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Post n°471 pubblicato il 21 Settembre 2015 da meninasallospecchio
Uno spot che gira spesso in TV in questi giorni mostra una ragazza che, il giorno delle nozze, dice al suo sposo: "Questo è il secondo giorno più bello della mia vita". Subito dopo, mentre la didascalia recita "due giorni prima", la si vede acquistare non so più quale auto oggetto della pubblicità, sottindendendo che il primo giorno più bello sarebbe stato quello in cui ha ottenuto l'agognata vettura. Considerando la merda di stereotipi di genere che si vede nella nostra pubblicità, questo è già un gran passo avanti. Uno spot ovviamente contiene sempre un'iperbole. In questo caso l'idea che una donna possa tenere a un'auto più che al matrimonio è probabilmente eccessiva, ma se non altro adombra la possibilità che possa avere qualche altro interesse nella vita, oltre a ricamare cuoricini e pulire fughe di piastrelle, sempre con il sorriso, s'intende, perché è felice così. A ben vedere anche la pubblicità in questione ripercorre, seppure per deriderlo, lo stereotipo del matrimonio come giorno più bello della vita di una donna. Un concetto che credo sia maturato in tempi assai più antichi, quando per una ragazza la festa di nozze voleva dire accedere per una volta nella vita a un lusso che non si era mai potuta permettere prima e non si sarebbe mai più permessa dopo: un abito sfarzoso, regali, fiori, cibo a volontà per tutti, danze, carrozza, un viaggio. E soprattutto, dopo aver magari vissuto semi-reclusa, un giorno di gloria al centro del mondo. Non mi sorprende che per le donne di un tempo fosse il giorno più bello della vita. Oggi, se chiedete alle donne qual è stato il giorno più bello della loro vita, la quasi totalità vi risponderà quello della nascita del primo figlio. Cambia lo stereotipo, ma stiamo sempre inchiodate là. Se si facesse la stessa domanda agli uomini, sono convinta che il 90% risponderebbe "boh". I maschi non si interrogano mai su 'ste cazzate, e probabilmente fanno pure bene. Costretti a rispondere sotto tortura, forse qualcuno più serio menzionerebbe anche qui la nascita dei figli o magari un avanzamento di carriera. Certamente nessuno direbbe il giorno del matrimonio, di questo sono sicura. E per molti sarebbe quando l'Italia ha vinto i mondiali, o quando si sono comprati la moto, o quando la più figa della scuola gliel'ha mollata. Ecco, mi piacerebbe sentire un po' più di sana varietà, fosse pure tamarra come quella dell'auto, anche nelle priorità esistenziali delle donne. Certo la nascita di un figlio nella vita è una cosa importante, ma non riesco a leggere in questo volontario appiattimento di ruolo un indice di serietà. Preferirei sentire donne che mi dicono che il giorno più bello della loro vita è stato quello della laurea o quando hanno aperto un negozio o quando hanno ricevuto un riconoscimento professionale. O anche, perché no, quando si sono comprate il SUV o il loro post su Facebook ha avuto 14.000 condivisioni. Forse c'è anche parecchia ipocrisia o costrizione sociale in questo modo di presentarsi. Fra vent'anni, quando chiederanno a Flavia Pennetta qual è stato il giorno più bello della sua vita, anche lei risponderà quando le è nato un figlio? Speriamo di no, ma temo tanto di sì; e magari lo dirà senza pensarlo davvero, soltanto perché non si dica di lei che è una madre snaturata e senza cuore. Come se fosse obbligatorio mettere sempre la specificità femminile al centro della vita. In realtà la situazione davvero auspicabile sarebbe un giorno poter dire anche noi "boh" come gli uomini. Perché i giorni belli nelle nostre vite dovrebbero essere tanti. Perché non dovremmo essere costrette a elaborare classifiche di priorità. Non dovremmo rinunciare a una cosa per un'altra, necessitate in un ruolo, pezzi di persona anziché persone intere. E non dovremmo temere di vedere giudicate le nostre scelte.
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