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Post n°132 pubblicato il 09 Febbraio 2011 da raccontiitaliani
El Conquistador Ecco: è già notte di GalaDegli ultimi anni solìi!Ressa d'angeli ornati / Rissa soffice d'ali -...Da' veli che grondano affanni...Dall'ima Platea per PlaudireLa "pièce" di Paura & Desire -Se Orchestra di suoi spasmi espiraceleste Armonica di Sfere - o Musica di Mille Lire! Mimi: Maschere del Dio: nell'AltoBiasciando la chioccia voce bassa -Svolacchiano entropica mobile massa -Non più che fantocci, che vengono e vannoDerive di vaste d'informi / deformi cose La scena trasmutano da un lato e dall'altro(inconsolate: erose)Scotendo lor ali di Condor cospargonoPene invisibili & ascoso Affanno Pinte, accozzate, teatrali Pose! - Mélo cangiante! NullaSarà per voi scordato:Il Fantasma fantoccio che la FollaRincorre senza mica afferrarlo -Al mezzo d'un cerchio che sempre ritorna al-Lo stesso centro del Sé - e la FolliaChe è molta, e ancor più è il Peccato - E Orrore che anima/muta la fola! E' Orrore che smuove la mota Che traccia la rotta Che sfolla dal Cerchio Che sfalsa i contorni! Orrore dei fondali adorni Orrore dei miei cupi giorni Del Sole Nero de l'Etterno Rullo! - Mira! - nel mezzo di mimica rissa (e lubrìca) Una forma s'intrude che striscia! e struscia! e si lombrìca!Sanguisuga la Cosa / Che si dimena & insinuaSul Deserto Sconcerto della Vuota Scena! -Si torce! - e contorce! - di morte gli spasimi- Fatti suo pasto i mimi -Ed alle zanne bèstie singhiozzano i serafiniPregne di sangue a grumi, globuli a bocconcini - A litri l'infiasca tra Spire Ritorte:S'intrude alla Tresca di Forme già Morte: Si spengono le luci - s'accendono le fauciE sul Brivido d'ogni Forma, cascaIl sipario - funebre trama, & funesta - che tomba - insomma -Giù a rombo di tempesta - che rumba, che affondaChe gli angeli pallidi esausti che gli angeli rauchi Levandosi Esponendosi alla Persa Vista, ANNUNCIANO: Che "UOMO" ha nome la Tragica Farsa,E VERME è il suo Eroe, il Verme, sì, il Verme - "E' il VERME che CONQUISTA!!" (1994) |
Post n°131 pubblicato il 09 Febbraio 2011 da raccontiitaliani
da Elegia Sanremese (Bompiani 1998): versi-chincaglierie riscavano la mentein cunicoli lunghi da non dire rovista un poco, e tira le tue liregettonali rigirami più inverso * sai per sai per sai perché mi piaciè per i 24e quattro mila baciche t'ho datiflautati acuminatida plastica e da stoffasoffocati,cioè dico in carne ed ossa, nella fossache più non ti darò giaci giaci giaci sull'asfaltoil sangue ancora caldom'estingue sul tuo corpoquando cado(vertigo!!)e a picco dal tuo corpo traggo il colpopiù sordoche in te mi affonderò giù per giù per giù perquesta stradasterrata inerpicatascialbata mai palpata, dolorosadel mio orroretremore &bugie meravigliose,vedrò quel gatto nero che volevoe non tenevoe che da te non ho così che poi aspettando,e tanto così tanto,e manco con sgomento,crudele quel dondon delle sirene deltormento,che adesso viene qua,adesso viene qua, adesso vienemo proprio che son stanco, che mi svengo, ioti sento-o, ti sento * frusciano qui creature dal midollopese suonando sotto della testaanime in lotta in mezzo al capo e al collobattono il campanello della festachiedono a me dov'è che sta il controllo ragionano profonde nella nottetutti soppesano i diritti e i torticantan canzoni con ignoti accordie sulle ossa il tempo a suon di botte * matto, matto, mattomi tira, il cuore, a strappo rotto, guarda, sottola pelle, il cuore, un botto forte, proprio, fortes'eietta, il cuore, e parte sbatte, e gira, battel'idea, che il derma stacca che quindi sbandase il cuore spacca che lenta spacca(il contatto) si stacca: * c'è un motivo che mi sbatte nella testa,e non se ne va è qualcosa che attaccatipo la lacca, e rimane là tutto un senso di noiadentro la gola - è la felicità, questa qua? oppure è il malessereche mi succhia dal plesso, cioè andando giusto dalla testa, quandofinita è la festa, la festa che tutti se ne vanno tutto fuma nella mente, con la rabbiache stagna sulle cose: e restaa recidere l'aria lo strazio funerarioche trivella il mio cranio in tempesta, scompareogni tracciadel senso, la musicasfuma, se pesta, da ossessa, il pensiero,il pensiero, è in bonaccia * cioè: pensa al tuo stato mineralea queste pietre come fanno malealla tua zolla molla così mollapensa che preme quello che risale pensa al tuo seme come sa di salealle pietre che si piantano sul fianco,nel tuo fango, qualunque cosa fai,dovunque, se ti stai,sarà così, vedrai,alla ruspa che affonda per lo sbanco:così che tu sarai così molle; così stanco * forse un bel giorno basta, andare viatrovarsi in faccia il tutto come un nien-te: e poi tuffarsi e non riemergere - o sci-volare, via, la mente, dalla riaresistenza del Corpo, che ci tiene (del Tempo, che ci perde)forse un bel giorno uscirsene dal giorno, viadall'arpa canora che sul vento ci sfiora(sulle ali del vento, spezzate dal vento,in questo momento) adesso che sentol'inanità del tempo, che implorad'abbarbicarsi limaccioso all'ente - e non saper tenersi neanche un pocoquando la muffa scappa dalle unghieche lievita le unghie dalla rumbami lievita, dunque, dall'unghie spuntandosim'allevia - io sciolgo l'arsura sonora, per direciao mentre scivolociao mentre scivolo, ciao |
Post n°130 pubblicato il 09 Febbraio 2011 da raccontiitaliani
Luci sull'asfalto io che cammino parallelamenteacclimatata imago a questo vetroluce la notte già fusa sul retrodell'afflosciarsi mio nebbioso,mentre, negli occhi, battono fanalila mente si consuma a farsi asfaltod'onda scoccata rasa arco è lo sguardo che mi riassorbe alla mia posa, radio,io, che rilascio in macchia la mia immaginecioè che risuono al fondo del comburiodi metallica dimora più segretomotore che m'assimila al suo faro,fuoco, ioche mi partivo dalla strada drittaverso motels a coltivare insonniediviso basta adesso questo suonoa non distrarmi mai dal giusto corso,ora che luce mi trapassa fittada parte a parte trapanando il vetrocioè mi perfora dentro dal mio verso,ora che sono il fuoco della lucedi questa luce ardo che in me versocosì che a questa luce ora mi saldo, io che di me mi sfaldo, che mi sfaldo: (1997) Hotel Jugoslavia (i.e.: Nintendo War)da Hotel California by the Eagles ...Spesso cielo d'asfalto, s'arroventa negli occhiVento grasso di fuochi, su dall'aria che danzaE' una lama di luce, scava qui la distanzaLa mia testa è bitume, dal pulsante si sgancia... Vita, scarica, in frantumi. La testata, si sgancia... ...Giù, a siluro, da Aviano: qui, all'Hotel Jugoslavia. ...Lei che in piedi sulla soglia, resta immota e mi fa cennoChe mi dice, - tu lo sai, che ogni cielo è ogni inferno, -Poi accendendosi candele, che non capisco come La sirena va in fusione, grida E' Umana Missione... Che noi intrude Missione. Impossibile Missione. ...E' un incendio, la notte. Qui, all'Hotel Jugoslavia. ...Suoni in fondo al corridoio, ricomponendo un coroda smembrati cortei, metallici salmodianoGiù da una sala giochi, d'inabissato hotelSpingi forte sul joystick, che passerai il livello... Ogni vita esaurita, risettando, rinsangua... ...Questo è il rogo. Nintendo. Dall'Hotel Jugoslavia. Specchi invertono il soffitto, alcool spuma dai cubettiE mi trovo cablato nei miei stessi congegniSulla Hall Jugoslavia, dalla palude emersaLa simulo e non posso più ammazzare la bestia Sull'Hotel Jugoslavia, negli scrocchi della festaScaricando i miei alibi, per cumular tempestaBenvenuto all'Hotel, al livello finaleSpara quanto ti pare, mai lo potrai lasciare (1999) |
Post n°129 pubblicato il 09 Febbraio 2011 da raccontiitaliani
Cucina (a New Haven) tu rovinosa quiete quotidianascoscesa in palpebra, l'orbita spalancalo sbattere di ciglia sulla troncafrana delle attese: e l'ora allarga, allaga dalla quiete sospesa dell'istante di questa quiete, ombra tu ti stagli di stracca quiete lunga meridiana la casa si spalanca, la palpebra è deserto delle insonnie deglutite in un bocconedelle ansie vomitate nel tepored'un mezzo pollo crudo a ricavarne cavarne fuori spazi, vertigini di spazi, evìsceri vertigini già pronte alla cottura inforna queste fami nella dura quiete vorace uscio del tuo cedere cedere al polso del televisorebattito cuore in gola in un bocconecedere spazio, fame nel pallore cuore (di panna!) dentro cui t'assorbelo spazio no la sola sua memoriala sete no la sola algida sferache ti assale, la sera, se sei solo ... e tu disarmi - il cibo: ilcibo, lo spazio, la fame, il cibodi fame il boccone ingoiato e spu-tatoe via - io dove qui a disfarmisfarmi al trangugiarmi pregno delle immaginiargini cuore-di-panna fame delle immaginie la soda; sprizzata; e poi il clangoredi pluto freddie mickey, splatt, la notte le cauchemar le cocce schizze il conoil corno della notte rizzo sulmargine questo margine di margine di (sùccuba, ìncuba) d'incubatanottela nottedi sodasi muoreda solidi sodasi muoredi televisore ... buio,buio tubo a picco, a bocconi, bulbostarnazza ombre dal buio, dal tubodal cibo dal limo dal fondo deltubo, e dal sonno, e dagli occhi del sonnoe dalla mente esausta che stramazza viscere versa di fuori collassaincubi aeròfagi dalla soda al cono altubo buco bulbo, falboda cui si sversa si sfarina il suono ... la luce ... la menteallorail bulbodicola buca: la quiete: buio dico buiotubo dico tubobuco la mente dal bulbo alle valvolealle ibernate fughe, (dico), buie, succose super-ghiotte ai romitaggi frigo-rìferi: (1991) Colla c'è sempre qualcosa che tiene attaccatoc'è sempre una colla che tiene distrattoun filo tra i denti che incide lo strappotra il tempo che vedi e il tempo del tatto c'è sempre qualcosa che lega il tuo lato c'è sempre qualcosa che lega al tuo latoqualcosa che lega dispone il tuo statos'attacca alla bocca dal sonno ti stacca qualcosa che ti si lega al lato qualcosa che ti si lega al lato qualcosa che ti si lega al lato qualcosa che attacca su te la tua stasi (1989) |
Post n°128 pubblicato il 09 Febbraio 2011 da raccontiitaliani
mina d'angelo Angelo mio, che te ne stai tranquilloAngelo di alcun Dio Angelo Latte, di cosa sei fattoAngelo, dalle Fratte Angelo, incassa Angelo che sfasciAngelo, adesso, Gratta Angelo che vinci Angeloche t'avvinghi che mi triti (che sfumi, mini), sfrangia il tuo gelo, mischi che Angelo (1999) Memorie persiane per Mario Persico strappa velo estro disinnesca polveridal bulbo della testa innesta lampispenti niente ricordi niente zoneluccicanti ma solo lame, lacci su giù che vanno volano le corneela bascula di vertebre rilasciaondate elastiche animelle d'ombrepoi serpi mi trivellano la faccia un condominio dentro che si muoveorgani e vani dalla mente flaccidaondeggia l'armatura di cartonee cuore e milza l'omicidio irraggia cose io ho visto da stamparmi d'ormeincancellabili dovunque. acquasolcata, le tracce che all'abisso tornanodi orche in rotta su un gorgo di naufragi infibulate dita, veli, formeche desiderio inerpicano, bracciaflottando in lotta, io che tiro aste, corde,e i chador che in memoria mi si slacciano parati di damasco. intime sporeda masticarmi. sola. avvolta in fasce,dalla testa una mummia mi si srotola.poi vola in faccia ad una luna rancida ché c'è un rinchiuso spirito che domae strugge e arde la tigre che mi mangiaschiocca la frusta dritto sull'embrionese quello parassita la mia pancia formicolìo degli organi e lì intornole retrattili pelli si schiamazzanopose e richiami da un profondo pornofantasime che provano a chiavarsi gira la mano dall'interno cornoquesta lingua di vento che si orgasmami tira a pera dentro del suo conomi solarizza al fuoco della danza i meccanismi rotti quando crollanod'una folla di pezzi che collassa:congegni morti per la gola rollanoil tetris dei residui qui in bonaccia (1999) |
Inviato da: chiaracarboni90
il 31/05/2011 alle 11:36