Il bianco e il nero
Le cose belle che ci sono e ci dovrebbero essere.
MA CHE CI POSSIAMO FA'?*
Ebbene sì. Noi vogliamo parlare dei massimi sistemi, sperimentando il senso etico, per l'interesse ed il piacere di chi ci sceglie, e offrire spunti, assorbire esperienza, tuffarci nell'intimismo filosofico della politica, semantica, glottologia, e altre arti rare e vanitose, per edificare arditi sistemi concettuali, per parlare come noi siamo. Per inveterata inclinazione alla curiosità.
Altre voltre, invece, no, solo per fare due chiacchiere tra noi stessi o altri spiriti, nel mare del mondo, lanciando ideali sassolini e osservando i cerchi. Lo facciamo da delicati, contemplativi, ipotetici, cauti, prudenti, leggeri, moderati, precisini, presenti, seri, ricercatori, pragmatici, diretti, appassionati, lirici, artisti, vistosi, umoristi, estrosi, estensivi, libertari, indefessi, incorreggibili, facinorosi, temerari sulle macchine volanti. Ma in fondo da piccoli volevamo fare gli aviatori, per vedere dall'alto i confini del mondo, e possibilmente con la testa in giù, e ci siamo invece trovati nell'hangar di una biblioteca, dentro ciò che non eravamo ancora. Ci hanno visto aggirarci tra le sale di un conservatorio, o scrutare le stelle al planetario, e in terza fila in tanti eventi. Per definire le cose più che noi stessi, con una bella colonna sonora, accettando il rischio d'essere visti per ciò che evitiamo di dire. Alcuni la chiamerebbero sovrastruttura, e altri ancora, rispettosamente, nostra natura, sapendo che, chi più chi meno, fra cent'anni non ci saremo più. Su questo canale trasmettiamo in bianco e nero, e riceviamo i colori.
*Questo blog accetta molto volentieri i Vostri commenti
Vi racconto un sogno: Ero al bar e, mentre leggo il giornale, racconto al barista un fatto di cronaca, con ampia dotazione d'acute osservazioni dirette al bene comune.
- "Vero! Vero, ma che ci possiamo fa'?", dice lui.
"Già, già...", balbetto io, e continuo a leggere. Apprendo dell'opinione di esperti del ramo, della volontà delle associazioni del settore, dello studio sui valori della nostra società, e sulle reazioni del popolo italiano. Giro pagina, e leggo una lettera di un uomo, in carne ed ossa, con nome e cognome, che narra il suo problema irrisolvibile della sua piccola vita. Guardo ancora il barista, gli lancio una sintesi della piccola storia, e chiedo: D. "Secondo te questo problema c'è l'hanno in molti? Ma non c'è soluzione"? - R: "Si, certo... ma che ci possiamo fa'?". Vi racconto di questo sogno, sperando di non farlo più.
Nella consapevolezza che a noi piacciono anche le anime ricche di acute osservazioni con l'estro letterario del piccolo scrivano fiorentino. Che ci volete fa'?
Castigat ridendo mores.
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[Paese che vai] - Chi è guercio ha pietà dei ciechi. (Proverbio arabo)
Post n°26 pubblicato il 01 Giugno 2009 da segreteria.slmz
Si premette. Il discorso è delicato. Tentiamo di impostare un ragionamento essenziale, e di esporlo in modo obiettivo. Primo concetto. L'istituto della non menzione nel certificato penale a richiesta di privati. Si definisce "beneficio della non menzione", il beneficio che il giudice penale può concedere al condannato, consistente nella non iscrizione della condanna sul certificato penale rilasciato a richiesta di privati, salvo che per motivi elettorali. Ha una finalità analoga a quella della riabilitazione, in quanto mira a favorire il ravvedimento del condannato mediante l'eliminazione di alcune conseguenze del reato, che compromettono o intralciano le sue possibilità di lavoro. La non menzione evita che la condanna sia resa nota ai privati (mentre è comunicata alle pubbliche autorità che dovessero richiedere la fedina penale del condannato). Secondo concetto. Il concetto di perdono e il suo funzionamento sul piano psicologico. Le relazioni interpersonali soddisfano i più profondi bisogni umani di affiliazione, ma sono anche la fonte di alcune tra le più dolorose ferite. Quando le offese prendono vita, emozioni negative come la rabbia e il risentimento sono reazioni piuttosto comuni che creano una potenziale rottura della relazione stessa (Fincham, Paleari & Regalia, 2000). A creare ulteriore disagio è l’esigenza naturale di rispondere, attraverso la vendetta, all’offesa subita, per riparare al diritto oltraggiato. Questo sentimento di vendetta può degenerare in rancore: non è più la semplice riparazione di un diritto violato che viene ricercata, ma il male che, in cambio del torto subito, si può arrecare all’offensore. Il rancore è una passione che, aggiunto alla sofferenza per l’offesa subita, ne accentua il carattere alienante (Scabini & Rossi, 2000). Un fattore significativo che può aiutare a far fronte in maniera adattiva alle inevitabili fratture relazionali quotidiane è la capacità di perdonare. L’inclinazione a perdonare ha importanti implicazioni non solo per il benessere delle relazioni, ma anche per il benessere personale. Il perdono si configura, quindi, come un mezzo che l’uomo ha a disposizione per salvaguardare un rapporto compromesso e per rispondere con fiducia e accettazione all’offesa e al dolore infertogli. Conclusione e definizione della questione. E' accettabile che l'ordinamento giuridico, attraverso l'istituto della non menzione, autorizzi che chi è stato condannato con sentenza definitiva possa ottenere il medesimo trattamento sociale di chi non ha mai avuto condanne? Visto il concetto di perdono sommariamente espresso, è più giusto che il perdono sia concesso dai singoli interlocutori del condannato, o e più giusto che lo stato, attraverso la non menzione, preveda casi che di fatto rimuovono la necessità del perdono individuale, poichè rimuovono l'informazione sul passato del condannato? E questo perdono legale, è veramente più utile per la riabilitazione del condannato, o invece sarebbe più utile, per la sua autostima e per il recupero del senso di appartenenza ad una comunità, che questi possa ottenere manifestazioni concrete e sincere di perdono da parte dei pochi o tanti che, conoscendo la verità del suo passato, realmente siano poi disposti a perdonarlo? Incidentalmente, siamo in periodo d'elezioni, perciò: è giusto che questo meccanismo della non menzione possa avvenire anche a riguardo di persone che decidono spontaneamente di candidarsi o di assumere funzioni rappresentative nelle formazioni politiche e nell'associazionismo finanziato da enti pubblici (non solo politico, non solo a suffragio universale) che sono normalmente dirette all'utilità comune? Sarebbe opportuno o no un maggior stimolo a favore della sincerità? Veramente non ci sono mezzi per contrastare gli effetti negativi della pubblicità sui trascorsi non onorevoli di una persona? E tali effetti negativi, sono più gravi delle conseguenze negative di un abuso della non menzione, quando la persona condannata non intende redimersi? E dato che la candidatura è un atto spontaneo, non sarebbe giusto aspettarsi che coloro che spontaneamente si candidano, altrettanto spontaneamente pubblichino i loro certificati penali, senza che qualcun'altro li debba chiedere di esibirli, dovendo anche spiegare per quali ragioni ritengono di meritare il perdono della comunità? Il quesito per noi è interessante, e non pretendiamo di aver esaurito il tema. Ci piaceva solamente solleticare il Vostro spirito. Ci scusiamo per le imperfezioni nell'approfondimento, dovute agli ovvi limiti di spazio e tempo. Disclaimer: Rispettiamo e ringraziamo gli eventuali autori le cui parole talvolta incolliamo dal web, e precisiamo che non vi sono da parte nostra fini commerciali, ma al contrario considerazione per le idee citate. Analogamente, sulle nostre produzioni concediamo licenza "Creative Commons", con l'ovvia riserva degli effettivi diritti di terzi. |
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