte

si aprono a ventaglio gli attacchi luminosi

e fioriscono in corolle come fuochi d'artificio

Nuovi come nella guerra di Apollinaire

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Per giorni lo spettacolo si ripete senza sangue

Finché, un po' alla volta, l'occhio si annoia,

tergiversa su altri fondali

si posa sugli steli verdi delle piante dell'angolo

in cerca di un altro video, senza interruzione

(Anche la guerra si consuma)

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Ci neghiamo a noi stessi per un nuovo ordine,

sempre più contenuti, in regola,

assistiamo alla nostra lenta, purgatoriale resa

Sfumando piano i nostri contorni ci inseriamo nel grigio,

nell'apparente ordine scritto dell'evoluzione

Con un nuova mutilazione giorno per giorno

ci salvano dal nostro intimo caos

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

noi curiamo le rose gialle,

comperiamo il novecento (salirà ancora),

riscopriamo il primo cinema,

sorseggiamo un drink estivo,

mandiamo i figli a scuola di vela,

vestiamo con nonchalance l'ultima moda,

rifaremo una cantina assortita di vini,

sempre leggeri, non sfiorati da niente,

(le notizie dei giornali tramontano subito)

con l'abbronzatura sorridente, le mogli stirate in viso,

intoccabili, come dèi

dal passo agile, giovanile, amici dei figli,

in forma,

esempio di saper vivere

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

La crociera per i mari del sud è al largo,

nello stridio dei gabbiani, lontano dalla linea della nave

(Un odore sottile, diverso, li inquieta)

Alla balaustra, i maschi, neri,

puntano ironici, gattoni

commentano leggeri ogni gioco

Seducono, con i piedi nudi come arabi,

il passeggio della sera,

quando le signore abbronzate, quasi viola

si abbandonano al finto riposo, eroticissime

Sul ponte i camerieri hanno il sorriso dei camerieri,

il lustro è lustro,

l'azzurro della piscina è l'azzurro della piscina

Ma una scritta rossa corre a mezz'altezza

VIETATO SCENDERE LA LINEA DEL PONTE

(E' la crociera dei rifiuti)

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

girato l'angolo la strada è interrotta da transenne, cavalletti,

cartelli di divieto sbarrano la marcia

mentre una talpa meccanica scava un nuovo tunnel,

eruttando cumuli di terra

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

pali di cemento per la luce vengono innalzati, nuovi obelischi,

in un batter d'occhio

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

altri raccordi stradali s'intrecciano, in nuove geometrie

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

si spianano colline in periferia, con un rombo continuo

per altri quartieri allo stesso livello dei precedenti

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

(la città si rifà il viso, muta in continuazione,

assembla tutti gli stili,

cambia di pelle, scoprendo eritemi,

ingloba una parte di noi)

 

 
 
 
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963