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Salviamo il corallo

Post n°1209 pubblicato il 10 Maggio 2006 da rigitans


da www.verdi.it :

La specie del Mediterraneo è a rischio. Ogni anno se ne pescano 70 tonnellate. Troppe per l'Unep. Decine di anni per la ricrescita

Anche se il prelievo negli ultimi dieci anni è dimezzato, il corallo rosso del Mediterraneo non se la passa bene. A chiedere attenzione è un pool di ricercatori dell’Unep riunito a Tabarka, in Tunisia per discutere come proteggere meglio questa specie di vegetazione marina, che in Italia si trova nei parchi blu di Capo Caccia in Sardegna, nell'Arcipelago Toscano e a Portofino in Liguria.

Ogni anno nel Mediterraneo si pescano 70 tonnellate di corallo rosso, una quantità tuttora elevata. A contenere il prelievo selvaggio negli ultimi anni hanno contribuito leggi internazionali e nazionali e anche la rete delle aree marine protette.

A rappresentare una minaccia sono però ancora in primo luogo la pesca clandestina, esercitata con strumenti distruttivi come la croce di Sant’Andrea (una sorta di croce di legno, e più recentemente di acciaio, che "ara" i fondali) o direttamente dai sub, ma anche l'inquinamento e il cambiamento climatico che innalza la temperatura delle acque marine.

Le popolazioni maggiormente conosciute e sfruttate di corallo si trovano lungo le coste, hanno spiegato gli esperti. "La specie non rientra nella lista rossa della conservazione – dice il direttore del Centro per la biodiversità dell'Unep/Map a Tunisi, Abdel Rahmen Gannoun -. Ma il suo alto valore economico o anche semplicemente il fascino che esercita sui sub amatoriali hanno provocato una situazione di supersfruttamento nei fondali più bassi, fino a provocarne la totale scomparsa in alcune zone", come ad esempio nella stessa area di Tabarka e lungo le adiacenti coste algerine.

Le colonie di corallo crescono a ritmi lentissimi
: per raggiungere un centimetro di diametro un ramo impiega 40-50 anni; ne occorrono 20 in media, comunque, per crescere in altezza di 4 centimetri.

In questo momento, paradossalmente sono soprattutto le aree marine protette a essere entrate nel mirino dei ladri di corallo, visto che al di fuori delle zone tutelate la pesca illegale è molto più difficile perché il corallo si trova ormai a profondità difficilmente raggiungibili per un sub dilettante.

Gli alti fondali sono minacciati dal prelievo illegale come dalla pesca a strascico sottocosta (anch'essa regolamentata e proibita in molti paesi mediterranei tra cui l'Italia), ma - come hanno rilevato i ricercatori durante l'incontro - anche il turismo "di rapina" rappresenta un problema. Capita spesso infatti che arnesi per la pesca illegale vengano trovati e sequestrati a bordo di imbarcazioni da diporto.

 
 
 
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