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Post n°9 pubblicato il 29 Novembre 2011 da papiriRotoliEricette
Il riso alla milanese La storia del mitico risotto allo zafferano nasce alla metà del ‘500, con un artigiano che lavorava alle vetrate del Duomo, alle prese con gli invitati del proprio matrimonio con la figlia di un mastro vetraio. Per far colpo, l’ingegnoso sposo dipinse il risotto con un po’ dello zafferano che veniva usato nella preparazione dei colori. E così il piatto è diventato uno dei simboli di Milano e della sua cucina. E persino Giuseppe Verdi lo ha portato nella più raffinata cucina europea fino alla scuola di Escoffier, dettandone la vera ricetta di cottura, detta poi alla Verdi. Partendo dalla rosolatura di una cipolla affettata con un cucchiaio d’olio, di solito si unisce il riso e un bicchierino di vino. Mescolando, si fa cuocere il riso versando costantemente del brodo, senza lasciarlo asciugare. A metà cottura va unito lo zafferano, e al termine si unisce anche formaggio grattugiato. L’usanza del lancio del riso sugli sposi ha origine dalla tradizione cinese: un’antica leggenda narra che il Genio Buono, alla vista dei contadini colpiti da una grave carestia, sia stato mosso a pietà e abbia chiesto loro di irrigare i campi con l’acqua del fiume in cui egli disperse i propri denti. L’acqua trasformò i denti in semi, da cui germogliarono migliaia di piante di riso, che sfamarono l’intera popolazione. Il riso da allora divenne simbolo di abbondanza e prosperità e lanciarlo sugli sposi equivale ad augurare loro un futuro di felicità e soddisfazioni. C’è anche chi sostiene, invece, che l’usanza del lancio del riso abbia origini Romane. Si dice, infatti, che per tradizione nell’Antica Roma si lanciasse del grano sugli sposi (sempre come augurio di fertilità). Il “cambio di cereali” è avvenuto nel momento in cui il riso è diventato più reperibile del grano (avere del riso in casa è semplice … reperire del grano potrebbe essere un problema). Ma questa seconda ipotesi riguardo alla tradizione del lancio del riso sugli sposi è meno certa rispetto alla prima. Un'antica leggenda spiega come mai i balinesi piantino sempre un nuovo campo di riso prima di raccogliere i frutti di quello precedente. Secondo questa leggenda un gruppo di agricoltori, che da anni non riusciva a trarre nutrimento a sufficienza dal raccolto, promise di sacrificare un maiale agli dei se vi fosse stata abbondanza. Poco dopo questa promessa le condizioni climatiche migliorarono e tutto sembrò favorire un raccolto copioso. Gli agricoltori, felici per quanto avvenuto, iniziarono a cercare un maiale da sacrificare, ma ogni loro tentativo fu vano. Poichè l'ora del raccolto si avvicinava e nessuno di essi era riuscito a trovare un maiale, qualcuno propose di sacrificare un bambino al posto dell'animale. Ad un passo dal terribile sacrificio, ad uno degli agricoltori venne in mente che la promessa era di adempire al voto dopo il raccolto, perciò se vi fosse sempre stato del riso da far crescere e da raccogliere, il sacrificio non sarebbe stato necessario. Ecco dunque spiegata questa usanza. Alle mille virtù dietetiche e terapeutiche del riso accenniamo nella rubrica dedicata alla salute, dando “la parola ai dietologi”. Qui, diremo soltanto che non c’è motivo di stupirsi se attorno a questo prodotto considerato sacro sono scaturiti in Oriente usi e costumi tuttora vivi. E anche modi di esprimersi che resistono al trascorrere dei secoli: ancor oggi per i cinesi il pasto è «l’ora del riso», e nella loro lingua il nostro “Come va?” suona «Avete mangiato riso?». Un saluto affettuoso e augurale che non si nega a nessuno... Un’altra leggenda vuole invece che il riso sia una pianta indiana, «senza madre né padre» perché nata non da un seme ma da un prodigio d’origine divina. C’era una volta, nella notte dei tempi, una bellissima e buona fanciulla che si chiamava Retna Doumila ovvero Gioia Raggiante. Se ne innamorò follemente il dio Shiwa (una delle maggiori divinità dell’induismo) che, sensibile al fascino femminile non meno dello Zeus degli antichi Greci, era ben deciso a sposarla e renderla immortale. La bella Retna non voleva saperne, ma la corte del dio si fece così pressante che ad un certo punto, tanto per guadagnare tempo, lei acconsentì alle nozze. Richiese, però, un dono speciale: avrebbe sposato Shiwa se questi avesse creato, prima, un «cibo buono e nutriente che non sarebbe mai venuto a noia alla gente». Che cosa fece, allora, il dio Shiwa? Inviò sulla terra un messaggero, incaricandolo di far ricerche in proposito. Purtroppo l’inviato, a sua volta preda di perfide donne ed irresistibili amori, non riservò eccessivo zelo al compito affidatogli. Ci furono complicati intrecci e lunghi ritardi (come in qualsiasi storia orientale che si rispetti), fatto sta che in sostanza il servo di Shiwa si dimenticò dell’incarico e non volle più tornare fra gli dei. Infuriato per la piega presa dagli avvenimenti, l’impaziente ed orgoglioso Shiwa prese Reina con la forza. Per la vergogna e l’oltraggio subito, Reina si tolse la vita gettandosi nel fiume. Quaranta giorni dopo la sua morte, sulla tomba in riva al Gange spuntò un’esile pianticella dalla quale pendevano chicchi bianco-dorati: era l’anima della fanciulla che fioriva. Un’altra versione della leggenda propone un finale un tantino diverso. Qui si vede Shiwa, tristissimo per la morte dell’amata, cogliere su una lontana stella dell’Universo una pianticella sconosciuta. In segno d’omaggio la pone sulla tomba della ragazza, dove la pianticella bagnata dalle lacrime del suo immenso dolore si moltiplica rapidamente e riempie tutti i campi circostanti. In entrambi i casi, però, c’è una sola indicazione conclusiva: «in questa pianta è chiusa l’allegria della bella Retna, ed io la chiamerò riso», disse il pentito Shiwa, che la distribuì agli uomini per vincere la loro fame. E, proprio come Retna aveva desiderato, il cereale non venne mai a noia.
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Post n°8 pubblicato il 29 Novembre 2011 da papiriRotoliEricette
Tag: arabo, coagulante, epoca, formaggio, latticini, leggenda, medioevo, monastero, notizie.., origini, panieri, pastorizia, pregiudizzi, stagionati, vegetali, vimini -Si racconta che un mercante arabo, dovendo attraversare il deserto, aveva portato con se del latte come cibo, e lo aveva messo in un bisaccia ricavata dallo stomaco di una pecora. Il caldo, gli enzimi della bisaccia e l’azione del movimento acidificarono il latte trasformandolo in Formaggio. ----- piccola storia del formaggio---- Anche nella mitologia greca se ne parla. Sono le ninfe ad insegnare ad Aristeo ( figlio di Apollo) la pastorizia e come cagliare il latte. La parola stessa FORMAGGIO deriva da formos ( paniere di vimini dove era messo il latte cagliato per dargli forma. Formos diventa per i romani forma . Omero ne parla nell’Odissea descrivendo il ciclope Polifemo mentre prepara il formaggio . Gli etruschi preparavano il formaggio usando cagli vegetali come il cardo o il fico . I romani usarono anche il latte di vacca e introducendo lo zafferano e l’aceto per ottenere la cagliata. Marco Terenzio Varone ci lascia un documento molto dettagliato sui tipi di formaggio usato nel II a.C. E nel “DE rustica” ci documenta sui gusti dell’epoca, formaggi ottenuti con il caglio di lepre, o capretto. Altri ci spiegano anche l’uso dei coagulanti vegetali. Nel Medioevo ci furono dapprima dei pregiudizi sul formaggio perché gli ignoti meccanismi di coagulazione e fermentazione erano visti con sospetto . Oggi le varietà di formaggi non si contano dai freschi ai stagionati … e tutto questo forse grazie a quel mercante arabo .. Se qualcuno ha altre notizie mi piacerebbe conoscerle..grazie |
Post n°7 pubblicato il 29 Novembre 2011 da papiriRotoliEricette
Doniii ..Aiho al puvrasi……aihooo!!!!! Questo era il grido delle pescivendole che passavano al mattino con le biciclette stracariche di casette e borse ricolme di vongole che i pescherecci avevano scaricato al porto . Le vongole, in Romagna, venivano ( evengono ancora ..) chiamate “puvrasi” da poveracce, erano considerato cibo per i poveri. Abitavo un po’ fuori del paese e dietro casa mia c’era una strada bianca che attraversava la campagna. Dopo avere mangiato le vongole si buttavano i gusci nei buchi della strada, mio padre mi spiego che con il passarci sopra il guscio diventava sabbia e questo era un modo come un altro per riparare le strade ( almeno quelle bianche.). La ricetta era ed è: olio, aglio, prezzemolo,pepe, sale e vongole, devono saltare nel tegame fino a che non sono tutte aperte ( oggi è consigliato farle cuocere molto … vivono intorno agli scogli), e servite con spicchi di limone e tanto pane da pucciare nel sughetto del fondo ( non sarà da galateo ma è tanto buono che sprecarlo è un peccato quindi Evviva la scarpetta finale …). Qualcuno il limone a spicchi lo aggiunge durante la cottura e ci si può mettere anche qualche pezzetti di pomodoro. Oggi le vongole si vanno a mangiare al ristorante e si pagano care il piatto nei menù è chiamato sautè . Molti cibi della tradizione contadina o cosi detta povera oggi la si trova in ristornati e sono diventati cari. Nel riminese vi è un borgo che si chiama San Giuliano la tradizione vuole che il sarcofago del martire si areno in questa zona dove poi venne a lui dedicato il borgo. Un tempo questa era la buganvillee di Rimini qui si ascoltava un vecchio dialetto oggi praticamente dimenticato il "portolotto” , case di vecchi pescatori ammassate che si estendevano in altezza quando le famiglie aumentavano. Oggi questo borgo è stato piano, piano restaurato ed è un vero e proprio gioiellino . Da alcuni anni vi si svolge una grande festa dedicata a Fellini , muri affrescati con rappresentazioni dei suoi film e tanti piccoli spettacoli nelle piazzette saltimbanchi, pagliacci, musici, e piadina e Sangiovese , puvrasi, cossi ( cozze) saraghina o sardela ( sardine )arrosto.In questa occasione passando nei viottoli si possono vedere gli interni delle case che vengono lasciate aperte per essere mostrate ai passanti.. Durante la serata uno spettacolo sotto al ponte di Tiberio impegna diversi artisti a secondo del tema scelto, su di un palco un complesso suona valzer e per finire la serata spettacolo pirotecnico. Una serata che risveglia questo borgo al di là del ponte di Tiberio.. Sinceramente mi manca ancora quel grido “ Doniii aiho al puvrasi…..aihooo!!! |
Post n°5 pubblicato il 27 Novembre 2011 da papiriRotoliEricette
Merluzzo coi porri Non metto le dosi regolatevi a piacere … Merluzzo (filetti) Porri prezzemolo sale e pepe olio e aceto Lessate i vostri filetti SPINATI di merluzzo ( quelli congelati vanno benissimo.) Una volta lavato i porri vanno tagliati a rondelle sottili conditi con olio sale pepe un cucchiaio di prezzemolo tritato e aceto . Mettete una metà dei vostri porri stesi in un piatto di portata , appoggiateci sopra i vostri filetti di merluzzo scolati e ricopriteli poi con il resto dei porri …. Aspettate magari almeno un’ora prima di servirli cosi che il vostro pesce si insaporisca (ma si può preparare anche la mattina per la sera ) …. E Buona appetito! |
Inviato da: giumadgl0
il 13/06/2013 alle 19:47
Inviato da: ho.sesso
il 03/01/2013 alle 12:11
Inviato da: papiriRotoliEricette
il 02/12/2011 alle 06:43
Inviato da: fadiesis_minore
il 29/11/2011 alle 23:48
Inviato da: fadiesis_minore
il 29/11/2011 alle 23:44