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Quale italiano parliamo? - 2

Post n°479 pubblicato il 14 Ottobre 2015 da meninasallospecchio

La lingua letteraria, anche la più colloquiale, è comunque qualcosa di diverso dal parlato. La lingua vera è quella che insegneresti a uno straniero che debba parlare italiano. Che cosa dovremmo dire dunque a questo ipotetico straniero?

Premetto che non sono una di quei tromboni che difendono una presunta purezza della lingua. Una lingua è tanto più importante, efficace, e persino bella, quanto più è viva, capace di modificarsi, di assorbire termini stranieri, di creare neologismi e anche di semplificarsi. E questa è sempre stata la ricchezza dell'inglese, e lo è ancora. Anche grazie al fatto di essere parlato in tanti posti nel mondo, da tante persone non madrelingua, continua a generare nuove parole, a modificare i costrutti.

Senza cadere nell'eccesso, ma le parole straniere nell'italiano sono un arricchimento. Per esempio i termini tecnici che abbiamo acquisito dall'inglese hanno esteso il nostro vocabolario introducendo nuovi concetti. "File" in inglese significa archivio, ma è un bene che non sia mai stato tradotto: così oggi per noi un archivio è un archivio e un file è un file, due parole diverse per due oggetti diversi. Scioccamente il francese si è chiuso nello sciovinismo linguistico (e non solo), generando un linguaggio tecnico impreciso e ridicolo. Come in tutte le cose, anche nella lingua, la diversità è un arricchimento. Quanta politica, persino nella grammatica.

Ma, a parte l'uso di parole straniere o di neologismi da esse derivati, l'evoluzione dell'italiano va anche nella direzione della semplificazione. Non sarebbe male, prima o poi, mettere mano anche all'ortografia. L'inglese americano ha modificato la grafia di alcune parole per allinearle alla pronuncia, non potremmo farlo anche noi? Che senso ha tenersi tutta quelle faccenda di q, cq, cu, qq? Serve? Per non parlare di ciliegie e ciliege. Le regole sugli accenti non le sa più nessuno. Con i cellulari tutti scrivono "po" o "pò" invece di "po'" apostrofato. E allora? Genera davvero qualche confusione semantica? Non sarebbe meglio dividere i buoni dai cattivi in base, non dico soltanto ai contenuti, ma alla ricchezza lessicale, alla punteggiatura, alla scorrevolezza del discorso, piuttosto che insistere su regolette vetuste e francamente inutili?

Vabbé, mi sto allontanando dal mio tema, che riguardava la lingua parlata e non quella scritta. Perché anche nel parlato sono in atto delle semplificazioni. Per esempio il Lei sta andando in disuso. E' un cambiamento al tempo stesso linguistico e di costume. Linguistico perché il Lei è oggettivamente troppo complicato per essere utilizzato dagli stranieri: abbiamo cominciato a non insegnarlo ai bambini, che si rivolgono con il tu alla maestra e a tutti i nostri amici; diventa difficile assimilarlo da grandi. Di costume, perché visto che siamo tutti "ragazzi" anche a 50, 60, 70 anni, nessuno dà più del Lei agli estranei. Nei negozi ti dicono "ciao"; diamo del tu a tutti quelli più giovani di noi e ci diamo del tu fra coetanei di tutte le età. Man mano che invecchiamo portiamo con noi questo "tu" estendendolo a tutte le generazioni. Per carità, il Lei non è ancora morto, ma sono pronta a scommettere che scomparirà nei prossimi 30 anni. E su questo non ci sono differenze fra le varie parti d'Italia. Se al centro è stata una certa tendenza alle relazioni informali a far sparire il Lei, al nord è la presenza degli stranieri ad aver reso necessario semplificare il dialogo.

Dove invece si combatte la battaglia fra nord e centro è su passato remoto e congiuntivo.

 

(continua)

 
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Commenti al Post:
meninasallospecchio
meninasallospecchio il 14/10/15 alle 23:07 via WEB
Veramente il Voi è quasi scomparso già dall'800, poi riesumato dal fascismo, ma gli italiani, fuori dalle occasioni ufficiali, continuavano a usare il Lei anche nel ventennio. Oggi il Voi si usa solo a Napoli, per quanto ne so.
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Utente non iscritto alla Community di Libero
zerorez il 15/10/15 alle 10:47 via WEB
No si è usato anche fino agli anni '60 del XX secolo. Mia madre dava il voi a sua nonna. E anche un mio compagno delle elementari dava del voi alla nonna negli anni '70, e così parecchi altri. L'ultima volta che l'ho sentito è stato nel 1997 a Lucera (FG), dove un ragazzo si è rivolto a me dandomi del voi; è caruccio il voi.
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meninasallospecchio
meninasallospecchio il 15/10/15 alle 12:44 via WEB
Uhm... in Piemonte? So che i vecchi usavano il voi in Toscana, ma qui non l'ho mai sentito. A Torino avevo un panettiere napoletano che mi dava del voi, e sì, anch'io lo trovavo molto pittoresco. Ma quelle sono davvero vestigia del passato o forme dialettali.
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zerorez
zerorez il 15/10/15 alle 13:35 via WEB
Pare che il lei sia di derivazione spagnola, il voi è sempre stato usato da prima. L’inventore (incolpevole) della “riscoperta” del voi in epoca fascista è stato Bruno Cicognani (Corriere della Sera, intorno al 1930) e, nota bene, mai smentito da nessun esperto. Penso come te che fosse legato alle forme dialettali. Io ne ho constatato l’uso in Emilia e in Piemonte (il vùi, si proprio in Piemonte :-)) fino a metà del XX secolo, direttamente tramite intervista. Sebbene non risultasse predominante era però ben presente, riservato alle persone anziane o agli ecclesiasti (lo dice anche wikipedia, lo scopro ora che mi fai venire i dubbi!). Tra l’altro non risultava neppure corrispondenza tra fede politica e uso dei voi in epoca fascista. Per cui mi rimetto alla teoria di Cicognani.
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meninasallospecchio
meninasallospecchio il 15/10/15 alle 14:32 via WEB
Mi inchino alla tua ricerca. Credo di avere in mente qualche episodio di film in cui un personaggio antifascista non si adatta ad usare il voi. Una giornata particolare?
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zerorez
zerorez il 15/10/15 alle 15:47 via WEB
Può essere, sembra pure a me. In fin dei conti del voi e del lei non è mai fregato niente a nessuno, tranne a qualche esaltato. Pensa che del dopoguerra volevano epurare Cicognani.. L’ideologo del voi! Poi per fortuna non l’hanno fatto. Il troppo rigore porta il fegato alla rovina. Che già deve sopportare altri stress, poverino
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meninasallospecchio
meninasallospecchio il 15/10/15 alle 17:00 via WEB
Nel dopoguerra, dopo un breve periodo di esaltazione, alla fine non fu epurato praticamente nessuno. Sarebbe stato curioso prendersela proprio con uno scrittore.
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fante.59mo
fante.59mo il 18/10/15 alle 09:57 via WEB
Io ricordo il film il " FEDERALE" con U. Tognazzi
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meninasallospecchio
meninasallospecchio il 18/10/15 alle 14:13 via WEB
Sì, può anche essere che ce ne sia più d'uno. Il rifiuto di usare il voi come segno distintivo dell'antifascismo è stato molto enfatizzato nel cinema del dopoguerra, sospetto più di quanto lo fosse in realtà.
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