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Messaggi del 22/04/2021

 

Il dipinto rubato (8 capitolo)

Post n°2747 pubblicato il 22 Aprile 2021 da paperino61to

Riassunto: Un dipinto del Moncalvo viene rubato al convento dei frati, il padre superiore chiede aiuto al commissario Berardi. Il furto si presenta fin dall'inizio anomalo. I segni di effrazione vicino alla serratura di una porta sembrano fatti apposta per fare credere a un intruso. Dalla testimonianza di un miliziano nella ronda nottura, nessuna persona o auto è scesa o salita al convento.

 Nel frattempo arriva una chiamata di padre Enzo, il quale comunica che: "Il dipinto è tornato al suo posto!". Il commissario e Perino vanno al convento per sincerarsi della cose, nel tornare in questura, Berardi domanda come mai il suo collega fissava Padre Carlo, la risposta è che ha sentore di averlo già visto ma non ricorda dove, unica certezza che non indossava il saio. Berardi decide di passare da un suo amico: Gianni Notari, proprietario ed esperto di quadri, chiedendo il suo aiuto: osservare il dipinto e confermare che non sia un falso come credono i due poliziotti. 

 Purtroppo il Notari conferma il sospetto: il dipinto ritornato è un falso. Berardi va a interrogare due ricettatori della città; Raso e Corsini. Il primo giura di aver cambiato vita dopo un paio di anni in galera, mentre per il secondo trova il negozio chiuso e la serranda a metà, il proprietario del negozio vicino asserisce di averlo visto andare via piuttosto frettolosamente. L'indomani il commissario torna nel negozio e forzando la porta d'ingresso entra, nel retro trova il corpo del Corsini senza vita e la cassaforte aperta, i cassetti della scrivania a terra. Berardi ritorna da Raso domandando se conosceva qualche cliente della vittima, l'uomo risponde che di solito si tiene un'agenda con i nomi. Ma purtroppo la polizia non ha trovato nulla, allora Raso dà al commissario alcuni nomi di suoi clienti, ma nessuno di loro c'entra con il delitto. Il lunedì in ufficio Perino dice di aver visto Padre Carlo all'ippodromo, era in coda alla cassa delle scommesse, ma non potrebbe giurarlo: "Appena mi ha visto ha cambiato immediatamente direzione. Era in abiti civili". I due vanno dal superiore e domandano se i frati sono usciti dal convento il giorno prima, risponde che solo Padre Carlo è andato ad assistere una ammalata, ma non sa il nome ne dove abita. Padre Enzo dice sdegnosamente che in nessuna maniera un frate può uscire in abiti civili. Il commissario Berardi capisce che Perino ha visto giusto, Padre Carlo era all'ippodromo.

 

 

“Pronto? Si, il commissario è qui, glielo passo”.

“E’ per lei, è una donna, non ha voluto dirmi il suo nome”.

Prendo la telefonata.

“Sono il commissario Berardi, mi dica? Il suo nome non me lo può dire…per riservatezza, allora come faccio a fidarmi di quello che mi vorrebbe dire?”.

La donna mi dice solo che mi aspetta al Caffè Baratti in piazza San Carlo.

Decido di andare, anche se gli appuntamenti al buio non mi sono mai piaciuti.

“Prego commissario, si segga” la donna è seduta al tavolino del bar, indossa un cappellino con tanto di veletta per nascondere il volto. Dalla voce direi che è intorno ai quarant’anni, i capelli color castano chiaro. Il vestito che indossa è azzurro come il cielo.

“Prende qualcosa? Cameriere, due apertivi per favore. La prego non mi giudichi una donna spregiudicata, e soprattutto non mi chieda chi sia”.

“Un po’ insolita come richiesta non trova? Va bene non le chiederò chi sia, ora però mi dica del perché mi ha invitato qui”.

“Ho letto dai giornali che sta indagando sulla morte di Bartolo Corsini…io e lui avevamo una relazione da diversi anni”.

“Intende che lui era il suo amante?”. La donna ha un fremito

: “In estate trovare una donna che indossa dei guanti non è facile, lei ha tolto un guanto solo, l’altro lo indossa e guarda caso è quello della mano sinistra dove di solito si tiene la fede nuziale. Quindi  deduco che lei è sposata e che Corsini per forza di cose era il suo amante”.

“Non sbagliano a definirla un ottimo poliziotto, complimenti commissario. Tutto vero quello che ha detto, era il mio amante. Ci vedevamo in un pied-à-terre che Corsini aveva comprato in via Giulia di Barolo”.

“Quando lo ha visto l’ultima volta?”.

“Un paio di giorni prima che…” singhiozza mentre cerca di usare la parola assassinato.

“Lei sa se aveva dei nemici? Qualche cliente a cui aveva fatto uno sgarro?”.

Sorseggia l’aperitivo mentre fa mente locale, poi mi risponde di no: “L’unica cosa che mi ha detto quel giorno che ci siamo visti, è che aveva in ballo un buon affare e che se andava in porto avremmo potuto andare via da Torino insieme”.

“Non ha idea di cosa volesse dire?”.

“No! Purtroppo non me lo ha detto…lei crede che sia stato ucciso per…”.

“Non posso dirlo con certezza, ma non lo escludo. Lei conosce qualche cliente o ha avuto modo di incontrarli?”.

“Mi faccia pensare, l’unico che ho incontrato è un signore di una certa età, un certo barone Pisani, ma è stato un paio di anni addietro, non so se è ancora vivo”.

“Aveva amici?”.

“Non credo, e se ne aveva non me ne hai mai parlato. Una volta mi disse che con il suo lavoro era meglio non averne. Gli domandai cosa volesse dire ma non rispose. Ora che è stato ucciso capisco il senso di quella frase”.

“Vorrei rivolgerle ancora una domanda, lei per caso conosce qualche ottimo pittore che sappia riprodurre un dipinto originale?”.

Sembra stupita a questa domanda e anche perplessa, poi risponde di no, ma che se voglio può domandare in giro: “Ho degli amici che si intendono di pittura”.

“Gliene sarei grato signora”.

“Ora devo andare commissario, mi raccomando…”.

“Stia tranquilla signora, ha la mia parola non solo di poliziotto ma anche di uomo”.

Questo colloquio non ha aggiunto altro tranne la riconferma che Corsini non era uno stinco di santo, e che tra le mani aveva un affare che poteva portargli in tasca parecchi soldi. Che altro può essere se non il dipinto del Moncalvo rubato al convento?

Perino nel frattempo è risalito ad alcuni clienti della vittima, ma non è riuscito a sapere nulla di concreto, sono mesi che non lo vedevano. Tutti quanti hanno degli alibi per il giorno del delitto.

“Commissario, come è andato l’incontro con quella donna?”.

Gli racconto la conversazione avuta. La giornata passa senza che muoviamo un passo nel trovare l’assassino e il dipinto rubato. Solo in piena notte ricevo una chiamata a casa, faccio un po’ di fatica a capire cosa è successo: “Maria, devo andare al negozio di Corsini, è successo qualcosa”.

“Mi scusi commissario se l’ho disturbata a casa e per di più in piena notte, ma è successo che qualcuno è entrato nel negozio togliendo il sigillo che avevamo messo…guardi anche lei”.

Il sigillo è a terra, il nastro strappato e la porta aperta.

 

(Continua)

 

 
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