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Messaggi del 15/04/2021

 

ll dipinto rubato ( 5 capitolo)

Post n°2742 pubblicato il 15 Aprile 2021 da paperino61to

Riassunto: Un dipinto viene rubato al convento dei frati, il padre superiore amico di vecchia data della famiglia Berardi chiede l'aiuto del commissario. Il furto si presenta fin dall'inizio anomalo. Un paio di testimoni asseriscono di aver sentito un rumore di un auto fermarsi. Uno di loro in particolare dice di avere visto una camionetta della ronda verso le due o tre di notte,non ricordava bene ferma all'angolo con la strada che porta al Monte dei Cappuccini.

Il commissario trova strana la cosa, di solito le ronde proseguono nel tragitto non si fermano, decide quindi di andare a sentire il responsabile delle ronde fasciste. Questo a sua volta chiama uno dei miliziani presenti in quella notte. Dal ragazzo viene a sapere che il suo superiore era andato a trovare l'amante, per cui loro sono stati un paio di ore fermi in quel posto: "Non è salito nessuno ne sceso nessuno dal convento".

Perino domanda se non sia il caso di indagare tra i frati stessi, nel frattempo arriva una chiamata di padre Enzo, il quale comunica che un miracolo è avvenuto: "Il dipinto è tornato al suo posto!". Il commissario e Perino vanno al convento per sincerarsi della cose, nel tornare in questura, Berardi domanda come mai il suo collega fissava Padre Carlo, la risposta è che ha sentore di averlo già visto ma non ricorda dove, unica certezza che non indossava il saio. Berardi decide di passare da un suo amico: Gianni Notari, proprietario ed esperto di quadri, chiedendo il suo aiuto: osservare il dipinto e confermare che non sia un falso come credono i due poliziotti. 

 

 

Nel tragitto al negozio il mio amico non apre bocca, sembra che stia meditando su cosa dire.

“Signori ho meditato a fondo, e senza ombra di dubbio posso dire che quel dipinto è un falso! Fatto molto bene per carità non ne discuto, ma rimane il fatto che è un falso”.

“Gianni non ti chiedo se ne sei sicuro, le tue parole lo confermano, ed è l’ipotesi che mi sono fatto anche io”.

“Commissario, e ora che facciamo? Trovare chi ha dipinto il quadro è un’impresa”.

“Lo so Perino, la domanda però ora è: chi ha il dipinto originale?”.

“Marco, io al posto del ladro, cercherei di piazzarlo sul mercato”.

“Intendi dire che ti rivolgeresti a un intermediario?”.

“Si meglio ancora un ricettatore, l’importante che sappia fare bene il suo lavoro e che abbia clienti interessati al pezzo che vuole vendere”.

“In città ci sono due ricettatori in gamba, uno è Filippo Raso e l’altro è Bertolo Corsini”.

“Bravo Perino! Forza andiamo a sentire se sanno qualcosa in merito. Grazie del tuo aiuto Gianni!”.

Il negozio di Raso è nelle vicinanze di Piazza Cavour.

Il titolare ci accoglie con il sorriso ma quando vede il tesserino della polizia, cambia umore.

“Non ho fatto nulla, sono pulito da anni, cosa volete da me?”.

“Non ti arrabbiare Raso, non è il caso, se sei diventato onesto buon per te. Sai qualcosa su un quadro del Coccia detto il Moncalvo?”.

L’uomo va verso la porta, la chiude e poi torna da noi.

“Commissario, non so se sia vero o no, ma le voci che mi sono giunte dicono che è stato rubato. Da chi non lo so, ma se fosse vero immagino la fibrillazione dei collezionisti”.

“Hai i nomi di queste persone?”.

“Se faccio i nomi, vado contro il mio interesse personale, deve capire…”.

“Raso, io capisco che ti sbatto in galera se non mi dai questi nomi!”.

A malincuore prende carta e penna e scrive i nomi con tanto di indirizzo di casa.

“Bravo, hai fatto la cosa giusta credimi. Un’ultima domanda, da te non è venuto nessuno per proporti il dipinto?”.

“No! Glielo detto sono diventato onesto, mi è bastato farmi un paio di anni alle Nuove per capire cosa voglia dire essere privato della libertà”.

“Mi fa piacere sentirtelo dire, se vieni a conoscenza di qualcosa chiamami, ti lascio il mio numero di telefono”.

“Commissario, ora andiamo da Corsini?”.

“Sai dove si trova il suo negozio? Io non me lo ricordo”.

“Si, è dalle parti di corso San Maurizio, in zona Vanchiglietta”.

“Meglio andarci subito allora”.

La serranda è alzata, ma la porta del negozio è chiusa. Provo a suonare ma non viene ad aprire nessuno e all’interno le luci sono spente.

“Bon a seirà monsù, ca disa cerca quaidun?”.

“Buona sera, cercavo il signor Corsini”.

“L’ho visto uscire di corsa, a le andai da là”, e indica il gesto verso corso san Maurizio.

“Non gli ha detto se ritorna?”.

“Guardi non mi ha neanche salutato, ed ho trovato strana la cosa. Il negozio accanto il suo è mio e siamo amici da anni, evidentemente avia spressa”.

“Torneremo domani mattina, grazie”.

“Scusi monsù, devo dire a Corsini che siete venuti a cercarlo?”.

“No grazie, non è nulla di importante, arrivederci”.

Ritorniamo in questura con due certezze, la prima che il ladro ha messo al posto dell’originale un falso dipinto, la seconda che cercherà di immetterlo sul mercato per venderlo. In questo caso deve per forza affidarsi a un intermediario o a un ricettatore esperto del mestiere, a meno che non ci sia qualcuno alle sue spalle, ovvero il cliente che gli ha commissionato il furto del dipinto.

Tornato a casa, chiedo a Maria se le va di andare a cena da Mamma Gina: “Lo stavo per chiedere io a te, dammi solo il tempo di farmi bella”.

Sorrido perché è già bella così, ma me lo tengo per me.

Gli domando come è andata la sua giornata, si entusiasma come se fosse il primo giorno di lavoro, mi parla dei clienti, delle loro richiesta e di come la titolare sia veramente una brava donna.

(Continua)

 

 
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