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Messaggi del 12/01/2024

 

Omicidi con ballo ( 3 capitolo)

Post n°3138 pubblicato il 12 Gennaio 2024 da paperino61to

 

Riassunto: Il commissario Berardi indaga su un omicidio di un uomo trovato all’interno di un automobile. La vittima si chiama Alfredo Castello. Il proprietario dell’auto dove è stato scoperto il cadavere è il signor Cialli. Nell’alloggio di Castello viene trovato un biglietto di una sala da ballo, il Royal. Il commissario con i suoi uomini va ad interrogare il personale del locale, mostrando loro la foto della vittima, solo una ragazza lo riconosce ma evita di dire di più. Berardi e Perino fanno un salto alla Schiapparelli dove lavora come dirigente Cialli, questi vengono accolti da Patris responsabile dell’ufficio amministrativo, il quale racconta voci di corridoio dove il dirigente come un uomo non certamente simpatico, affabile e che vive al di sopra delle sue possibilità. Il Cialli continua a negare di conoscere la vittima. Si scopre inoltre che ha avuto delle relazioni con altre donne, Berardi viene a sapere il nome di una sola, una certa: Edna Valenti. La donna conferma che anche Cialli è un cliente del Royal(locale dove la vittima si recava). La Valenti sconcerta il commissario non solo per la sua bellezza ma anche per la sua spigliatezza e spregiudicatezza. Nel frattempo la ragazza della sala da ballo, Claudia Gisolo prende appuntamento con Berardi perché ha delle cose da riferire e concorda appuntamento in un bistrot.

 

Man mano che mi avvicino alla panchina sono sempre più convinto che sia la signorina Claudia.

La saluto ma non mi risponde, lo sguardo vitreo, appoggio una mano sulla sua spalla e lentamente scivola di lato sulla panchina.

In quel momento capisco il mancato appuntamento: l’hanno uccisa.

Vedo una coppia venire verso di me.

“Scusate se vi fermo, sono il commissario Berardi, avrei bisogno che andaste in quel bistrot a fare una telefonata in questura. Ecco il numero che dovete comporre, chiedete di Tirdi o Perino, sono i miei colleghi…gli dica di fare venire anche il dottor Stresi”.

I due non domandano nulla, ma osservano la donna riversa è capiscono che qualcosa è accaduto.

“Berardi, sapevo dai giornali che lei avesse un certo fascino sulle donne, ma che addirittura le cadano ai suoi piedi morte, questa non me la sarei mai aspettato!”.

“Non sia geloso dottore, anche lei in tempi assai lontani avrà fatto strage di cuori femminili. Ora però mi dica, la poveretta come è stata uccisa?”.

“Da un primo esame direi che è stata uccisa da un coltello o qualcosa di appuntito, vede questo foro sul collo? La donna non si è accorta di nulla”.

“Un colpo solo?”.

“Sicuramente, per ora posso dirle che la morte risale a un paio di ore fa, diciamo tra le undici e le tredici, ma sarò più preciso dopo l’autopsia”.

Osservo il luogo del delitto, poi domando a Tirdi di attraversare il corso e di andare nel controviale.

“Cosa devo cercare?”.

“Se trovi un coltello o qualcosa di simile”.

La ricerca non dà esiti positivi. 

 “Commissario venga, c’è questo signore che vorrebbe parlarle”.

“Buongiorno, mi dica…”.

“Buongiorno commissario, mi chiamo Vincenzo Ballerin, abito qui di fronte al parco, al numero 12. Ero affacciato al balcone a fumarmi una sigaretta, quando ho visto una persona camminare sul marciapiede, ho notato che si guardava intorno ed è rimasta appoggiato a quell’albero laggiù. Poi quando è arrivata la donna che si è seduta dove l’avete trovata, l’uomo si è alzato e mi ha dato l’impressione che gli andasse incontro. Io sono rientrato perché mi hanno chiamato e quando sono di nuovo uscito sul balcone ho visto solo la donna sempre seduta ma l’uomo non c’era più”.

“Immagino che non saprebbe riconoscerlo?”.

“Non l’ho visto in volto se è questo che vuole sapere, posso solo dirle che era alto circa un metro e ottanta, aveva un cappello in testa calato sulla fronte, l’abito se non ricordo male era di color grigio o nero.

 “La ringrazio signor Ballerin, se le viene in mente qualcos’altro venga pure in ufficio”.

“Bene ragazzi, se la ragazza aveva qualcosa da dirmi riguardante l’omicidio è svanita…dannazione, se solo fosse venuta direttamente al bistrot”.

“Ma perché si è seduta qui? Forse aspettava qualcuno”.

“Potrebbe essere Perino, ma chi era la persona che aspettava?”.

“Non di sicuro l’assassino” risponde Tirdi.

“Sicuramente, e se la donna stesse ricattando qualcuno?”.

“L’assassino del Castello? A questo punto non si può escludere neanche questa ipotesi”.

“Già, non è da scartare, si sa dove abitava questa povera ragazza?”.

“Si, abitava in via Delle Orfane al numero 5, è una traversa di via...”.

“So dove si trova la via, forza facciamo un salto”.

La via è una traversa di via Garibaldi, l’abitazione è all’angolo con via Del Carmine,

il condominio non ha portieri, ci sono sei piani più una mansarda e la donna viveva lì.

“Ma perché non obbligano a mettere gli ascensori a tutti i palazzi…” sbuffa Perino.

“Lo fanno per mantenerti giovane caro collega” gli risponde Tirdi

“Dai che ci siamo quasi, ecco la mansarda, chi di voi ha il passepartout?”.

Tirdi si avvicina poi esclama: “La porta è aperta”.

Entriamo  e vediamo che l’alloggio è sottosopra, evidentemente l’assassino dopo l’omicidio è venuto qui.

 

 

 “Cosa stava cercando?”.

“Bella domanda, forza diamo un’occhiata anche noi, Perino vai a chiamare la scientifica magari troveranno qualche impronta del nostro amico, anche se non credo che sia così stupido da averne lasciate”.

Dopo un’oretta di accurata perquisizione non abbiamo trovato nulla, nel frattempo la scientifica è arrivata e le lasciamo campo libero.

Torniamo in ufficio, e avvisiamo i genitori della ragazza che abitano a Caluso.

“Commissario Berardi chi parla?”.

“Buongiorno commissario sono Ballerin si ricorda di me?”.

“Si, dica pure…”.

“Mi è venuto in mente una cosa, che quell’uomo che ho visto, sa che gliele avevo parlato, era intento a fumare ma con nervosismo, di solito chi fuma lo fa per rilassarsi”.

“Credo di capire, quindi secondo lei era nervoso”.

“Esatto, però ripeto è una mia impressione”.

“Ne terremo conto grazie signor Ballerin”.

Per ora di concreto non vi è nulla.

Verso sera chiamo Maria per sapere come sta e come stanno i nostri amici in comune.

Esco dall’ufficio e vedo un auto parcheggiata più avanti, una mano sporge dal finestrino, mi fa segno di salire.

 “Buongiorno commissario, mica avrà paura a salire in auto con me?”.

Era la Valenti.

“Giuro che farò la brava”.

“Buongiorno signora…”.

“Alt! Incomincia male commissario, mi chiami Edna e se le va possiamo darci del tu”.

“Va bene sig…scusa Edna, non credo che tu sia passata di qui per caso”.

“Vero, ti stavo aspettando, se non sei più in servizio ti andrebbe di pranzare insieme?”.

“Perché no? Conosco un …”.

La donna accende il motore e mentre parte dice: “Ti porto io in un posto, è in collina a Pecetto, non vorrei mai che qualche tua conoscenza ci vedesse insieme, non vorrei crearti dei problemi”.

Non dico nulla, ma non ha tutti i torti, in fondo questa donna è uno dei personaggi dell’indagine.

Il traffico è scarso a quest’ora, in meno di un quarto d’ora siamo al ristorante.

“Eccoci arrivati, sei mai stato qui?”.

“No, non ne ho mai avuto occasione”.

La vista è meravigliosa, dalla balconata si vede tutta la città.

“Buongiorno signora Valenti, signore…prego accomodatevi”.

“Ti vedo ancora sulle tue Marco o è un’impressione sbagliata?”.

Sorrido e rispondo che è vero, sono un po’ a disagio: “Non capita tutti i giorni ad un commissario di polizia essere invitato in un ristorante in collina da una…bella donna come te”.

“Se è un complimento lo accetto molto volentieri…ecco che arriva la carta del menù…sei mio ospite Marco”.

 

Il menù è ottimo anche se rimango dell’opinione che mamma Gina non sfigurerebbe affatto con lo chef di questo ristorante.

“Facciamo una passeggiata? C’è un sentiero dietro il ristorante”.

Ci incamminiamo, lei parla della sua gioventù, dei suoi trascorsi a Cavour, della morte del padre a cui era legata tantissimo, alla decisione di trasferirsi a Torino.

“So che cosa pensi Marco, che sono una mantenuta”.

“Per nulla…”.

“Non sai dire le bugie, l’ho capito dall’interrogatorio fatto con i tuoi colleghi. In parte è vero, faccio la mantenuta ma non vendo il mio corpo se è questo che pensate”.

“Come hai conosciuto Cialli?”.

La donna si ferma e mi indica la fine del sentiero: “C’è una panchina dopo la curva”.

Dopo parecchi minuti di silenzio risponde alla mia domanda.

“In una serata al Royal ero con un mio amico che conosceva Cialli e ci ha presentati. Poi ci siamo rivisti la settimana dopo e ogni tanto uscivamo insieme”.

“Lui per te cos’è?”.

“Nulla credimi, non so perché ma quando siamo insieme mi mette paura, ha qualcosa nello sguardo che non mi piace, è geloso, ma soprattutto è ossessionato da una donna, te l’avevo accennato in commissariato se non sbaglio”.

“Si, una certa Isa se non ricordo male”.

“Non sono sicura che sia Isa il nome giusto, lui l’aveva nominata solo una volta e per di più sottovoce”.

Mi prende la mano: “Ora raccontami un po’ di te…sei sposato?”.

“No, sono fidanzato, e di bello nel mio lavoro c’è ben poco credimi. A volte vorrei mollare tutto, il male è dentro l’essere umano, brutto a dirsi ma è la verità”.

“Pensi anche di me che ci sia del brutto?”.

“No!”.

Lentamente le sue labbra sfiorano le mie.

“Scusami Marco…sono stata sfacciata, perdonami. Vieni torniamo alla macchina, ti riporto in ufficio”.

 

 

Nel tragitto il silenzio ci fa compagnia.

“Eccoci arrivati commissario e grazie per la compagnia…capisco se non volessi più vedermi; per la serata al Royal lasci perdere, faccia finta che non abbia detto nulla”.

Torno in ufficio, ma per tutto il proseguo della giornata ripenso a quel bacio “rubato” e alle sue parole.

“Commissario tutto bene?” mi domanda Tirdi.

“Come? Si tutto bene, solo un po’ di mal di testa”.

“Vuole che vada in farmacia?”.

“No grazie passerà, piuttosto ci sono novità in merito all’assassino della ragazza?”.

“Abbiamo domandato ai nostri informatori di avvertirci nel caso scoprano qualcosa, ora si tratta di aspettare”.

“Sempre che il testimone sia attendibile”.

“Crede che abbia mentito?”.

“Questo no, ma magari quell’uomo non c’entra nulla con la morte della Gisolo”.

“Se facessimo di nuovo una visita nel suo alloggio? Forse ci è sfuggito qualcosa”.

“Possiamo tentare, dai…non ho voglia di stare chiuso in ufficio”.

L’alloggio è come l’abbiamo lasciato, ovvero sottosopra.

“Riproviamo a guardare con calma, in ogni angolo, in ogni cassetto, non lasciamo nulla di intentato per trovare un indizio”.

Purtroppo non troviamo nulla, stiamo per andare via quando sentiamo suonare il campanello. E’ un ragazzo sulla trentina.

“Buona sera, sono un amico di Claudia, è in casa?”.

“Buona sera, sono il commissario Berardi e lui è l’agente Tirdi”.

“E’ successo qualcosa? Claudia come sta?”.

“Ha un posto dove si possa parlare?”.

“Si, abito al piano di sotto, venite…mio dio…”.

Al sapere della morte della sua amica, il ragazzo si mette a piangere e balbettando domanda cosa le sia successo.

“E’ stata uccisa! Lei sa se aveva ricevuto minacce?”.

“Uccisa? Ma chi…me lo dica che l’ammazzo io quel maledetto”.

 (Continua)



 

 

 

 
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