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« Processo Concordia:richi...mirare all'eccellenza »

Una legge sul reddito minimo garantito per la prossima legislatura

Post n°40 pubblicato il 07 Marzo 2013 da saltwater57
Foto di saltwater57

da: la repubblica.it

di Giuseppe Montalbano 
La campagna nazionale per l’istituzione di un reddito minimo garantito ha raccolto più delle 50 mila firme necessarie per porre la sua proposta di legge di iniziativa popolare all’ordine del giorno del prossimo Parlamento. Entro i primi 100 giorni il nuovo governo dovrà dare una risposta alle migliaia di cittadini che si sono mobilitati da giugno a dicembre 2012 per dar vita a questa iniziativa legislativa popolare, promossa da 170 fra associazioni, reti sociali, movimenti e partiti e sottoscritta da più di 40 personalità della cultura, della politica, della società civile, di sindaci e assessori, con oltre 250 iniziative dal nord al sud del Paese.
Questa la sfida che la campagna per il reddito minimo lancia alla futura legislatura in occasione della conferenza stampa tenutasi oggi presso la Camera dei deputati, in cui è stato presentato il risultato di 7 mesi di raccolta firme.Una proposta di legge che è prodotto di una serie di analisi approfondite da parte di studiosi e che tiene conto di proposte ed esperienze esistenti a livello europeo e regionale, quale ad esempio la legge 4/2009 della Regione Lazio sul reddito minimo, oggi non più finanziata. Guardando all’Europa con le lenti dei diritti sociali, infatti, ci si accorge che l’Italia è, insieme alla Grecia, tra i due Paesi dei 27 che non prevedono alcuna tutela universale di ultima istanza rivolta al singolo quali le forme di reddito garantito, restando inadempiente rispetto all’articolo 34 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e alla risoluzione del Parlamento europeo dell’ottobre 2010 che impegna tutti gli stati membri a introdurre simili misure di “contrasto alla povertà e promozione di una società inclusiva”.
“Questa proposta di legge sul reddito è una risposta alla riforma Fornero del mercato del lavoro e rappresenta un argine necessario al default sociale drammatico di un Paese in cui, secondo i dati Eurostat, il 29,9% della popolazione è a rischio povertà”, afferma Sandro Gobetti, del Basic Income Network – Italia. “La questione del reddito, come misura di sicurezza sociale universale, è prioritaria oggi per la coesione sociale e la tenuta stessa della democrazia.

Il reddito a nostro avviso non può che essere il primo punto per l’agenda di un Paese che voglia trovare una via d’uscita alla crisi contrastando la ricattabilità sociale, liberando le energie e le risorse di un lavoro sfruttato e precario”. L’introduzione di un reddito minimo sottrarrebbe i lavoratori al ricatto di salari da fame rendendo più libera la scelta di un’occupazione dignitosa. Per questo insieme a contrastare il rischio di marginalità ed esclusione sociale, il reddito serve da contenimento a un dumping salariale e sociale che negli anni ha trasformato il mercato del lavoro in una zuffa tra poveri senza fine.

“Beneficiari del reddito minimo garantito sono tutti gli individui (inoccupati, disoccupati, precariamente occupati) che non superino i 7200 euro annui. Devono essere residenti sul territorio nazionale da almeno 24 mesi; devono iscritti presso le liste di collocamento dei Centri per l’impiego”, spiega Santini, del BIN, illustrando i punti essenziali dalla proposta di legge. “L’ammontare individuale del beneficio del reddito minimo garantito è di 600 euro mensili, pari a 7.200 euro annui, rivalutata in senso decrescente a seconda del numero dei componenti del nucleo familiare beneficiari”, secondo le indicazioni fornite dall’Istat. L’erogazione del reddito sarà sospesa in caso di dichiarazione del falso al momento della richiesta, di assunzione con contratto di lavoro a tempo indeterminato, di partecipazione a percorsi di inserimento lavorativo retribuiti, al compimento dei 65 anni di età e quando il beneficiario rifiuti una proposta congrua di impiego dopo il riconoscimento delle sue competenze.
Insiste Santini sulla necessità che la proposta di lavoro del Centro per l’impiego sia “congrua” e solo in quel caso l’erogazione potrà cessare: “in caso contrario il beneficiario si troverebbe costretto ad accettare qualsiasi proposta di lavoro individuata dagli uffici e dalle amministrazioni locali, purché superiore ai 600 euro mensili, riaprendo così le porte ad esperienze che consideriamo fallimentari come quella dei lavoratori socialmente utili”. Il reddito minimo si declina anche nei termini indiretti di welfare e assistenza sociale per i cittadini: per questo la legge prevede una delega al governo per una riforma in senso universalistico degli ammortizzatori sociali, l’introduzione di un salario orario minimo e il riordino delle politiche assistenziali alla luce del reddito minimo. Alla conferenza Stato-regione è invece “demandata l’introduzione di misure per la costruzione di un sistema integrato del welfare”.A nome delle diverse associazioni sono intervenute Valentina Greco, di “Precariamente”, che ha ricordato la centralità del reddito nella battaglia contro la precarietà come mezzo per liberarsi dal ricatto di condizioni lavorative degradanti, e Maria Pia Pizzolante, di “Tilt”, ponendo il tema del reddito come strumento di libertà da ogni forma di schiavitù lavorativa, dalle mafie alle discriminazioni di genere nei luoghi di lavoro.
Hanno preso parola, in conclusione, quattro degli intellettuali che hanno aderito e sostenuto la campagna per il reddito minimo. Per primo Luigi Ferrajoli, che ha posto l’attenzione su quella che si prospetta come una “elementare battaglia di civiltà a difesa delle persone e contrasto a una crisi che ha umiliato il lavoro”, ricordando come il diritto a misure universali contro la povertà e la ricattabilità sociale è presente nella nostra Costituzione, all’art. 38, che prevede l’impegno dello Stato a garantire “i mezzi di sussistenza in caso di disoccupazione involontaria”. “Non esiste alcuna contrapposizione fra il reddito minimo e le politiche di pieno impiego: il reddito costituisce la base di una forza contrattuale del singolo lavoratore a partire dal quale è possibile rilanciare la lotta per i diritti del lavoro”.

Sarebbe opportuno che i politici non adoperino più il termine "Giovane" per le loro campagne elettorali, se non sono capaci almeno di realizzare ciò che in tutti gli "Stati d'Europa" è un....normale diritto del cittadino.
Nino Ursino
 
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