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« Variazioni sul tema.La scelta di Bassanio »

Il mercante di Venezia.

Post n°4 pubblicato il 22 Gennaio 2008 da sentierodisole
 

Questa commedia è veramente un capolavoro letterario.
La bella Porzia è vincolata da una pomessa con il padre a sposare colui che riuscirà a trovare in quale tra tre scrigni si trova il suo ritratto.
(l'intero testo si può trovare a questo indirizzo:
http://www.liberliber.it/biblioteca/s/shakespeare/il_mercante_di_venezia/html/testo.htm

Nella prima scena Bassanio chiede un prestito al suo amico Antonio per corteggiare la bella Porzia che vive a Belmonte.

Antonio - Bassanio, tu mi dovresti conoscere,
e dovresti saper che perdi il tempo
e nient'altro a sollecitar così
alla larga e con circonlocuzioni
il mio affetto per te; e mi fai torto
più a dubitare ch'io non sia disposto
a far tutto il possibile per te,
di quanto me n'hai fatto
a scialacquar finora tutto il mio.
Dimmi solo che cosa vuoi ch'io faccia,
e che a tua conoscenza io possa fare,
ed io son pronto a farlo. Perciò parla

Bassanio - C'è una dama, a Belmonte,
ereditiera di grandi ricchezze,
e bella, e quel che d'essa è ancor più bello,
meravigliosamente piena di virtù.
Dai suoi sguardi talvolta ho ricevuto
dolci muti messaggi. Porzia è il nome...
ed in nulla inferiore a quella Porzia
moglie di Bruto, figlia di Catone.
Né le sue doti sono sconosciute
nel vasto mondo, se da ogni costa
i quattro venti le spingono in casa
corteggiatori d'illustre prosapia.
Riccioli biondi del color del sole
le scendon per le tempie: un vello d'oro
che della sua dimora di Belmonte
fa una novella Colchide, ai cui lidi
molti Giasoni vanno alla conquista.
Antonio mio, s'io solo avessi i mezzi
per assumere un posto di rivale
di fronte all'uno o all'altro di costoro,
il cuor mi presagisce un tal successo
da dirmi senza dubbio fortunato!

Antonio - Tutte le mie sostanze, tu lo sai,
sono attualmente in mare,
e al momento non ho danaro liquido
né mercanzie da improntare su due piedi
una somma; perciò mettiti pure in giro
e prova quel che può darti a Venezia
il mio credito. Io sono pronto a spremerlo
al massimo per dare i mezzi a te
per Belmonte e per l'avvenente Porzia.
Va' tosto ad informarti - anch'io lo faccio -
dove c'è del denaro;
ed io non ho problemi ad ottenertelo,
per il mio credito e la mia persona.

Nella seconda scena Porzia e la sua cameriera dialogano sui pretendenti appena giunti a Belmonte.
Nerissa -Vostro padre era uomo assai virtuoso,
ed i sant'uomini, in punto di morte,
sono sempre, si sa, bene ispirati;
onde l'idea di questa lotteria
e di questi tre bravi cofanetti
pieni ciascuno rispettivamente
d'oro, d'argento e piombo,
tra i quali chi scegliesse, a suo talento,
lo scrigno giusto, sceglierebbe voi,
a me sembra una buona ispirazione:
perché non potrà mai scegliere bene
se non colui che sappia amarvi bene.
Ma c'è, tra i pretendenti principeschi
che son qui giunti per tentar la sorte,
qualcuno che vi susciti nell'animo
più calore degli altri?
...
Nerissa - Comunque non avete più bisogno
di temere di sposare l'uno o l'altro
di questi gentiluomini, signora,
perché m'han tutti esternato il proposito
di ritornarsene al paese loro,
senza stare più a lungo in casa vostra
a importunarvi con la loro corte,
se proprio a conquistare il vostro amore
non c'è altro modo che la condizione
posta da vostro padre con gli scrigni.

Porzia -Vivessi tanto a lungo
da diventar come Sibilla vecchia,
voglio morire casta come Diana,
se non sarà nessuno a conquistarmi
secondo quanto per me ha dettato
l'ultima volontà del padre mio.
Son felice, comunque, di sentire
che questo lotto di corteggiatori
si sia mostrato così ragionevole;
perché non c'è nessuno in mezzo a loro
la cui partenza non mi sia gradita.
Perciò buon viaggio, e che Dio li accompagni!

Nerissa - Ricordate, signora, un Veneziano,
uomo di lettere e militare,
che venne qui, vivente vostro padre,
col Marchese di Monferrato?

Porzia - Oh, sì,
Bassanio: così credo si chiamasse.

Nerissa - Infatti; quello là, di tutti gli uomini
che mai videro i poveri miei occhi
era il più degno d'una bella dama.

Nell'atto secondo tre pretendenti provano a trovare l'effigie di Porzia:
il pricipe del marocco, il principe d'Aragona e Bassanio.

Marocco - Non vi spiaccia il color della mia pelle,
bruna livrea del mio torrido sole,
di cui sono un vicino e al cui raggio
posso dir quasi che sono cresciuto.
Ma portatemi qui
l'uomo più bello che sia nato al nord,
dove il fuoco di Febo a malapena
riesce a liquefare dei ghiaccioli,
e facciamoci insieme lui ed io,
un taglio nella carne,
a mostrar quale sangue è più vermiglio.
tra il mio e il suo. Io ti dico, signora,
che questo mio sembiante
ha intimorito uomini valenti;
e ti posso giurare, sul mio amore,
ch'esso è piaciuto alle più avvenenti
e degne vergini del nostro clima.
Ed io non cambierei questo colore,
mia graziosa regina, a nessun prezzo,
salvo che per rapire il vostro amore.

Porzia - A questa scelta io non son guidata
soltanto dalla saggia direzione
dell'occhio d'una vergine fanciulla;
c'è in più la lotteria del mio destino
che m'interdice dalla facoltà
di scegliere secondo ch'io vorrei.
Ma, se mio padre non m'avesse imposto
questa limitazione, e vincolato
d'espresso suo volere a darmi in moglie
all'uomo che riesca a conquistarmi
coi mezzi che v'ho detto, illustre principe,
voi sareste gradito agli occhi miei
non men che ogni altro dei visitatori
ch'io finora abbia visto
venuti qui a richiedere il mio amore.

Marocco - Ed io anche di questo vi ringrazio.
Perciò, vi prego, vogliate condurmi
agli scrigni, a tentar la mia fortuna.
Io vi giuro su questa scimitarra,
ch'ha ucciso il re e un principe di Persia,
che ha vinto pel sultano Solimano
tre battaglie campali,
che mi sento di far abbassar gli occhi
all'uomo più spavaldo della terra,
di sfidare il più intrepido coraggio,
di strappar via i cuccioli lattanti
dalle poppe dell'orsa,
sì, di prendere a beffa anche il leone
allorché rugge davanti alla preda
per ottenerne in premio te, signora.
Ma, qui, purtroppo, mi sento impotente!
Se giocassero ai dadi Ercole e Lica
per stabilir tra loro chi è più forte,
potrebbe ben dalla mano più debole
sortire il numero più alto, e Alcide
ne sortirebbe allora superato
in forza e robustezza dal suo servo.
E così io, la Fortuna che è cieca
guidandomi, potrei essere perdente
a vantaggio d'alcuno meno degno,
e addolorarmene fino a morire.

Porzia - A voi dunque decidere:
o ricusar di cimentarvi a scegliere,
o cimentarvi, ma giurare prima,
che qualora la vostra scelta cada
sullo scrigno sbagliato,
mai più voi parlerete ad una dama
di profferte d'amore. Riflettete.

Marocco - Bene, profferte non ne farò più.
Vogliate intanto condurmi al mio rischio.

Marocco - Il primo, d'oro, reca questa scritta:
"Chi sceglie me avrà ciò che molti agognano".
Il secondo, d'argento, ha questo avviso:
"Chi sceglie me s'avrà quel che si merita".
Il terzo, tutto di pesante piombo,
porta a sua volta questa secca scritta:
"Chi sceglie me sarà obbligato a dare
ed arrischiare tutto quel che ha".
Come fare per sceglier quello giusto?

Porzia - Uno dei tre contiene il mio ritratto,
principe: se voi sceglierete quello,
io, insieme con esso, sarò vostra.

Marocco - Mi guidi nella scelta un qualche dio...
Voglio legger di nuovo le iscrizioni.
Che dice questo scrignetto di piombo?
"Chi sceglie me sarà obbligato a dare
ed arrischiare tutto quel che ha".
"Sarà obbligato a dare..." E per che cosa?
Per del piombo?... Arrischiare per del piombo!
Questo scrigno promette solo rischi.
Chi mette a rischio tutto quel che ha,
spera, rischiando, sostanziosi introiti.
Un ingegno dorato
non s'abbassa a bramar vile sostanza;
ed io nulla darò né arrischierò
per del piombo. Che dice ora l'argento
in quel suo bel pallore virginale?
"Chi sceglie me s'avrà quel che si merita".
"S'avrà quel che si merita..."
Fermati qui, Marocco, e pesa bene
con equa mano quello che tu vali.
Se ti devi pesare sulla base
della valuta che fai di te stesso,
tu meriti abbastanza; l'"abbastanza"
potrebbe tuttavia non tanto estendersi
fino a includere questa signora;
dubitare d'altronde del mio merito
sarebbe disistima di me stesso...
"S'avrà quel che si merita..."
Ebbene, questo è proprio la signora!
Io me la merito pei miei natali,
e per le mie fortune, le mie grazie,
i modi della mia educazione;
ma ancora più di tutto questo insieme,
io me la merito per il mio amore!
Se mi fermassi qui, e scegliessi questo?...
Prima, però, leggiamo un'altra volta
quello ch'è inciso sullo scrigno d'oro:
"Chi sceglie me avrà ciò cui molti agognano"...
È chiaro: è questa dama!
È proprio lei cui tutto il mondo agogna,
se per baciare questo reliquiario
d'una santa terrena che respira
vengon dai quattro canti della terra.
I deserti d'Ircania e le selvagge
solitudini dell'immensa Arabia
son divenute tante vie maestre
per quanti principi per esse passano
per venire a veder la bella Porzia.
L'equoreo regno che, col capo altero,
manda in alto i suoi sputi in faccia al cielo,
non è ostacolo ai principi stranieri
che lo traversano come un ruscello
per venire a mirar la bella Porzia.
La celestiale immagine di lei
è chiusa in uno di questi tre scrigni.
Che sia quello di piombo a contenerla?
No, che sarebbe un vero sacrilegio
sol concepire un sì basso pensiero!
Troppo vile materia, per serbare
il suo sudario in quell'oscura tomba.
O devo credere ch'ella si trovi
racchiusa nell'argento che dell'oro
è meno puro almen dieci volte?
O reo pensiero! Mai sì ricca gemma
fu incastonata meno che nell'oro.
In Inghilterra ha corso una moneta
con l'effigie d'un angelo nell'oro,
ma scolpita soltanto in superficie;
qui invece un angelo giace all'interno
d'un letto d'oro... Datemi la chiave!
Scelgo questo, e m'assista la fortuna!

(Apre lo scrigno d'oro) Oh, diavolo! Che cosa c'è qui dentro?
Un teschio, nelle cui scavate occhiaie
un cartiglio. Leggiamo che c'è scritto:

(Legge) "Non è tutt'oro quello che risplende;
questa massima udita hai tu sovente.
Più d'un uomo la vita ha maledetto
per badar solo al mio esterno aspetto.
Vermi racchiude ogni dorato avello.
Se, così come ardito tu sei stato,
uomo saggio ti fossi dimostrato,
giovin di membra, vecchio di cervello,
non saresti rimasto inappagato.
Addio. Gelata è ormai la tua profferta,
gelata invero, ed invano sofferta.
Di' dunque addio all'amore perduto,
e porgi al gelo un caldo benvenuto
".

O Porzia, addio. Ho il cuore troppo greve
per dilungarmi in tediosi congedi;
così partono tutti i perditori.

Viene poi il turno del principe di Aragona:

Ed io ad esse son così disposto.
Ora, Fortuna, a te:
arridi alle speranze del mio cuore!
Oro, argento e vil piombo...
"Chi sceglie me, sarà costretto a dare
ed arrischiare tutto quel che ha
"...
Dovresti avere un ben più degno aspetto
per tentarmi a donare e ad arrischiare...
Ma che dice lo scrigno d'oro? Ah!
"Chi sceglie me avrà ciò cui molti agognano"...
Ciò che agognano molti... ma quel "molti"
può bene intendere il volgo sciocco,
che sceglie solo in base alle apparenze
e sol conosce quel che vede l'occhio,
e, svagato com'è, non sa scrutare
le cose a fondo, e, simile alla rondine,
si fa il nido all'esterno delle mura,
esposto ai rischi e alla mercé del caso.
E io non voglio scegliere
cosa che sia da molti vagheggiata,
perché non amo aver gli stessi gusti
della gente volgare, ed imbrancarmi
con il volgo profano ed ignorante.
Ed ora vengo a te,
argentea dimora d'un tesoro:
ripeti agli occhi miei
la legenda che porti sopra incisa:
"Chi sceglie me, s'avrà quel che si merita".
Ed è anche ben detto:
perché chi potrà andare per il mondo
in cerca di fortuna e farsi onore
senza avere lo stampo in sé del merito?
Di una non meritata dignità
nessun uomo presuma di vestirsi.
Dio volesse che beni e rango e uffici
non si ottenessero per corruzione,
e il lustro dell'onore fosse il frutto
del merito di chi n'è rivestito!
Quanti che stanno con la testa nuda
se la dovrebbero allora coprire!
Quanti che sono in posti di comando
se ne dovrebbero star sottoposti!
Quanta bassa progenie
sarebbe sceverata come pula
dalla nobil sementa dell'onore!
E quanto onore sarebbe raccolto
d'in fra le stoppie e i rifiuti del mondo
per essere lustrato e messo a nuovo!
Ma basta, ritorniamo alla mia scelta.
Io pretendo d'avere quel che merito.
Perciò vogliate porgermi la chiave
di questo cofanetto, e senza indugio
disserrerò da qui le mie fortune.

(Gli viene porta la chiave ed apre lo scrigno d'argento)

Porzia - (A parte, vedendo il principe ammutolito nel vedere il contenuto dello scrigno)Troppo lungo esitare
per ciò che avete trovato là dentro.

Aragona - Che c'è qui dentro? Il viso d'un idiota
che ammiccando mi porge un cartellino...
Leggiamolo... Però quanto diverso
sei tu da Porzia! Quanto son diversi
da ciò le mie speranze ed i miei meriti!
"Chi sceglie me s'avrà quel che si merita"
Dunque, non meritavo altro di meglio
che il volto di un idiota? Questo valgo?
E non merito nulla di più degno?

Porzia - Far torto e giudicare il torto fatto
son due operazioni ben distinte
e di opposta natura.

Aragona - (Legge il cartello)
"Sette volte nel fuoco fui temprato,
sette volte dovette esser saggiato
chi nella scelta non ha mai sbagliato.
Guai a colui che l'ombre vuol baciare:
quale felicità può un'ombra dare?
Io so che vivono su questa terra
stolti che un manto d'argento rinserra,
com'era questo ov'io mi riserrai.
Prenditi pur la moglie che vorrai,
ma tieni sempre me come tua guida.
E così vattene. Per te è finita.
"

Quanto più a lungo qui mi tratterrò
tanto più sciocco agli occhi suoi sarò.
Con una testa stolta a corteggiare
son venuto: con due debbo partire.
Addio, dolcezza. Terrò il giuramento
di sopportare in pace il mio tormento.

(Esce con il seguito)

Porzia - E così il cero ha bruciacchiato il tarlo!
Oh, questi stupidi raziocinanti!
Con tutto il loro saggio ragionare
quando debbono scegliere
han sempre la saggezza di sbagliare!

 
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