Creato da: freefrench il 08/03/2006
attualita' e cronaca

Area personale

 

Archivio messaggi

 
 << Luglio 2024 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
1 2 3 4 5 6 7
8 9 10 11 12 13 14
15 16 17 18 19 20 21
22 23 24 25 26 27 28
29 30 31        
 
 

Cerca in questo Blog

  Trova
 

FACEBOOK

 
 

Ultime visite al Blog

wo_landSdoppiamoCupidoEmanuele_82dglBrivido_Felino_mdeerdre
 

Chi può scrivere sul blog

Solo l'autore può pubblicare messaggi in questo Blog e tutti gli utenti registrati possono pubblicare commenti.
 
RSS (Really simple syndication) Feed Atom
 
 

 

 

Amedeo Modigliani a Roma, un ricordo

Post n°3 pubblicato il 11 Marzo 2006 da freefrench

Il primo incontro con Modì e le sue donne

 

 

A due giorni dall’apertura della mostra Amedeo Modigliani che Roma dedica a questo pittore geniale e disperato, morto prematuramente a trentasei anni, ricordo emozionata il nostro primo incontro. Un incontro folgorante come un colpo di fulmine. Una passione che arde da quarant'anni. A cinque anni mi trasferisco con la famiglia in un’elegante palazzina nel quartiere Coppedè, autentico gioiello dell’architettura Liberty della Capitale. L’atrio è accogliente e lussureggiante di felci rigogliose, di palme esotiche e di ficus dalle foglie lucidate a specchio. Il portiere indossa una livrea e saluta cortesemente con voce baritonale. Un soffice tappeto blu zaffiro è steso sul corridoio fino al pianerottolo dove, un paio di gradini più su, c’è un ascensore a vista, una gabbia in cui l’ottone luminoso è lavorato come un merletto prezioso. La cabina è leggiadra, arredata con un sedile di velluto blu. Tutto è chic, armonioso, come rifletterò più tardi nel corso del tempo. Ma il mio sguardo di bimba si sofferma appena su questi particolari per concentrarsi invece sui quadri appesi alle pareti ai lati del corridoio. Mi attraggono come una calamita e non resisto alla tentazione di avvicinarmi loro, contemplandoli nella luce morbida che li avvolge. Sono meravigliata, ipnotizzata, “non capisco” quei volti femminili dall’ovale aristocratico poggiato su un lungo collo di cigno ma… “Mi piacciono”. Quei quadri sono infinitamente belli e misteriosi e li ammiro più volte al giorno, ogni volta che esco e rientro a casa, per la disperazione di mia madre, donna sempre di fretta. Probabilmente la tempesto di domande su “chi come quando perché” e lei, pittrice sensibile e amante della pittura, placa in parte la mia curiosità dandomi da sfogliare cataloghi e libri d’arte. Non sono ancora capace di leggere ma questo non ha importanza. Mi concentro sulle bellissime donne ritratte e le osservo a lungo per scoprirne il segreto. Hanno occhi bluastri, privi di iridi e di pupille, eppure lo sguardo ha una dolcezza che si conficca nel cuore. Esistono, forse, in uno spazio che non esiste qui, fragili ma consapevoli, irraggiungibili nella loro friabile bellezza. Sono malate d’amore? In seguito approfondisco la conoscenza di Modì attraverso sculture, disegni ed altre tele ma la mia passione rimangono le sue donne. A volte comparo i suoi nudi con quelli del coevo Egon Schiele, artista austriaco altrettanto “maledetto”, segnato da una vita infelice e turbolenta, interrotta dalla sinistra falce in giovanissima età. Il confronto risalta e acuisce le differenze tra i due. Le modelle di entrambi sono giovani affette dalla sifilide, minate dalla tisi e drogate dall‘assenzio, povere creature destinate ad una morte precoce. La loro vita si somiglia eppure sulla tela si esprime con registri profondamente diversi. Le giovani prostitute di Schiele esalano una sensualità morente, hanno membra scarnificate e corpi sofferenti, anticipatori di una fine vicina. La disperazione è spalmata con strato pesante insieme al colore. Il livornese dipinge l’abbandono delle anime ed una femminilità leggiadra e vitale, avvitata su se stessa ma in grado di offrirsi con grazia naturale a sguardi estranei. Il mistero “dentro” i ritratti rimane intatto. Continuo ad osservarli con curiosità immutata, con un piacere sensoriale infinito. Stupore e commozione, come quaranta anni fa.

 

Scilla

 

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

Tuttologia e tacchi a spillo

Post n°2 pubblicato il 11 Marzo 2006 da freefrench

 

 

 

 

Tuttologia e tacchi a spillo

 

 

 

 

In una tv infarcita di reality show, realentarteinment e gossip, i “tuttologi” sono personaggi irrinunciabili a garantire una certa frizzantezza a talk-show d’attualità dal gusto ormai stantio. Rivestono un ruolo di primo piano sia che si dibatta di pedofilia sia che si affronti il tema della supremazia energetica della Russia, sconfinando imperturbabili e sicuri delle proprie opinioni nei campi del terrorismo, con tutti gli annessi e i connessi (vedi la questione delle famose vignette blasfeme), dei pacs e delle “quote rosa” in politica, della chirurgia estetica, delle stragi familiari e… Chi più ne ha più ne metta.

Un po' di storia della "tuttologia" e di coloro che la praticano, ovvero i tuttologi. Se ne comincia a parlare nei mitici e famigerati Ottanta, quelli della glasnost e della perestroika gorbacioviane, dell’edonismo reaganiano di Roberto D’Agostino, della neo-idolatria per le top-model, del punk, dello yuppismo e del culto di se stessi, anni dove impera un desolante vuoto di valori in cui neppure lo sbandierato “ottimismo della volontà” di Craxi allontana il presentimento di un imminente crollo. Domina una fretta colpevole e puerile insieme che vuole seppellire per sempre l’angoscia degli “anni di piombo”. Si vive in maniera forsennata, storditi dalle luci stroboscopiche e dagli assordanti effetti sonori di quell’enorme discoteca che è la società occidentale. Uno società “puntiforme”ed estetizzante dove tutto avviene e si consuma nello spazio di un minuto, dimentichi del passato e indifferenti del futuro. Ed è tutto un fiorire di salotti, i cosiddetti salotti buoni dove s’incontrano artisti e filosofi, letterati e politici ma anche coloro che, aspirando ad una visibilità e non possedendo talenti per ottenerla, s’inventano un ruolo all’ombra dei famosi e potenti rinascendo come tuttologi. Una famosa tuttologa dell’epoca, assai corteggiata nei convivi radical-chic della Capitale, era la piccola e saccentissima Carmen Lleyra, il cui unico merito era quello di aver sposato l’intellettuale degli intellettuali, il sempre corrucciato Alberto Moravia.

Da qualche anno sono tornati, più disinformati e presuntuosi che mai ma pronti ad elargire alle masse le loro preziose perle di saggezza. Eccoli sedere in televisione accanto allo psichiatra e al criminologo chiamati ad interpretare il comportamento di un gruppetto di giovanissimi che nel nome di Satana hanno ucciso e torturato i propri compagni. Blablabla, interverranno compunti. All’interrogativo su quale riflessione etica ponga il trapianto di faccia, risponderanno puntuali e convinti delle loro tesi, “sfacciati”, si perdoni il termine, rubando la scena al teologo e al sociologo.

Nei talk-show delle seconde serate tv è da rilevare che, salvo qualche rara eccezione, gli “esperti” sono sempre gli stessi nelle figure degli psicologi Crepet e Morelli, dei sociologi Acquaviva e Alberoni, dell’esperto di cose arabe Magdi Allam, del prete don Mazzi e del filosofo estetico Zecchi, dell’economista inglese di cui non sovviene il nome, del massmediologo Davi, della giornalista di frontiera Nirenstein e della più casalinga Palombelli, di B. Bozzo, delle psicosociologhe Alberoni e Dall’Olio. Eccetera eccetera. Per quanto scontati, e insopportabili per il numero di apparizioni accumulate da far sorgere il legittimo sospetto che non abbiano il tempo per lavorare sul serio, qualche competenza, talora, bisogna pur riconoscerla loro.

Diverso il discorso per i tuttologi la cui formazione culturale è avvenuta sulle spiagge tropicali de “L’isola dei famosi”, o sgambettando in costumini succinti a “Striscia la notizia” o, ancora, è maturata in quanto “figli, compagni, nuore, generi, mogli, ex di”. Desolante. La prevalenza femminile è pressoché assoluta, con una dominanza di donne bioniche e vistose dai volti plastificati dal botox e dai corpi abbondantemente siliconati strizzati entro abiti che nulla lasciano all’immaginazione. Hanno venti, trenta, quaranta e settant’anni e ufficialmente appartengono al mondo dello spettacolo (ma una Maria Scicolone che c’entra? Però lei è madre di, sorella di, ex moglie di, ex nuora addirittura di!): nella realtà non sanno fare nulla a parte apparire in tv dove hanno libertà di interloquire su ogni argomento, spiattellando aria fritta a iosa. Cosa pensare quando le varie Parietti, Marini, Falchi sostengono che la vera bellezza è interiore? Che la maternità è una ricchezza di cui finalmente vogliono godere a quaranta anni e dintorni perché "finalmente si sentono pronte"? Che l’estrema miseria dell’Africa nera le fa indignare sulle sperequazioni economiche tra sud e nord del mondo? Di fronte all’ostentazione di quei corpi seminudi scolpiti dal bisturi, di quegli zigomi alti e di quelle labbra tumide freschi di restauro, l’attendibilità delle tuttologhe dalle lunghe cosce e dai seni al vento cola a picco e suona comica e grottesca come le battute degli attori di “Zelig”.

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

La grinta è la virtù dei deboli? Il dibattito è aperto

Post n°1 pubblicato il 08 Marzo 2006 da freefrench

Affrontare la sangue freddo la vita è vincente. Farla finita con le lacrime e le lamentazioni s'impone in un quotidiano dove il pathos a go-go impregna i luoghi deputati alle discussioni.

Sembra purtroppo vincere il piagnisteo sulla lucidità e sulla organizzazione di un pensiero coerente.

Questo è solo un breve messaggio rivolto a coloro che antepongono una visione costruttiva e coraggiosa dell'esitenza rispetto ai tanti che si rifugiano nella comodità di una scelta intellettiva imposta.

La grinta è dunque la virtù dei deboli? E' così necessaria per autoaffermarsi?

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963