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Post n°167 pubblicato il 21 Febbraio 2011 da raccontiitaliani
SENZA IL TUO GIOCO E' solo ieri che tu sostavi sugli argini delle mie speranze, sospirate gioie di un amore immenso che ci legava, mai logorato o consumato. E, tale ad un fanciullo mi guardavi assorto come se fossi un grande fiume. Forse per simpatia, oppur per gioco, ogni tuo atto era come un sasso che scagliato dentro l'acqua formava nella mia trasparenza ampi cerchi che, nel rapido, ritmico, spaziarsi m'invadevano fino a conquistarmi per intero. Il peso generatore di simile fenomeno, calava giù con lievità a posarsi tra le cose accumulate dei giorni già vissuti. Oggi, lo stesso gioco non mi produce l'identica magia di facile conquista. Sono divenuto un fiume opaco e plumbeo, senza quei circoli che disegnavano ombre superbe e piacevoli tremori. Ora, fluendo nel solco che ancora mi contiene, tutti i ricordi e i fatti superati stanno depositati tra i sassi già scagliati: continue vibrazioni nel fondo tetro e privo di colori. Non campo più senza il sapore di quelle gioie che tu mi regalavi e m'inventavi, e so che morirò quel giorno che ancora ti vedrò giocare ma, sulla sponda di un diverso fiume! 28- MIELE Molti hanno scrittoe più volte affermatoche la cosa più dolce senza dubbio è il miele. Io lo nego e rispondo,pur se un po' imbarazzato,che loro hanno erratoperché non ti hanno provato. 29- MISTERIOSO INTERROGATIVO La terra è terra dappertutto.La carne degli uomini è mortalein tutto l'universo. Si nasceper magia della natura da identicheviscere materne. Eppure resta in noiil mistero assoluto di sapere perchélingue diverse parla l'umanità,che ha simili i gesti e i sentimenti:d'amore o d'odio, ma dovunque al mondo,ci si unisce o ci si dividerà 30- UOMINI Sono nati uomini e altri crescerannoche coltivano dentro l'ambizionesmodata di conquistare terree patrimoni. Altri per giudicare,senza rimorso alcuno, il bene o il maledei valori altrui, legando alla vergogna,l'individuo accusato. Uomini avidi di potere che fanno di un governo e di uno stato, il postribolo infamedell'affare privato. Uomini infermipiagati e doloranti, abbandonati a sestessi, senza la comprensione di quel dioassente, intento com'è ad elevarea santi coloro che hanno rinunciatoa tutto, per vivere in casta, castità.Uomini quasi sempre perdenti,con le amicizie e gli umanisentimenti, che pagano tangentianche per ingoiare l'aria cherespirano che ingrassa poi i capidelle cosche, gonfi di malvagità.Uomini umili di poche risorse, che mendicano la compassionealtrui, relegati al ruolo tragicodi schiavi. Uomini soavi, adusia predicare il bene e praticareil male. Uomini privi di moraleancora trascinati da un credosindacale che non ci aiuta più.Categorie animali che non ho maiamato e che mi fanno gridare: - Viva gli uomini che vivono il peccato, ignari di condanne e false religioni. - - Viva gli uomini coraggiosi, che disperdono il proprio seme della virilità, nei corpi maschi che macerano il proibito amore, senza la paura di un'annunciata morte, o altre indegne falsità. 31- LE MANI DIPINTE Nel semplice murale dipinto daun delicato artista per inneggiarela pace erano figurate due mani uguali.Solo il colore le diversificava: unaera bianca e l'altra nera; unite perònella solenne stretta della puraamicizia: sogno continuo dell'umanità.Eppure, dissimili furono le originie l'opposta razza che le tenne divise.Se lo confidarono appena unitein quell'atto d'amore che il sapientepittore vedeva come l'unico simbolocontrario al dolore. - Ho bussato alla porta di inumanipotenti , bramando la pace e sperando di darefiducia alle genti - confidòquella bianca, aderendo al contatto della mano più scura, che fiera mostrava indelebili segni di lottecruenti, combattute per salvareinnocenti, da umilianti tormenti.- Sono ferita, ma ho vinto! E liberivanno, figli e fratelli sottratti dal buio, verso la luce della libertà. -Quelle mani dipinte si stringevano forte.E così resteranno nel tempo futurocome un pegno di pace, per aprirefrontiere e nuove realtà. 32- QUELLO CHE SONO Poeta per scrivere cose veritiere.Poeta che piange e s'addoloraquando muore qualcuno ignorato da tutti: anche dal cane amatoche viene privato di seguireil morto nell'ultimo viaggiodella separazione. Poeta che ride di se stesso; che soffre come un cammello sgridato dal padrone. Poeta lontano dagli sporchi che solitario innalza l'impalcatura per la scena, solo per vocazione. Poeta incompreso dai mediocri amante del dolore e della vita; mistico per amore. |
Post n°166 pubblicato il 21 Febbraio 2011 da raccontiitaliani
Four poems from Notti di pace occidentale
I I see from the darkness as from the most brightly lit balcony. The body is a hatchet: it falls on the light pushing it in silence to the most naked path - to the blackness of a time that is making in the space my feet have trampled an extremely slow promised land. I Vedo dal buio come dal più radioso dei balconi. Il corpo è la scure: si abbatte sulla luce scostandola in silenzio fino al varco più nudo –al nero di un tempo che compone nello spazio battuto dai miei piedi una terra lentissima - promessa III To find the reason in a verb because it really isn't time yet and we don't know whether to come running or to flee. You fall like a December evening over the boxes lifted on the wedge of removal you give form to the darkness as food flares out on the wall. These are the nights of western peace in their rays the anguish of biographies flies the dark grapes of portraits, the scrolls of names. Another stillness defends us from the side like a sea weight in jute folded over time, with desperation.
III
Per trovare la ragione di un verbo perché ancora davvero non é tempo e non sappiamo se accorrere o fuggire. Fai sera come fosse dicembre sulle casse innalzate sul cuneo del trasloco dai forma al buio mentre il cibo s’infiamma alla parete. Queste sono le notti di pace occidentale nei loro raggi vola l'angustia delle biografie gli acini scuri dei ritratti, i cartigli dei nomi. Ci difende di lato un'altra quiete come un peso marino nella iuta piegato a lungo, con disperazione.
XIII for Nathan Zach Even these are lines of war written while it rages, not far away, not close by and we sit at an odd angle around a lamp-lit table as they deck the doorways with palms even this is a song unto God that He may lower His gaze upon us worms and trample on us loved and unloved ones alike. Not a truce - a gift for this lightning-struck land.
XIII a Nathan Zach Anche questi sono versi di guerra Composti mentre infuria, non lontano, non vicino Seduti di sghembo a un tavolo rischiarato da lumi Mentre cingono le porte di palme Anche questo è un canto verso Dio Che chini lo sguardo sui suoi vermi e ci travolga Amati e non amati. Non una tregua - un dono Per questa terra folgorata.
p. 37 Sit in front of the window look, but accept desperation: there is truth in the moon that shines though it does not rise shield-like against pain it translates itself - as I have just translated from the open facing the wall - it simply links the desk to thought in a wait that burns, but does not explain and it torments every page in the air with fir tree music, hostile lights. |
Post n°165 pubblicato il 21 Febbraio 2011 da raccontiitaliani
Before supper, before the lamps warm the beds and the tree’ foliage absorbs the dark and the night’s abandoned. In the curtailed space of dusk whole season pass by unrecognized. Then the sky’s freighted with clouds and air-currents drum at brambles and stumps. A storm shadow beast against the window panes. Waters drenches the shrubs and the animals stagger over wet leaves. Pine shadows fall on the paving stones; the water’s frozen –forest water. Time stays, disperses. Suddenly in the sollemn quiet of the avenues, in the hollow fountains, in the pavilions lit up all night, the hospital has the blaze of a St Petersburg winter residence. There’ll be a worse nightmare half-closed between the day’s leaves which will slam no door and the nails hammered home when life began will hardly bend. There’ll be an assassin stretched out in the gallery, his face between the sheets, the weapon at one side Slowly the kitchen will open itself up without the crash of broken glass in the silence of a winter afernoon. There’ill be no bile or bitterness, just - for one moment- the crockery will loom with a marine splendour. Then will be the time to draw near, pheraps to climb up there where the future narrows to a shelf packet with jars, to the cramped flight of the goose with the melancholy of a night-time skater who knows how in the moment the body aligns itself with the ice so as to turn away and go.
da Residenze invernali III Prima di cena, prima che le lampade scaldino i letti e il fogliame degli alberi sia verde-buio e la notte deserta. Nel breve spazio del crepuscolo passano intere sconosciute stagioni; allora il cielo si carica di nubi, di correnti che sollevano ceppi e rovi. Contro i vetri della finestra batte l’ombra di una misteriosa bufera. L’acqua rovescia i cespugli, le bestie barcollano sulle foglie bagnate. L’ombra dei pini si abbatte sui pavimenti; l’acqua è gelata, di foresta: Il tempo sosta, dilegua. Di colpo, nella quiete solenne dei viali, nel vuoto delle fontane, nei padiglioni illuminati per tutta la notte, l'ospedale ha lo sfolgorio di una pietroburghese residenza invernale. Ci sarà un incubo peggiore socchiuso tra i fogli dei giorni non sbatterà nessuna porta e i chiodi piantati all’inizio della vita si piegheranno appena. Ci sarà un assassino disteso sul ballatoio il viso tra le lenzuola, l’arma posata di lato. Lentamente si schiuderà la cucina senza fragore di vetri infranti, nel silenzio del pomeriggio invernale. Non sarà l’amarezza, né il rancore, solo per un attimo le stoviglie si faranno immense di splendore marino. Allora occorrerà avvicinarsi, forse salire là dove il futuro si restringe alla mensola fitta di vasi all’aria rovesciata del cortile al volo senza slargo dell’oca, con la malinconia del pattinatore notturno che a un tratto conosce il verso del corpo e del ghiaccio voltarsi appena, andare
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Post n°164 pubblicato il 21 Febbraio 2011 da raccontiitaliani
p.37 Siedi davanti alla finestra Guarda, ma accetta la disperazione: c’è verità nella luna che sale eppure non si alza a scudo sul dolore si traduce – come ho appena tradotto il libro aperto verso il muro – semplicemente unisce il tavolo al pensiero in un’attesa che arde ma non spiega e tormenta ogni foglio dentro l’aria con musica di abeti, luci ostili.
In Revistatlàntica Poesìa. 15 Nueve poetas italianas de hoy In La poesìa italiana de los anos 70 a nuestros dìas Introducciòn, seleccìon y traducciòn de Emilio Coco
1998 ( da Notti di pace occidentale) ( traduz. in spagnolo di Emilio Coco) Y ahora es tan sòlo la lluvia que benedice a la calle y en el agua Que tiembla casi una luz redimida que seguir. Serà una pequena distancia desde ef fulgor. Desde el horno se levanta la comida Hasta las nubes oscuras, todo apenas distinto de la vida de siempre: una diferencia en el gesto que deposita platos para la noche una luz en la grieta de la pared entreabierta hacia tierras de paz. Fuego de cidro por los bordes del campo. Asì veremos los rostros de los ausentes Las iniciales de los nombres que arrasan los lapilli. Ningùn dolor sinon el movimiento de las manos Alejando el humo. Y noche entre la noche, una rendija. (da Notti di pace occidentale) 1998 Ora è solo pioggia che benedice la strada e nell'acqua che trema quasi una luce redenta da seguire. Sarà una piccola distanza dal fulgore. Dal forno dove il cibo si innalza alle nuvole brune tutto appena diverso dalla vita di sempre: uno scarto nel gesto che depone i piatti per la sera una luce nella crepa del muro schiusa verso terre di pace. Fuoco di cedro lungo i bordi del campo. Così vedremo i volti degli assenti le iniziali dei nomi travolte dai lapilli nessun dolore ma il moto delle mani che allontanano il fumo e notte tra la notte: una fessura.
Da Notti di pace occidentale (traduzione. in svedese di Ingamaj Beck) ( Festival di Nassjio, agosto 1998) Sofia, 19,11,1993 Som det är just nu, olivträdet intill balkongen vinden som omvandlar molnen. Bortom seklet på kvällarna som kommer när varken du eller jag finns till när åren kommer att vara grenar som stöttar något meningslöst på kvällarna när andra tittar på varanda som just nu i drömmen, i mörkret som vulkanska avgjutnigar, konkava i vit aska. Jag viker lakanet, släcker det sista ljuset. Jag låter din tinning vila lätt mot kudden sa natten ka knäböja vid din snabba novembermånad
da Notti di pace occidentale a Sofia, 19,11,1993 Davvero come adesso, l'ulivo sul balcone il vento che trasmuta le nubi. Oltre il secolo nelle sere a venire quando né tu né io ci saremo quando gli anni saranno rami per spingere qualcosa senza meta nelle sere in cui altri si guarderanno come oggi nel sonno - nel buio come calchi di vulcano curvi nella cenere bianca. Piego il lenzuolo, spengo l'ultima luce. Lascio che le tue tempie battano piano le coperte che si genufletta la notte sul tuo veloce novembre. |
Post n°163 pubblicato il 21 Febbraio 2011 da raccontiitaliani
da Notti di pace occidentale (traduzione tedesca) XIV Gesegnet bist du auf Abstand die unschuldigste unter den entfernten Dingen Tischnische und Apfel eine Kugel, eine Fläche und gegen die hohe Feuerflamme beide Formen zusammen um die Helle eines Raumes hervorzuheben. Nichts fordert uns wirklich und doch näheren wir uns den Gegenständen als seien sie das Echo einer Stimme die arglose Meldung anderer Leben. Das schwarze Wasser, das Profil des Hundes zur Mole hin. Niemand darf sagen erinnere dich und wirklich so pfeifen wie damals aber wir sehen die drei Zimmer, das plötzliche Auffahren dessen, der noch lebte und auf einmal werfen die Schränke Ein Irrfeuer zurück, den undeutlichen Stern eines Gesichts. Nichts ist vollendet, noch ist nichts ernst. Es gibt nur den dumfen Laut eines jähen Kalks und diese Schreie zwischen Farnen, die die Rücken peitschen, Schreie, dab wir nicht verstehen, was den Verfolgten im Dunkeln zustößt. Bäume, Schläge, Böen gegen die Mauern Es genügt eine Geste: die brüske Bewegung eines Ellenbogens, die eine Kerze ausgehen läßt. Auf einmal werden wir zu dem, was vorher zitterte.
da Notti di pace occidentale XIV
Benedetta tu a distanza la più innocente tra le cose lontane nicchia di tavolo e mela una sfera un piano e contro l'alta fiamma del fuoco le due forme congiunte a scavare il nitore di un vano. Nulla in realtà ci chiama eppure ci accostiamo agli oggetti quasi fossero gli echi di una voce l'annuncio indifeso di altre vite. L'acqua nera, la sagoma del cane contro il molo. Nessuno può dirli ricordi e fischiare davvero come allora ma noi vediamo le tre stanze, lo scatto di chi ancora viveva e a un tratto gli armadi ci rimandano un fuoco errante la stella incerta di un viso. Nulla è compiuto nulla è ancora profondo. C'è solo il tonfo di una calce improvvisa e queste grida tra felci che sferzano le schiene grida che non capiamo come accade nel buio agli inseguiti. Alberi, corpi, folate contro i muri. Basta un gesto: il rovescio di un gomito che spegne una candela. Di colpo diventiamo ciò che aveva tremato.
VI
Non esiste innocenza in questa lingua ascolta come si spezzano i discorsi come anche qui sia guerra diversa guerra ma guerra - in un tempo assetato. Per questo scrivo con riluttanza con pochi sterpi di frase stretti a una lingua usuale quella di cui dispongo per chiamare laggiù perfino il buio che scuote le campane. *** C'è una finestra nella notte con due sagome scure addormentate brune come gli uccelli il cui corpo indietreggia contro il cielo. Scrivo con pazienza all'eternità non credo la lentezza mi viene dal silenzio e da una libertà - invisibile - che il Continente non conosce l'isola di un pensiero che mi spinge a restringere il tempo a dargli spazio inventando per quella lingua il suo deserto.
La parola si spacca come legno come un legno crepita di lato per metà fuoco per metà abbandono. |
Inviato da: chiaracarboni90
il 31/05/2011 alle 11:36