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Messaggi del 30/04/2021

 

Il dipinto rubato (12 capitolo)

Post n°2752 pubblicato il 30 Aprile 2021 da paperino61to

Riassunto: Un dipinto del Moncalvo viene rubato al convento dei frati, il padre superiore chiede aiuto al commissario Berardi. Il furto si presenta fin dall'inizio anomalo, tanto vero che dopo un paio di giorni ritorna al suo posto. 

  Berardi decide di passare da un suo amico: Gianni Notari, proprietario ed esperto di quadri, chiedendo il suo aiuto: osservare il dipinto e confermare che sia veramente Lloriginale e non un falso.

 Notari conferma che il dipinto ritornato è un falso. Berardi va a interrogare due ricettatori della città; Raso e Corsini. Il primo giura di aver cambiato vita dopo un paio di anni in galera. Mentre il Corsini verrà ritrovato morto nel retro con la cassaforte aperta, i cassetti della scrivania a terra.  Il lunedì in ufficio Perino dice di aver visto Padre Carlo all'ippodromo, era in coda alla cassa delle scommesse, ma non potrebbe giurarlo: "Appena mi ha visto ha cambiato immediatamente direzione. Era in abiti civili". I due vanno dal superiore e domandano se i frati sono usciti dal convento il giorno prima, risponde che solo Padre Carlo è andato ad assistere una ammalata, ma non sa il nome ne dove abita.Una donna misteriosa incontra il commissario, la quale riferisce che Corsini aveva tra le mani un grosso affare e che con i soldi incassati sarebbero scappati insieme, ma non sa dire di che affare. Beradi domanda se conosce qualche pittore bravo a riprodurre un dipinto. In piena notte Berardi riceve una chiamata, qualcuno è entrato nel negozio di Corsini. Qualcuno si è intrufolato nel negozio per cercare cosa? l'agenda dei clienti o il dipinto? Berardi opta per il dipinto. Chiede rinforzi e si mettono alla ricerca di questo dipinto, ma non riescono a trovarlo, solo quando stanno per uscire Berardi nota qualcosa di strano nel soffitto, una specie di scalino in cartongesso desta la sua curioistà. Nel nascondiglio il commissario trova vari oggetti tra cui il dipinto originale. Nel tornare in questura, la misteriosa donna dice di avere i nomi dei pittori che potevano riprodurre il Moncalvo, sono solo due: uno studende e un negoziante di quadri. Nel frattempo la misteriosa donna informa il commissario di avere due nomi pittori in grado di falsificare un quadro: Taverna, proprietario di un negozio alla Crocetta e uno studente delle Belle Arti: Massimo Viale. Il primo dice chiaramente che è da quando si è sposato che ha smesso di fare copie false. Berardi va all'accademia e gli riferiscono che il ragazzo è da diversi giorni assente. Decide di andare nel suo appartamento e l'unica cosa che trova è una copia non finita di un quadro di Da Vinci e il giornale aperto sull'articolo della morte di Corsini. Il commissario capisce che lo studende è scappato per paura. Ritorna all'accademia e domanda al rettore se qualche persona è venuto a cercare il ragazzo. Dalla descrizione capisce che è Padre Carlo, nel frattempo Perino riferisce che il frate è finito nella mani dei fratelli Reggi: usurai e malavitosi. Berardi e Perino salgano al convento e fanno confessare Padre Carlo, costui nega solo il delitto, l'ha saputo leggendelo sul giornale ed ha subito capito che erano stati i fratelli Reggi. Il commissario lo "obbliga" a collaborare tendendo una trappola agli assassini.

 

 

 

Il piano è molto semplice ma tutto si basa sulla sicurezza che i fratelli Reggi non devono avere il benché minimo sentore su ciò che padre Carlo gli racconta.

L’appuntamento al negozio di Corsini è fissato per le due di notte; il frate sarebbe entrato nel negozio lasciando la porta socchiusa. Il falso dipinto, dopo esser stato tolto dalla cornice sarebbe stato nascosto in quel controsoffitto dove io ho trovato l’originale.

Io e Perino fin dal primo pomeriggio ci siamo nascosti all’interno del negozio, passando dal retro per non farci vedere e lasciando intatti i sigilli alla porta. Gli altri colleghi invece sarebbero arrivati verso l’imbrunire nascondendosi all’interno dei portoni di fronte al negozio.

“Commissario, crede che il frate abbia convinto i Reggi a venire qui?”.

“Lo spero, sa bene che rischia di essere incriminato anche per il delitto”.

“Ma sappiamo che non è stato lui!”.

“Lo so Perino, ma è l’unico modo per convincerlo a darci una mano, altrimenti credi che lo avrebbe fatto se si fosse trattato solo di un furto?”.

“Credo di no”.

Sentiamo la serranda del negozio vicino abbassarsi, capiamo che è l’ora della chiusura, anche i passi della gente si diradano fino a scomparire. Il tempo sembra non passare più, in lontananza sentiamo le campane di una chiesa battere le ore.

Verso l’una sentiamo qualcuno trafficare alla porta del negozio, tiro fuori la pistola, poi mi volto verso Perino facendo segno di non fiatare.

Sottovoce sento chiamarmi, è padre Carlo. Usciamo dal nascondiglio.

“Buona sera padre, venga qui dove la penombra ci aiuta a non farci vedere dall’esterno”.

“Commissario ho paura, per la prima volta ho paura che Dio mi abbandoni”.

“Non credo, stia tranquillo, vedrà che lui l’aiuterà. Piuttosto mi dica se è stato seguito?”.

“Credo di sì, ma non ne sono sicuro, perché a un certo punto mi sono voltato indietro e non ho più visto nessuno”.

Perino interviene dicendo che di sicuro non erano i nostri colleghi.

“Lo credo anche io, è un uomo della banda. Bene, ora padre Carlo, le dico come muoversi e cosa dire, non abbia tremore o esitazione altrimenti il piano fallisce. Dobbiamo prenderli con le mani nel sacco”.

Il frate ascolta attentamente, non obietta nulla.

Le campane hanno da poco suonato le due, quando sentiamo la porta del negozio aprirsi piano. Un fascio di luce illumina il negozio.

“Sono qui!” esclama padre Carlo. I due uomini indirizzano il fascio verso la sua persona.

“Bene padre, io e mio fratello pensavamo ci avesse fatto uno scherzo…a dire la verità lui ne è ancora convinto, ma io so che lei è una persona sincera, un frate non può mentire vero?”. Il tono con cui pronuncia questa frase fa capire che se non ci fossimo noi, la sua pelle non varrebbe un soldo.

“Venite, vi faccio vedere dove si trova il dipinto”.

I due uomini lo seguono, osservando il controsoffitto indicato dal frate.

Chiedono come fa ad esserne sicuro, padre Carlo dà esattamente la spiegazione che gli ho detto di dare.

“Furbo questo Corsini, se parlava subito non sarebbe morto...pace all’anima sua…Felice, guarda se trovi una scala”.

“Guarda dietro a quel tavolo, l’ho vista l’ultima volta che sono venuto qui. L’ho rimessa a posto caso mai la polizia fosse ritornata”.

“E bravo padre…che dici fratello mio, lo facciamo entrare nella banda?” entrambi ridono a questa battuta.

Uno dei due sale sulla scala e apre la porticina segreta, infila la mano e esulta al sentire che sta toccando qualcosa.

“Eccolo!!” e tira fuori il cilindro dove all’interno vi è il falso dipinto.

“Bravo padre mio, vedi non è difficile. Ora pensiamo noi a metterlo sul mercato”.

“Ma è il mio debito? Il dipinto vale tantissimo”.

Uno dei due fratelli tira fuori un coltello e lo avvicina al volto del frate.

“Tu ringrazia che siamo di buon’umore altrimenti saresti morto come quel meschino di Corsini…avresti dovuto sentirlo come chiedeva pietà, per il debito sono affari tuoi, noi quei soldi li vogliamo…e in fretta!”.

Il frate si accascia su una sedia mentre uno dei due delinquenti gli dice di alzarsi e di uscire: “Meglio andare via prima che passi di nuovo il metronotte”.

I tre si avviano verso l’uscita, padre Carlo è in mezzo a loro. Appena varcano la soglia i colleghi intervengono immediatamente, mentre io e Perino li prendiamo alle spalle.

I Reggi capiscono subito che per loro è finita ed alzano le mani.

“Perino, togli il coltello al signore, non vorrei mai che avesse la tentazione ad usarlo”.

Il frate è seduto per terra tremante di paura, non osa guardare in faccia i due fratelli.

“Signori, siete in arresto per l’omicidio di Corsini, violazione di domicilio, ricatto e minacce…direi che per parecchi anni non sentiremo parlare di voi. Portateli via!”.

“Bene padre Carlo, vada anche lei con i miei uomini, come promesso dirò al giudice di tenere conto dell’aiuto che ci ha dato”.

Tornati in questura scrivo il rapporto e lo consegno al questore: “Forza Perino vai a dormire, io passo un attimo dal mio amico e gli consegno il dipinto originale, così che possa rimetterlo nella cornice originale data padre Enzo. Poi nel pomeriggio lo porterò al convento”. Per quanto riguarda lo studente è bastata la paura di essere complice in un delitto e la ramanzina del questore per farlo desistere nel fare copie di dipinti famosi per eventuali clienti futuri.

Esco dalla questura e osservo il cielo, anche oggi bel tempo e caldo.

 

                                           Fine

 

 

 

Un grazie a tutti voi che avete seguito l'ennesima indagine del commissario, alla prossima :-) 

 

 

 
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