10/08/2006 Sud Africa - Johannesbourg

Post n°54 pubblicato il 04 Ottobre 2006 da saralyce
 
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Johannesburg e' la cita' piu' violenta e pericolosa del Sud Africa. Si divide in aree ricche ricchissime e aree povere poverissime. E' altamente sconsigliato andarci in giro da soli, perfino dalla Lonely Planet. Di fatto non sono così convinta che sia vero tutto questo panico rispetto alla città, ma l'idea di mettersi in pericolo proprio al primo giorno... Beh, non è che ci prendesse bene. In attesa di prendere il volo per Upington, quindi, siamo stati alloggiati da chi ci ha gestito gi spostamenti aerei (qui non è come in Asia o sud america, le prenotazioni vanno fatte "per tempo") in un albergo che fa parte della categoria dei ricchi ricchissimi, vicino all'aereoporto. Si tratta di un complesso dedicato al business e alle persone che come noi devono fermarsi una notte in citta' tra un volo e l'altro, per questo e' organizzato come un piccolo parco divertimenti.

Il complesso Empire e' una piccola Las Vegas. C'e' tutto, dalla galleria di falsi quadri del rinascimento Italiano al casino', dalla ricostruzione dell'atmosfera dell'antica Roma con finto cielo e copia del David di Donatello nella fontana al centro, alla sala giochi con la raccolta di tutti i videogiochi da bar scartati dai bar dell'Europa e dell'America. Sembra di essere in un film! E' abbastanza bizzarro... Ma e' confortevole, in camera abbiamo un bagno che e' piu' grande di un monolocale a Bologna! Capisco che come sala di attesa per l'Africa non ci si fa mancare niente. Il vero viaggio pero' inizia domani.

 
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10/08/2006 Sud Africa - - Il viaggio parte bene

Post n°53 pubblicato il 03 Ottobre 2006 da saralyce
 

Devo dire che il viaggio non e' cominciato niente male... siamo stati a sorpresa spostati dalla economy alla business class! Ovviamente, non abbiamo ancora capito perche', ma visto che se avessimo chiesto troppo si sarebbero accorti della nostra natura da viaggiatori barboni, siamo stati buioni buoni mentre venivamo coccolati e serviti come dei re. Ci hanno dato un kit pieno di creme, piccoli gadget per stare comodi nel viaggio lungo e ci hanno servito... una vera cena! Con carpaccio di tonno e alltre cose da nouvelle cousine. Viaggiare in business e' davvero un gran viaggio!

 
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12/06/2006 Piani paralleli

Post n°52 pubblicato il 27 Settembre 2006 da saralyce
 
Foto di saralyce

Dalle sue lucide vetrate che si affacciavano sulla Avenue of Americas, al ventunesimo piano di un bel palazzo postmoderno dalle linee slanciate, sinuose ed affusolate come sarebbero piaciute a Gaudì, si vedevano Bryant Park con la fontana al centro e il Pronto Pasta all'angolo con la quarantaduesima. Era per questo motivo, ma non solo, che Damian aveva scelto quella galleria d’arte per incontrare di nuovo Tessa, perché la vista era ottima.
Arrivando con un discreto anticipo, avrebbe potuto vedere da lontano la sua figura eretta e slanciata, uscire dall’ufficio al ventunesimo piano del palazzo di fronte e camminare veloce nel corridoio dritto lungo le pareti di vetro, per poi scendere con l’ascensore esterno e attraversare decisa il parco. L’aveva osservata ormai tante volte da quel punto di vista privilegiato che gli sembrava di accompagnarla lui stesso. Conosceva il tempo esatto che Tessa avrebbe impiegato per percorrere ogni spazio lineare di quel tragitto. Geometriche e razionali, le architetture di quei palazzi erano state studiate per generare flussi di percorrenza funzionali, in qualsiasi momento del giorno, contro ogni imprevisto.

Damian a tutta questa perfezione non si voleva abituare. Ogni volta che osservava l’ordine limpido di quella metropoli, la sua mente fuggiva tra i vicoli bui e sinuosi di un luogo infinitamente più piccolo e geloso dei suoi segreti e della sua storia. Ricordava le notti trascorse con Tessa nella sua città, più scorbutica ma più materna, dove non esistevano incroci ad angolo retto, ma curve e vicoli persi in una rete di ragno. Spesso, nei loro incontri notturni, dopo l’amore, la portava a passeggiare nel cuore di quella ragnatela, cercava con lei di tessere trame nuove in quelle strade piccole. Giravano a caso tra le vie, raccontandosi della loro vita, delle grandi imprese che avrebbero realizzato. A volte si fermavano a parlare con la gente persa in quelle notti, a volte scambiavano una bottiglia di vino con un carillon o un vecchio giornale, che qualche ubriaco portava nella sua sporta cercando un posto per dormire. A volte invece litigavano per ore, per un nulla, per una battuta che Damian faceva apposta per godere degli scatti d’ira di Tessa, magari da farsi perdonare con un fiore rubato in qualche cortile, e poi finivano, esausti, a baciarsi dentro un giardino nascosto, o dietro un angolo buio di quella tela infinita.

Damian amava Tessa. La amava davvero, a modo suo. Amava la sua pelle dorata e i suoi occhi verdi, strano miscuglio tra un uomo che veniva da isole lontane e una donna fiera delle sue radici in una terra di nebbie. Amava i suoi gesti, eleganti e misurati quando era serena e all’improvviso rapidi e violenti quando veniva provocata. Ogni cosa in lei era duplice e a contrasto, di questo Damian era violentemente affascinato. Sapeva che lei, nonostante la sua aggressiva insicurezza, gli era profondamente legata. Tessa faceva di tutto per non dargli alcun vantaggio nell’amore, ma Damian sentiva che lei ci sarebbe sempre stata per lui e per questo era fiero e sicuro di sé. Che poi questo sentimento fosse vero amore, Damian non se lo era chiesto per molto tempo. Del resto, non c’erano mai stati scambi di promesse. Lei non gli aveva mai chiesto nulla, anzi, indipendente e fiera, aveva sempre difeso le sue zone d’ombra, mostrando in cambio poco o nessun interesse per le altre donne che Damian frequentava. Proprio per la profonda libertà e il mistero che ciascuno difendeva, la loro relazione, era stata la più duratura e più stabile nella vita di Damian. Questo complice distacco era il fuoco che alimentava il loro desiderio.

Ora Damian capiva che desiderio così intenso per sua natura non poteva limitarsi a loro due. In quelle notti solo per loro, mentre mentivano al mondo come se avessero potuto vivere in eterno nascosti l’uno nell’altra, l’amore aveva chiesto il suo tributo, senza chiedere il permesso.

Affacciato ad una vetrata su un panorama di griglie e piani perfetti, Damian, ripensando a quei giorni, riassaporò per un respiro la sensazione di potenza di allora, seguita dall’amarezza di aver vissuto per troppo tempo in un eterno presente, senza mai pensare alla propria vita come ad un filo che si può dispiegare disegnando un’idea. Si era sentito a lungo in un gomitolo elettrizzato di pensieri e desideri, convinto che l’amore dovesse essere onorato solo per amore dell’attimo, che la vera scelta fosse quella di non farsi scegliere mai. Fino a quella sera lontana, in cui Tessa, allineando i guanti di lana neri sul tavolo, aveva parlato con voce bassa e seria, dicendogli della vita che era entrata dentro di lei.

La luce di quel pomeriggio d’estate entrava vibrando nella stanza del grattacielo in Avenue of Americas. Contro ogni regola d’esposizione in una galleria d’arte, i raggi del sole si posavano indisturbati sulle opere lungo le pareti. C’erano diverse istallazioni di artisti italiani esposte, tra cui una di Rossetti, che aveva affascinato Damian fin da subito: un libro antico, trafitto, chiuso per sempre da un coltello. Era stata questa la seconda ragione che aveva spinto Damian a mandare a Tessa un invito fasullo all’inaugurazione di quella mostra per poterle di nuovo parlare. Gli era sembrato un segno. Il libro rappresentava quello che, in fondo, aveva scelto di fare Tessa: chiudere un capitolo della sua vita in maniera definitiva.

Incontrarsi lì quel giorno avrebbe significato riaprire il libro, ma Damian era convinto di aver raggiunto la forza per curare qualsiasi ferita. In fondo, c’erano voluti molti anni, ma aveva capito quello che avrebbe potuto afferrare quella sera lontana: che il mistero di Tessa era solo un il profondo amore per lui che lei non aveva mai confessato. Damian sapeva che ora era pronto per accoglierlo senza vacillare. Allora la sua dignità era solo un gioco di mano dal palmo vuoto, oggi era solida dell’esperienza della vita.

Per troppo tempo era stato convinto di aver agito nel migliore dei modi. Accettare che la vita scegliesse per loro, mandando un suo frutto non voluto sarebbe stato una pazzia, aveva detto allora, mentre Tessa fissava persa un punto lontano fuori dalla finestra buia. Per un attimo gli era sembrato di intravedere in quei grandi laghi verdi una scintilla di speranza, ma proprio per questo aveva cercato di essere il più razionale possibile, di proporre la cosa più ragionevole per entrambi. Nessuno dei due era pronto per un terremoto simile. Tessa aveva ascoltato senza mai parlare. Da quella notte avrebbe parlato sempre meno con Damian. Per un po’ lei aveva lasciato che lui le stesse vicino. Nelle settimane subito successive, aveva lasciato che lui le asciugasse serio ogni lacrima e le parlasse con dolcezza e determinazione. Poi, in un giorno freddo di fine inverno, aveva scelto di sparire. Da un giorno all’altro, chiuso ogni contatto con lui, quel mondo e quella città, aveva cambiato tutta la sua vita in un giorno e se ne era andata.

Fu solo dopo che lei scomparve che Damian si rese conto di ciò che era realmente successo. Parlando di scelte razionali, per il bene di entrambi, aveva soffocato nel rumore delle sue teorie i desideri di Tessa, che, forse per la prima volta, gli aveva mostrato apertamente il suo bisogno, la sua paura e la sua debolezza.

Per un po’ Damian era stato abile a nascondersi la verità. Lei era forte abbastanza da affrontare quel periodo anche da sola e, forse, la sua vicinanza avrebbe solo peggiorato le cose. Si aspettava che da un momento all’altro sarebbe tornata, lo aveva sempre fatto, lo aveva sempre, in fondo, perdonato. Fu solo dopo diverso tempo, quando l’alcool e le notti solo in quella città non bastavano più a fargli nascondere il suo malessere, che si rese conto che lei non sarebbe tornata.

Damian aveva investito tanto tempo per trovarla, quasi dieci anni di silenziosa ricerca. Totalmente diversa, un altro nome, un'altra città, ma sempre lei, la sua Tessa, l’aveva ritrovata dall’altra parte del mondo. E tra poco sarebbe stata di nuovo di fronte a lui. Certo si sarebbe stupita di rivederlo dopo tanti anni! Ma Damian sentiva di doverlo fare, almeno per vederla un’ultima volta. Finalmente le avrebbe detto le parole che non era riuscito a trovare allora, si sarebbe mostrato a lei come uomo, solido, razionale, affidabile, nuovo. Le avrebbe parlato, le avrebbe chiesto scusa, l’avrebbe riportata a casa con sé, via da quella città così fredda, via da quelle vie dritte e luminose, perché loro erano fatti per restare uniti, nella loro terra. Avrebbero ricominciato insieme, ne era convinto, aveva capito come poteva farla felice.

Guardò lontano, un’ultima volta, sul panorama di una città chiara, ordinata e rassicurante da quel punto di vista. La città dove aveva deciso di ricostruirsi una nuova vita la donna che, dieci anni prima, lui non era stato all’altezza di amare. Damian sentì un brivido lungo la schiena. Dal palazzo di fronte si aprì una porta. Damian appoggiò la mano al vetro. Lei, slanciata e rapida, stava percorrendo il corridoio dritto verso l’ascensore esterno. Un veloce tragitto verso terra e poi l’avrebbe riavuta con sé. Ancora qualche minuto e Tessa sarebbe stata nel suo stesso edificio, nel suo stesso spazio. Ancora qualche giorno, e Tessa sarebbe tornata nel suo universo.

Quando Tessa entrò nella galleria d’arte, la prima cosa che vide fu che un’opera di Rossetti era caduta a terra. Per il resto, la sala era deserta. Tessa si avvicinò alla finestra. Dalle sue lucide vetrate che si affacciavano sulla Avenue of Americas, al ventunesimo piano di un bel palazzo postmoderno dalle linee slanciate, si vedevano Bryant Park con la fontana al centro e il Pronto Pasta all'angolo con la quarantaduesima. Tessa alzò gli occhi. Nel palazzo di fronte, proprio al piano del suo ufficio, un uomo la stava guardando.

Per la prima volta in vita sua, quell'uomo stava piangendo.


(Questo racconto è stato pubblicato in una raccolta edita da Giraldi editore, Bologna)

 
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12/06/2006 Tango

Post n°51 pubblicato il 25 Settembre 2006 da saralyce
 
Foto di saralyce

Accanto a me. Stesso divano, stesse pareti, stesso silenzio ogni sera. Odiarti un secondo oppure odiarti una vita, penso. Ti guardo, tu guardi i bagliori catodici del video. Hai le pupille trasparenti. Non l'avevo mai notato. Anche il tuo odore mi sembra diverso. Si conficca nel mio stomaco. Mi fodera l'anima. Disgusto e amore sembrano vicini e confondibili. Lo sguardo perso, sei lontano da qui, spento davanti ad un video acceso. Sulle braccia nude, abbandonate, vibrano le immagini che ti hanno rapito, il loro riflesso disegna le curve dei muscoli sul petto. Dove sei stato oggi? Che cosa hai fatto? Fermo lo sguardo sulla zona d'ombra delle tue spalle. Chi sei stato, oggi? Stringo il cuscino, rannicchiata, sullo stomaco preme il brusio dell'insofferenza, scende tra le gambe, sale alle mani, vorrei afferrarti e ferirti, se ti volti esplodo. Resto immobile anch'io, tesa contro il tuo abbandono. Ti sei chiesto chi sono stata io oggi?
Ora mi alzo, me ne vado. Non penserai che il mio restare qui sia una garanzia. Perché dovrei restare, poi? Per essere la tua presenza invisibile? Giorni uguali, sempre nello stesso oggi, nelle sue appiccicose certezze. Nessuna fatica, nessuna sfida, domani nessun brivido. Ti sei arreso, ammettilo. Speri che accetti anch'io di svuotare così il nostro tempo? Mi dispiace, non posso farlo. Ora mi alzo, infilo le scarpe, vado via divento un'altra. Cerco altre labbra, altre mani, altre prime volte, altri silenzi, altri sguardi che ti sfiorano il corpo, nessuno che sa cosa succederà poi. Cerco occhi nuovi, nuove luci, nuovi colori, nuovi desideri, lontani da qui. Ora mi alzo, do un calcio al televisore, esco e non torno più.

Ti fisso, immobile, tanto non mi guarderai. Provo ad attraversarti con lo sguardo, ti trafiggo, sei liquido e trasparente, poi non ci sei più. Mi dondolo in questa illusione, poi stringo gli occhi e ti rimetto a fuoco, sei un macigno davanti a me. Continua pure a non muoverti, resta lì, a tormentarti le unghie, a fissare un angolo dello schermo, non sei più nemmeno là dentro chissà dove sei! Ti fisso e intanto il tuo profilo si fa più duro, la mascella stretta e gli occhi socchiusi, lo sguardo smarrito, ma non perso. Mi giro di nuovo verso lo schermo, spaventata. Allora sei qui. Hai sentito i miei pensieri? Forse fingi soltanto di non non sentire che tremo dentro. Come potresti non sentire quanto tremo dentro, tanto forte è il rumore che batte nei miei timpani? Forse sì, forse fingi.

"Io ho paura di te, mi hai detto una volta, dei tuoi sguardi cattivi. In quei momenti sento che ti prende il male di vivere, non so chi sei, non so cosa vuoi, non lo sai neanche tu Qualsiasi cosa io faccia sarà sbagliata, stringerti o lasciarti sarà uguale. Parlarti o tacere, restare o allontanarmi da te, niente ti soddisferà. Non capisco cosa cerchi, non so cosa darti. Sento la tua rabbia pulsare nel silenzio, mi congela, non sono capace di sopportare la tua agitazione”... Anche quella volta mi sono sentita bruciare. Vigliacco! ti ho gridato. Fingendo di non sentire speravi che avrei placato da sola la mia rabbia?

Giro la testa verso lo schermo. Non mi avvicinerò a te, non ti parlerò. Non ho voglia di parlare. Se volessi solo le tue mani? Come fai a non sentire l'aria che vibra? Eppure continui a stare immobile, perché? Guardami, gridami, dimmi qualcosa! Sono qui!

Chiudo i pugni, stringo gli occhi, poi mi arrendo e lascio il cuscino. Né io né te combatteremo per tutto questo. Mi alzo. Basta. "Sono stanca, vado a dormire", ti dico. Forse sono io la codarda, penso. Finalmente ti muovi, lento, prendi il telecomando e spegni il televisore. Restiamo soli nel buio elettrico del video spento. Raddrizzi la schiena e ti curvi in avanti, nella penombra lo sguardo vaga lungo le linee del pavimento. Sorridi triste e scuoti la testa. Le mani unite, le dita intrecciate, i gomiti puntati sulle gambe forti, cavaliere sconfitto nel tuo regno di niente. Vorrei parlare ma resto in silenzio. Di scatto alzi la testa, cerchi i miei occhi nella penombra. Stai per dire qualcosa, prendi fiato e poi chiudi le labbra, in apnea. Forse eri qui, sei sempre rimasto qui? Mi guardi, apri le mani, vuote, le tendi verso di me. Ti guardo e resto lì ferma, in piedi.

Ora me ne vado, ma resto qui. Lascio cadere le spalle, il mio petto si svuota. Allora allunghi le braccia e mi riporti al divano. Mi siedi accanto a te. Vorrei allontanarti ma non voglio. Chiudo gli occhi, vedo i lampi di luce nel mio buio stretto. Non parlare ora, ti prego non dire nulla. La mia mente si ferma, mentre i pensieri accelerano, corrono veloci in un vortice di parole senza senso. Poi sfumano. Cerco di essere qui, adesso.

Avvicinami, ti prego. Scoprimi, inventaci di nuovo. Io non ne sono capace, tu sì. Basta un bacio, un bacio lungo e indeciso! Ti avvicini e tremi, lento, nel buio. Ti sento presente. Ora sì ti stai chiedendo chi sono oggi, ora mi ritrovi. Mi stringi forte e mi culli un po’, respiro più a fondo e vorrei chiamarti. Sfiorami come se non fossi tua, cercami. Toccami, spogliami piano. Baciami e toglimi quello che non so, la rabbia, la paura, il male di vivere. La codarda sono io... Ci vuole più coraggio ad andarsene o a restare?

Mi risveglio, mi libero dal tuo abbraccio. Lentamente, ti sfilo la maglietta. Scorre lungo i fianchi. Offro la tua pelle bianca alla luna, complice indiscreta di questo segreto. Le tue mani fredde scivolano sotto i miei vestiti, nel brivido fugge l'insofferenza. La mente si svuota lentamente, per riempirsi di nuovo di te, chiudo gli occhi e ti sento vicino, tutto il resto scompare. Ci muoviamo nel caldo e nel buio. Il divano si fa stretto e scivoliamo sul pavimento. Non importa chi sono io e chi sei tu, ormai ci siamo ritrovati, libero i miei confini e li confondo con il tuo sapore. Chissà se ci ritroveremo ancora, sempre. Ma ora non importa. Ti sento su di me.

L'aria si fa più calda e densa, le tue mani e le tue labbra riempiono il silenzio e la mia anima. Il mio corpo scivola sul tuo, mi avvicino e ritrovo l'odore della tua pelle. Chiamo il tuo nome. Lo ripeto nel buio, lo sussurro e sorrido.

Inarco la schiena e mi lascio cadere all'indietro. Mi fido delle tue braccia. Mi terrai, mi terrai vicina? Non lasciarmi, penso. È un salto senza rete. Sarà così sempre. Dovremi allontanarci, precipitare e perderci per ritrovarci ogni volta. Mai fermi, sempre sospesi. Ci vuole coraggio per lasciarsi cadere! Se non sapremo dondolarci in questo fragile equilibrio ci perderemo in un battito di ciglia.

Mi arrendo al tuo nome, al mio abbandono. Ormai sei una parte di me, come le mie mani, di più, come le mie vene! Ti ho lasciato entrare dentro di me, in ogni mia parte, nella mente, nell'anima, nel corpo. Ferirti ora sarebbe ferire me stessa. Sarebbe togliere la linfa dal mio corpo. Lo capisco ora, e ne sono spaventata. È questo il mio terrore, il mio male di vivere? Ci era permesso arrivare tanto lontano? Stringo i pugni e ti chiamo, le unghie contro le tue spalle e il palmo della mia mano. Non c'è fuga in tutto questo. Né dannazione né salvezza. Non sono più una cosa sola, tornare ad esserlo ora sarebbe impossibile. Piango e tremo, nuda nel corpo e nell'anima. Mi abbandono a te. Se mi ferirai moriremo insieme.


(Questo racconto è stato pubblicato in una raccolta edita da Giraldi editore, Bologna)

 
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18/02/2006 Messico - Isla mujeres

Post n°50 pubblicato il 21 Settembre 2006 da saralyce
 
Tag: Messico
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Isla Mujeres e' un'isoletta a nord di Cancun, nella quale si puo' scaoppare dal caos della citta'. Si chiama Isola delle donne perche' in una parte della costa sono state ritrovate alcune statue raffiguranti divinita' femminili a cui ancora non si e' riusciti a dare un significato (chi le capisce le donne!). Abbiamo noleggiato una bici e fatto il giro dell'isola. E' davvero bellissima. A nord si trova l'unica spiaggia di sabbia del posto, riparata dal vento e con un mare che scende dolcemente per centinaia di metri. Mare caraibico, una spiaggia bianchissima... Era inevitabile che gli Americani la adottassero come luogo di vileggiatura e la americanizzassero un po'. In spiaggia sembrava di stare in un film. Ricchi e obesi americani con un cocktail superalcolico in mano in spiaggia dalle tre del pomeriggio in poi... Uno spettacolo! Ma il posto e' davvero fantastico e come ultima tappa del giro messicano ci stava proprio bene...

 
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18/02/2006 Messico - Chichen Itza

Post n°49 pubblicato il 21 Settembre 2006 da saralyce
 
Tag: Messico
Foto di saralyce

Su questo posto, la sua storia e i suoi misteri ci sarebbe da scrivere per mesi... I sacrifici umani, il calendario astrale e la conoscenza del celo.. I simboli religiosi e matematici... Oggi mi è davvero girata la testa.

 
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16/02/2006 Messico - Valladolid

Post n°48 pubblicato il 21 Settembre 2006 da saralyce
 
Tag: Messico
Foto di saralyce

La cosa da segnalare oggi: girando a caso fra le vie di Valladolid, abbiamo beccato un barbiere - sarto - farmacista (tutto nella stessa "tienda") che proponeva una'evoluzione dei tagli di jean louis david. invece delle foto delle acconciature sul catalogo, aveva disegnato le varianti delle teste d'uomo con barba e capelli sul muro. Tutte in fila e numerate. Questa e' vera arte.

 
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16/02/2006 Messico - Cobà

Post n°47 pubblicato il 21 Settembre 2006 da saralyce
 
Tag: Messico
Foto di saralyce

Stamattina abbiamo noleggiato una macchina e finalmente ci siamo tolti dalla condizione di saccopelisti sprovveduti in un mondo di viaggi organizzati. Con un po`di fortuna e la cartina in mano siamo riusciti a vedere diversi posti davvero carini, tra cui le rovine di Coba` (ovviamente, siccome non siamo contenti se non facciamo cose assurde, ci siamo fatti i 400 scalini del tempio in salita alle due del pomeriggio con quaranta gradi) e la cittadina Valladolid, da dove sto scrivendo. Il tuttoe evitando sapientemente la ressa e i mezzi pubblici (una volta ogni tanto fa bene).

 
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16/02/2006 Messico - I cenotes di Tulum

Post n°46 pubblicato il 21 Settembre 2006 da saralyce
Foto di saralyce

Oggi abbiamo finalmente visto un cenote. I cenotes sono grotte sotterranee che si sono formate millenni di anni fa, probabilmente in seguito alla caduta di un meteorite in quella zona dello Yucatan. Con il tempo, dentro si sono formati bacini di acqua dolce, che hanno consentito ai Maya di avere a loro disposizione acqua potabile dal sottosuolo. Alcuni di questi cenotes funzionano tutt'ora come serbatoi di acqua per la gente del posto, altri sono visitabili da noi frivoli turisti. Sono spazi davvero suggestivi, alcuni totalmente sotterranei, altri parzialmente alla luce. La cosa bella è che ci si può anche fare il bagno! In quello che abbiamo visitato oggi c'erano un sacco di pesci d'acqua dolce, chissà che strade sotterranee hanno fatto per arrivare lì.

 
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14/02/2006 Messico - Tulum

Post n°45 pubblicato il 21 Settembre 2006 da saralyce
 
Tag: Messico
Foto di saralyce

Viaggiare insegna un sacco di cose. per esempio che per arrivare in messico l'aereo passa dal polo nord... ci sono 12 ore di volo da fare, e il fuso orario e' di 7 ore. in pratica abbiamo invertito il giorno e la notte! Alle quattro del pomeriggio crolliamo di sonno e alle tre di notte siamo sveglissimi. non voglio pensare come saremo rincoglioniti al nostro ritorno!

Ma credo ne varra, la pena. Siamo arrivati ieri sera a Cancun e stamattina siamo subito ripartiti per Tulum, un posto sulla costa a sud con un sito archeologico sul mare. Domani noleggiamo una bici e andiamo a visitarlo. Stanotte dormiremo in una "cabana", una specie di bungalow in riva al mare,piccolo piccolo e senza luce, ci hanno dato una candela per illuminare la stanza. Beh, volevamo andare fuori dal mondo, ci staimo riuscendo. Che poi anche qui si trovino degli internet cafè... beh non mi dispiace affatto.

vamos a buscare algo da comer. buen provecho,.

 
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Dato che in Myanmar l'accesso a internet è regolato da censura, la data di inserimento del post non corrisponde a quella del viaggio, perchè ho caricato i testi dopo il rientro in italia.
A parte i post che rimandano ad un articolo di giornale, tutte le foto sono state scattate durante il viaggio.
 

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