Creato da fotografo_nudo il 12/05/2006
Fotografie, testimonianze umane e storiche dal passato e dal presente...

Area personale

 

Archivio messaggi

 
 << Luglio 2024 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
1 2 3 4 5 6 7
8 9 10 11 12 13 14
15 16 17 18 19 20 21
22 23 24 25 26 27 28
29 30 31        
 
 

Cerca in questo Blog

  Trova
 

FACEBOOK

 
 

Ultime visite al Blog

rosariosassofrancescoclaudio81mtironsrlmodernist.storeg.cavallo88underspeederri.erriultras.gccoppia_irregolare2lefty11venturella.domenicococampolmgcomputerettore_candeonennella72
 

Chi può scrivere sul blog

Solo l'autore può pubblicare messaggi in questo Blog e tutti gli utenti registrati possono pubblicare commenti.
 
RSS (Really simple syndication) Feed Atom
 
 

 

« Gli eroi di New York.La macchia umana. »

Ricordare e dimenticare.

Post n°18 pubblicato il 12 Maggio 2006 da fotografo_nudo

Intervista a Remo Bodei.

Dinanzi a mutamenti improvvisi di regime politico, milioni di uomini sembrano, non solo dimenticare un parte consistente della loro storia, ma trasformarla. Perché accade tutto ciò? Per semplice opportunismo oppure perché la memoria è intrinsecamente fragile e i ricordi sono esposti alla mutilazione e alla cancellazione? Se gettiamo uno sguardo sul passato, vedremo, non senza un sentimento di malinconia, come l'oblio sembri dovunque vittorioso. Il passato è pieno di rovine, non solo di edifici e di città, ma anche di ideologie e di religioni ripudiate, di lingue morte, di esistenze, che di sé non hanno lasciato alcuna traccia, o soltanto segni sbiaditi e indecifrabili. L'oblio del proprio passato modifica l'identità di un individuo o di un popolo, in quanto essa è plasmata non solo dal patrimonio di memorie ereditato, ma anche da quanto si dimentica o si è obbligati a dimenticare. Per comprendere il problema iniziale, bisognerebbe capovolgere la domanda, ossia non domandarsi tanto perché, a livello collettivo, si dimentica, ma perché si ricorda. Si vedrà allora che la memoria pubblica di una nazione è incessantemente promossa da forme di ricordare in comune, da commemorazioni appunto: festività civili e religiose, stesura di libri di testo di storia, diffusione della lingua. Quando un regime cade o per qualsiasi ragione anche fisica, come nel caso di un terremoto o di una invasione straniera, i vecchi criteri con cui si selezionavano le cose da ricordare e da dimenticare, non valgono più. Si scopre allora che la memoria è un campo di battaglia, in cui si lotta per la conquista del passato. Con una specie di oblio verticale, i cristiani costruiscono così le loro chiese, proprio sopra i templi pagani, o coloro, che sono stati considerati traditori, vengono in seguito riabilitati. Il fatto è che memoria e oblio sono inscindibili nel loro avvinghiarsi e che noi abbiamo, in diversa misura, bisogno di entrambi per vivere, in quanto siamo degli emigranti nel tempo, che si servono del ricordo del passato, per andare verso il futuro ignoto, così come gli emigranti, per rendere meno duro l'impatto in terra sconosciuta, chiamavano le nuove città con il nome di quelle vecchie. Sapevano che non erano le stesse, ma in tal modo il transito verso il nuovo era più semplice.

Ho cercato su Internet un po' di cose riguardo alla memoria collettiva e ho trovato un sito che si propone di cercare di ricordare alcuni avvenimenti riguardo Auschwitz e le Fosse Ardeatine. Su Auschwitz, parte parlando del testo di Primo levi Se questo è un uomo, scrive: "Sorgono allora delle domande: perché dobbiamo ricordare e che cosa dobbiamo ricordare? Bisogna ricordare il male nelle sue estreme efferatezze e conoscerlo bene, anche quando si presenta in forme apparentemente innocue. Quando si pensa che uno straniero o uno diverso da noi è un nemico, si pogono le premesse di un catena, al cui termine - scrive Levi - c'è il lager, il campo di sterminio". Poi, dopo, questo sito espone vari percorsi, partendo da delle immagini, ad esempio questa: vi è l'introduzione del testo, del testo di Primo Levi. Andando indietro, ad esempio, qua parla se è giusto che, prima di morire, questa gente abbia cercato di combattere fino in fondo, abbia dato tutto addirittura. Prima di morire queste madri hanno dato da mangiare ai loro bambini, anche se ovviamente questo era inutile, in quanto dopo sarebbero stati uccisi. E io mi chiedevo se questi, questi mezzi di comunicazione possono servire veramente a far riscoprire e a far ricordare delle grandi tragedie come quella di Auschwitz oppure se bisogna ancora utilizzare i vecchi metodi come i libri e la storia, se questi modi moderni coi computer possono essere utili o no.

Io credo che tutte le strade sono buone. Il computer ha questo vantaggio, che ci fa accedere a intere biblioteche e non pesa niente. Non c'è il problema dei vostri zaini pesanti. Il punto che lei ricorda, cioè quello di Auschwitz, oggi è discusso, nel senso che si cerca un contrappeso. C'è stato l'orrore nazista dei campi e ci sono stati i gulag sovietici, oppure in Italia ci sono state le Fosse Ardeatine. Ora questo modo di fare barca pari a me non piace, non perché questi eventi non siano successi, ma perché la somma degli orrori non è che ci concilia, dicendo che tutto è male. Noi dobbiamo ricordare con pari dignità tutti gli orrori e tutte le vittime di questo secolo, però nello stesso tempo dobbiamo tenere divise le nostre memorie. Non c'è niente di male nelle memorie divise: cioè, l'abbracciarsi di un popolo, perché questo popolo ha sofferto come il popolo italiano, e ha sofferto da diverse parti storiche, può essere una specie di consolazione. Ma non si capisce la storia se si equiparano fenomeni completamente diversi. Ripeto: resta l'orrore e deve restare presente al nostro animo quello che Primo Levi ha detto, a proposito dei campi di concentramento, che c'è una zona grigia, cioè che c'è una parte del nostro animo o degli atteggiamenti collettivi che cerca di sfuggire alle responsabilità, di tenere basso il profilo. Così durante le guerre civili o durante i momenti in cui è necessario prendere posizione, c'è gente che, come dire, fa al pari degli struzzi, mette la testa per terra e dimentica. Bisognerebbe tirar fuori la testa dalla sabbia e guardare bene cosa succede.

Secondo Lei non c'è il rischio che la memoria storica finisca per costruire dei miti che in realtà non esistono?

La memoria storica contiene in sé la possibilità dei miti, ma contiene in sé anche l'antidoto, cioè, in fondo la storia è nata proprio contro le deformazioni della memoria. E' il concetto stesso di verità in greco, visto che siete in un liceo classico, alteseia - Lete è il fiume delle dimenticanza -, la memoria è il non dimenticare. La verità in Grecia coincideva inizialmente col non dimenticare quello che è successo. Erodoto scrive appunto la sua Storia per dire che vuol ricordare le gesta tanto dei Greci quanto dei Barbari. Soltanto che la storia, come potete vedere da quella stampa che rappresenta il Foro Romano, la nostra storia è piena di rovine. Sono più le lingue morte, le fedi ripudiate, le religioni e le forme politiche dimenticate di quanto non siano le lingue vive e le forme politiche e religiose esistenti. Quindi il mito è la possibilità, di tipo strumentale, che un certo gruppo si attribuisce per legittimarsi. Cioè io, ad esempio, se mi dichiaro discendente di un certo popolo, che è stato glorioso ai suoi tempi, posso crearmi un'identità. Ecco un esempio, fra i tanti, di miti: la processione che si fa, in occasione dell' incoronazione della regina, a Westminster, che uno pensa sia del Medioevo, in realtà è soltanto dell'Ottocento. Lo storico ha appunto il compito di distinguere quella che è la verità, nei limiti in cui è accertabile, da quelli che sono i miti, che possono essere miti molto pericolosi, come il mito, ad esempio, della razza ariana, che nobilitava tutti i tedeschi, faceva dimenticare i conflitti all'interno della nazione tedesca e poneva le basi per uno sterminio.

Professore, nonostante per noi ricordare sia soprattutto ricordare delle tragedie, secondo Lei la nostra cultura, al giorno d'oggi, invidia qualcosa al passato?

La nostra cultura invidia, come tutte le culture, qualcosa al passato, perché il presente senza il passato e senza la prospettiva del futuro sarebbe una ben misera cosa, diciamo uno strato molto sottile. Noi non dobbiamo confondere l'idea del presente con l'attimo fuggente. Il presente in fondo è una dimensione da cui non ci spostiamo mai. Mentre io parlo sono sempre nel presente come lo ero prima e mi ricordo di ciò che ho detto, probabilmente, e lo sarò anche dopo come anticipazione. Quindi in realtà il nostro presente è tridimensionale: cioè è il presente del presente, il presente del passato, in quanto ricordo, e il presente del futuro, in quanto attesa. Quindi ogni civiltà, diciamo, non considerando il presente come attimo fuggente, ma come il nostro orizzonte, vive dentro un passato, ma vive anche dentro le aspettazioni del futuro. Cioè noi non possiamo ridurre il presente alla piattezza bidimensionale, cioè il presente che ha bisogno di un passato. C'è, per così dire, un passato irredento, che è come una molla compressa. Il futuro che, appunto, è paradossalmente contenuto nel passato, nel senso che il passato ci spinge per realizzare qualche cosa. E' proprio come una molla compressa. Il futuro sta nel passato come la molla, quando ci teniamo le mani sopra, e, se noi la lascialmo andare, questi desideri del passato si proiettano verso il futuro. Detto in termini più semplici, noi non dobbiamo mai appiattire il tempo a una sola dimensione. La pienezza della nostra vita, la gioia anche, non soltanto la tragedia del passato, consiste nel rendere il passato fruttuoso per il nostro presente e nel considerarlo come "il sogno di una cosa", avrebbe detto Marx, come l'aspettativa racchiusa nel passato, che ci apre le porte verso il futuro. Noi dobbiamo, cioè, vivere il passato non come semplicemente un magazzino in cui i nostri ricordi stanno nel tempo. Noi passiamo continuamente dalla dimensione di ciò che è stato a quella di ciò che sarà. Abbiamo bisogno nello stesso tempo di memoria e di oblio, perché dobbiamo ricordare il passato, se no non avremo identità, e dimenticarlo, se no non avremo apertura al nuovo.

LEGGI L'INTERVISTA INTEGRALE

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 
La URL per il Trackback di questo messaggio è:
https://blog.libero.it/ritornoalfuturo/trackback.php?msg=1158498

I blog che hanno inviato un Trackback a questo messaggio:
 
Nessun Trackback
 
Commenti al Post:
lottergs
lottergs il 25/03/09 alle 09:21 via WEB
subpubic, acinus, cheap levitra wherry, data, buy levitra online microcirculation, nephralgia, buy levitra on line osteoponin, exconjugant, levitra buy polychromophil, aminoacetonitrile, buy cheap cialis without prescription shim, seroepidemiology, rx levitra epistatic, sula, levitra canadian pharmacy tubotympanic, mamelonated, levitra online no prescription parachromatosis, autoagglutinin, prescription drugs levitra refractivity, infraglenoid, soma online neostomy, protopectinase, discount levitra sardachate, pistillate, prices cheapest levitra msec, ambroxol, cheap generic levitra without prescription homalographic, hystrix, online levitra us mneme, tonitrophobia, generic levitra
(Rispondi)
Gli Ospiti sono gli utenti non iscritti alla Community di Libero.
 
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963