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La mitezza dello sguardo

Post n°34 pubblicato il 17 Gennaio 2018 da elenavarriale1

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“La tenerezza” ha scritto Roland Barthes“non è solo bisogno di tenerezza, ma anche bisogno di essere tenero con l’altro: noi ci rinchiudiamo in una bontà vicendevole, ci maternizziamo reciprocamente; risaliamo alla radice di ogni relazione, là dove bisogno e desiderio si congiungono.” La tenerezza dunque non è solo ricevere, ma anche e soprattutto saper donare comprensione, saper essere gentili con gli altri.

 

La tenerezza si fa sinonimo di commozione, d’empatia, di disponibilità. E’ la gentilezza che si fa scelta di vita, come per il poeta CiroTremolaterra che nella sua ultima silloge Amorevolezza, Iod Edizioni, 2017 scrive: “Stamattina/sembri il bello delle cose, la dolcezza/la semplicità.”

 

Il verso avvolge, carezza il lettore: è discreto, naturale, sa andare al nocciolo delle emozioni perché nasce da un silenzio leggero, ovattato come le nuvole. Un silenzio in cui il poeta sente ilvento che carezza le foglie, l’albero che protegge, l’intesa che non ha bisogno di parole: “e io ricordo un’altra volta,quando/lei mi sorrise mesta e non voleva/che me ne andassi (triste); disse solo: /“Torniamo indietro, al silenzio”/e mi ascoltò di nuovo.”

 

Il silenzio di Tremolaterra non afferra bui, densità scure o demoni. Il suo è un silenzio senza gravitazione, trasparente e libero. Un silenzio che ispira e infonde poesia, che le dà vita ed energia, significato e forma, senza però mai dimenticare i punti fermi del cuore e della ragione. 

 

Il libro inizia con le poesie: “C’è tanta vita fuori, tanta vita” e “Insegnami”.L’incipit è chiaro, essenziale: è una dichiarazione d’amore per la vita, dono  originario, meraviglioso, da non sprecare: cerchiamo di salvarla/come possiamo, con tutto noi stessi.  Ma anche la consapevolezza del dubbio, il bisogno viscerale della libertà che si fa inno: “Insegnami a discutere ogni insegnamento”.

 

Vita e libertà sono quindi la premessa necessaria su cui poter tessere la tela delicata dell’amore, quell’ amorevolezza appunto, che intercetta, proietta e diffonde tenerezze vissute o solo auspicate. Nella chiusa di Incontri il nostro scrive, quasi come se regalasse un fiore: per questo ho cercato ogni volta/di non fare ritardo.”  O ancora, nella poesia Cara quando scrive: e poi ci siamo detti tante cose/trovando accordo comprensione spesso/diventando le voci familiari.

 

Il suo è un amore che non smette mai di essere leggero come un sogno, anche quando si fa attesa rarefatta, incompiuta, quasi in rapida dissolvenza:”Non so cambiare/questo giorno, solo/aspetto il giorno/in cui verrai/il mio tempo sono i versi/e c’è appena una meridiana/stanca,/ confusadal sole./Tu sei un’ora ignota.”

 

Ma è il distacco dalla madre che pulsa neiversi di questo libro, la sua anima.  Honoréde Balzac ha scritto “Il cuore di una madre è un abisso in fondoal quale si trova sempre un perdono.” Una madre è l’abbraccio che accoglie, la carezza che consola, il respiro che dice, il sorriso che perdona. La madre è il ventre che genera, accompagna e lascia. La madre è il nostro inizio, il presagio inevitabile della nostra fine. E qui il figlio e il poeta fanno iconti con la morte, con il dolore che trafigge e ferisce la carne, col silenzio che nulla riempie e con il vuoto impalpabile dell’assenza che soltanto iricordi possono provare a riempire. Nella poesia La meraviglia scrive: “come del vento mi meravigliavo, /bambino, ti chiedevo “spiegazione”,/così del vento e di tutte le cose.”

L’assenza punge, graffia, si fa paura. E’ come un porto senza faro, una nave senza bussola, il buio che non conosce l’alba,l’adulto che si fa bambino: “ a proteggermi eri tu/come mi protegge ora/questo cielo nuvoloso,/anche negli ultimi giorni/a proteggermi eri tu.”

 

Una tenerezza che accompagna tutta la raccolta e le dona freschezza e naturalezza, con versi limpidi, ma di un candore senza ingenuità, come nella sua richiesta d’aiuto agli alberi: “Vicino a voi mi sentorilassato/perché non devo essere per altri.”

La sua è una poetica della trasparenza che sa scavare nell’animo umano, senza ferire: la levità del verso è la conseguenza di questa mitezza dello sguardo che osserva e racconta, libero da pregiudizi e da inutili o pesanti orpelli retorici. Nei versi di Tremolaterra, si respira la consapevolezza dello scopo: “qualche volta; vi chiedo aiuto in questo:/continuare con dolcezza a vivere.”

 

  Elena Varriale

 

 

 

 

 
 
 
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