« Mal d'Africa | Malene days* » |
La notte a Trinidad penetra attraverso la luna fatta a fette dalla grata della finestra-balcone. Un bicchiere di rum quasi vuoto, il sigaro che profuma la bocca del viandante seduto su una sedia a dondolo. E nelle vicinanze tra la frescura del patio una chitarra toccata con impudenza. A La Habana, il giorno passa tra la ricerca dell'ombra e la maestria dei suonatori di strada. A Cuba c'è uno splendido mare, ma è inutile cercarlo: è molto meglio stare tra palazzi e l'afa per incrociare altri passi.
Le notti a Salvador de Bahia non passano mai. Forse perchè nessuno rinuncerebbe per nulla al mondo al festare continuo. Musica, tamburi, ritmo e balli. Non si dorme nella vecchia Salvador, sarebbe da sconsiderati. A Rio, le ragazze di Ipanema sono belle, ma anche quelle di Flamengo o di Botafogo. L'incanto è guardare il loro viandare dolce. Dolce è attendere la fine del sole dall'alto del pao de azucar. Il silenzio è d'oro, ma la vista è di platino. A Paratì va di scena il romanzo coloniale. Sessanta isole e centoventi spiagge multicolori da percorrere con un veliero nero.
Invece a Palenque, nel cuore del Chiapas, alle prime luci dell'alba, la nebbia si vergogna e si dilegua, lasciando il posto ai templi maestosi incastonati nel verde smeraldo della foresta. Lungo il mundo perdido del Tikal, nel multicolorato Guatemala, le scimmie urlatrici fanno il verso dei leopardi. E dalla sommità delle piramidi la foresta pluviale sembra una calotta cranica impenetrabile.
I temporali di caye Ambergris, al largo del Belize, si annunciano sempre con saette che illuminano il mare nero come la pece. Il tuono copre la voce stridula dell'onda che muore sulla barriera corallina.
Il mare della Guadalupe grida vendetta per i relitti che vi sono celati. Il cristallo delle onde bagna il bianco candore della battigia spazzato via dagli alisei che non muoiono mai. Le cascate in Giamaica giungono fino al mare: peccato solo che non siano fatte di rum...
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