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Amedeo Modigliani a Roma, un ricordo

Post n°3 pubblicato il 11 Marzo 2006 da freefrench

Il primo incontro con Modì e le sue donne

 

 

A due giorni dall’apertura della mostra Amedeo Modigliani che Roma dedica a questo pittore geniale e disperato, morto prematuramente a trentasei anni, ricordo emozionata il nostro primo incontro. Un incontro folgorante come un colpo di fulmine. Una passione che arde da quarant'anni. A cinque anni mi trasferisco con la famiglia in un’elegante palazzina nel quartiere Coppedè, autentico gioiello dell’architettura Liberty della Capitale. L’atrio è accogliente e lussureggiante di felci rigogliose, di palme esotiche e di ficus dalle foglie lucidate a specchio. Il portiere indossa una livrea e saluta cortesemente con voce baritonale. Un soffice tappeto blu zaffiro è steso sul corridoio fino al pianerottolo dove, un paio di gradini più su, c’è un ascensore a vista, una gabbia in cui l’ottone luminoso è lavorato come un merletto prezioso. La cabina è leggiadra, arredata con un sedile di velluto blu. Tutto è chic, armonioso, come rifletterò più tardi nel corso del tempo. Ma il mio sguardo di bimba si sofferma appena su questi particolari per concentrarsi invece sui quadri appesi alle pareti ai lati del corridoio. Mi attraggono come una calamita e non resisto alla tentazione di avvicinarmi loro, contemplandoli nella luce morbida che li avvolge. Sono meravigliata, ipnotizzata, “non capisco” quei volti femminili dall’ovale aristocratico poggiato su un lungo collo di cigno ma… “Mi piacciono”. Quei quadri sono infinitamente belli e misteriosi e li ammiro più volte al giorno, ogni volta che esco e rientro a casa, per la disperazione di mia madre, donna sempre di fretta. Probabilmente la tempesto di domande su “chi come quando perché” e lei, pittrice sensibile e amante della pittura, placa in parte la mia curiosità dandomi da sfogliare cataloghi e libri d’arte. Non sono ancora capace di leggere ma questo non ha importanza. Mi concentro sulle bellissime donne ritratte e le osservo a lungo per scoprirne il segreto. Hanno occhi bluastri, privi di iridi e di pupille, eppure lo sguardo ha una dolcezza che si conficca nel cuore. Esistono, forse, in uno spazio che non esiste qui, fragili ma consapevoli, irraggiungibili nella loro friabile bellezza. Sono malate d’amore? In seguito approfondisco la conoscenza di Modì attraverso sculture, disegni ed altre tele ma la mia passione rimangono le sue donne. A volte comparo i suoi nudi con quelli del coevo Egon Schiele, artista austriaco altrettanto “maledetto”, segnato da una vita infelice e turbolenta, interrotta dalla sinistra falce in giovanissima età. Il confronto risalta e acuisce le differenze tra i due. Le modelle di entrambi sono giovani affette dalla sifilide, minate dalla tisi e drogate dall‘assenzio, povere creature destinate ad una morte precoce. La loro vita si somiglia eppure sulla tela si esprime con registri profondamente diversi. Le giovani prostitute di Schiele esalano una sensualità morente, hanno membra scarnificate e corpi sofferenti, anticipatori di una fine vicina. La disperazione è spalmata con strato pesante insieme al colore. Il livornese dipinge l’abbandono delle anime ed una femminilità leggiadra e vitale, avvitata su se stessa ma in grado di offrirsi con grazia naturale a sguardi estranei. Il mistero “dentro” i ritratti rimane intatto. Continuo ad osservarli con curiosità immutata, con un piacere sensoriale infinito. Stupore e commozione, come quaranta anni fa.

 

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