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« Nativi digitali? - Istog...Il super-pippone moralista »

Gli studenti che copiano

Post n°506 pubblicato il 13 Maggio 2016 da meninasallospecchio

Come probabilmente avrete capito, sono sparita dalla circolazione, fagocitata dalla mia nuova attività di insegnante. Per giunta ho una vita un tantino sovraccarica di impegni, accumulati in tempo di ozio per far fronte a un’eventuale depressione da horror vacui.

Naturalmente la mia vita da prof offre una serie di interessanti spunti di riflessione, assolutamente degni di essere bloggati, ma per lo più non ho tempo di scriverne: un giorno lo farò, di cose da raccontare ne avrei davvero tante.

Per il momento, tuttavia, vorrei sottoporre al mio gentile pubblico un’annosa questione morale che già da tempo mi attanaglia. Che fare con gli studenti che copiano? Ovviamente se li cogliessi sul fatto, la questione non si porrebbe: ritirerei la verifica all’istante e, mettendo il voto all’opera incompiuta, riserverei al lestofante la sorte che merita. Dico lestofante al singolare perché nel mio personale giudizio non dovrebbe essere sanzionato chi fa copiare, ma soltanto chi copia.

E qui apro una lunga parentesi sulla mia vita studentesca. Già, perché il bello di avere a che fare con i giovani è che ti fanno ricordare la tua, di gioventù, dando la stura a una serie di rimembranze che tenti talora senilmente di raccontare, salvo scoprire che a loro dei tuoi amarcord non frega un benemerito cazzo. Non ti resta che scriverli sul blog.

Come avrete certamente capito, la vostra autrice qui presente ha un passato da giovane di belle speranze, nonché da studentessa modello. E naturalmente ero una che faceva copiare. Che ci crediate o no, il mio forte era il latino. Nel banco davanti al mio c’era un compagno abbastanza cretino che, dieci secondi dopo l’inizio di quello che allora si chiamava compito in classe, si girava indietro bisbigliando: “La prima frase, la prima frase”. Ecchecazzo. Lasciamela prima tradurre. Non avevo ancora finito di suggerirgliela, che già si girava di nuovo: “La seconda frase, la seconda frase”. Tutto così. Comunque la mia teoria è che a copiare bisogna pure essere capaci, perché io prendevo nove e lui non ha mai preso più di sei e mezzo.

In realtà che io facessi copiare era cosa nota, tanto che la prof a un certo punto mi mise a fare il compito in classe seduta alla cattedra. Ma non fu una grande idea, perché sulla cattedra c’era il dizionario, il che dava origine a una sorta di pellegrinaggio di compagni che, fingendo di consultare il vocabolario, venivano a chiedere la mia consulenza. Ad un certo punto mi mandarono addirittura a fare il compito in classe in sala professori.

All’esame di maturità tornando dal bagno misi la brutta di matematica nel vaso del ficus, ma non so se qualcuno ne abbia beneficiato. Una volta, quando già lavoravo, conobbi a Hong Kong un collega torinese che si ricordava di me per aver copiato lo scritto di Analisi II.

Insomma, rispetto a questa faccenda del copiare avevo deciso di assumere un atteggiamento sportivo: se non vi becco avete vinto voi, se vi becco ho vinto io.

Ma anche questa non è una grande idea. In generale non sono grandi idee tutti i miei atteggiamenti da prof controcorrente. La verità nuda e cruda è che chi insegna da tanti anni sa molto meglio di me come si fa. Il che parrebbe ovvio a chiunque non fosse provvisto di una smisurata presunzione come la sottoscritta. Ma ho di buono che riconosco un’ovvietà quando ci sbatto contro e sono talora persino disposta ad ammettere di avere torto.

Il fatto è che il copiare è un po’ come le corna. Più o meno lo fanno tutti, ma finché resta occasionale, sottotraccia, senza clamore, si può anche far finta di niente. Ma ci sono dei limiti oltre i quali diventa impossibile passarci sopra. Ho questa situazione in una classe. La classe nel complesso non è affatto brillante e gli studenti migliori non sono quelli che fanno copiare. Ne deriva che le “fonti” trasmettono i loro errori ai copiatori, rendendo il tutto facilmente identificabile. Qualche errore aggiuntivo dovuto all’insipienza del copiatore fa sì che il 2 o 3 diventi magari un 5, ma raramente un 6.

Come dicevo, ho assunto questo atteggiamento che ho definito “sportivo”, suscitando tuttavia qualche malcontento fra quelli, e ci sono, che prendono 5 senza aver copiato: uno in particolare mi guarda con aria decisamente accusatoria.  All’ultima verifica ho dato quindi un esercizio A ai copiati e un esercizio B ai copiatori. Ma non è bastato. Tre delle verifiche B sono quasi identiche. A una potrei dare il beneficio del dubbio e mettere il 6 che si merita, ma sulle altre due non c’è storia. E fra l’altro, questi due disgraziati copiano dall’inizio dell’anno. I miei colleghi sostengono che, in questi casi, dividono il voto a metà. Bisognerebbe vedere se è vero, perché i prof sono parecchio bugiardi, e amano fare sfoggio di grande inflessibilità. Poi indagando un po’ si scopre che gli studenti fanno carne di porco anche di loro.

Sul registro non ho ancora scritto niente, ma ho adottato la strategia di Salomone. Ho detto: “Se uno di voi due dichiara di aver copiato dall’altro, il copiato prende 6 e il copiatore prende 2, altrimenti prendete 3 ciascuno”. Aggiungendo: “E’ dall’inizio dell’anno che copiate, adesso mi avete scocciato”. Ovviamente anche questa non è una grande idea, perché gli atteggiamenti inflessibili bisognerebbe averli dall’inizio, dopo diventano poco credibili. Ma buone idee non ne ho.

Potrei fargli rifare la verifica, ovviamente un po’ più difficile, ma tanto copierebbero di nuovo.

 
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Commenti al Post:
meninasallospecchio
meninasallospecchio il 15/05/16 alle 23:16 via WEB
No, il 6 minimo garantito non è una buona idea. E' bene che tutti arrivino almeno al 6, perché questo è il segno di un sistema che sta funzionando, ma ci devono arrivare. Se qualcuno non lavora o non ha le capacità adeguate per una certa scuola, è meglio che sia fermato.
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sagredo58
sagredo58 il 16/05/16 alle 12:11 via WEB
Quanti ne conosci di fermati?
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meninasallospecchio
meninasallospecchio il 17/05/16 alle 00:04 via WEB
Sarebbe un discorso lungo. Comunque di bocciati ce ne sono, specie nelle prime. Non si chiama bocciatura, ma "insuccesso formativo", che dà più l'idea che non sia colpa loro. Quelli vittima di insuccesso formativo vengono spesso "ri-orientati". Solo che una volta la gente veniva riorientata a zappare la terra, ora non si può perché c'è l'obbligo scolastico fino a 18 anni, quindi da qualche parte bisogna parcheggiarli, in genere in un'altra scuola meno impegnativa, diciamo più adatta alle loro attitudini.
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PRONTALFREDO
PRONTALFREDO il 17/05/16 alle 13:37 via WEB
E difatti io mi sono ri-orientato alla zappa, o meglio, alla vanga.
E a dirla tutta lo stretto contatto con la terra è impagabile.
L'unico problema e che la terra è bassa e non se ce la farò a raggiungerla ancora (da vivo) a novant'anni.
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sagredo58
sagredo58 il 17/05/16 alle 16:06 via WEB
L'insuccesso formativo mi mancava, potenza del politicamente corretto! Peggio di un non insegnate per un bidello! Mi sa che il parcheggio in scuole meno impegnative alla fine produce un risultato analogo al 6 minimo garantito, o sbaglio?
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meninasallospecchio
meninasallospecchio il 17/05/16 alle 20:52 via WEB
Non docente, personale non docente, detto anche ATA, non so chevoddì. No, non credo sia come il 6 minimo garantito: almeno così si preserva un minimo di qualità in alcune scuole. Un minimo appunto, perché se la percentuale di insuccessi formativi sale oltre una certa soglia, il dirigente si allarma. Anche lui (lui generico), come ogni buon dirigente, ha il suo bravo foglio Excel per giudicare la redditività dell'impresa, e, se si supera la soglia critica, la percentuale di clienti persi supera quella dei clienti acquisiti grazie alla buona nomea della scuola. Pertanto occorre correre ai ripari richiamando gli insegnanti troppo intransigenti.
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arw3n63
arw3n63 il 18/05/16 alle 13:32 via WEB
Dai adesso si chiama insuccesso formativo? Non lo sapevo.Appunto sembra meno responsabilizzante, cioè se io ho un insuccesso non è detto che dipenda da me ma dalle circostanze, dal non essere portato per un percorso, decisamente meno umiliante di una volta che l'insuccesso veniva quasi sempre attribuito alla scarsa volontà. E poi sì c'è questo obbligo di stare sui banchi per forza fino a 18 anni anche se qualcuno si realizzerebbe meglio in qualche altra formazione, ma spesso la scuola è un parcheggio anche per chi non ha voglia di far nulla o rappresenta la realizzazione dei propri genitori che vogliono ad ogni costo il figlio laureato, quindi gli fanno intraprendere un percorso liceale anche se non sono portati e c'erano anche ai tempi dei miei figli. Non è facile comunque comprendere quale siano le attitudini e l'orientamento migliore durante le medie, però se ci s'accorge in seguito di aver sbagliato percorso è possibile cambiare orientamento, conosco chi l'ha fatto.
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meninasallospecchio
meninasallospecchio il 18/05/16 alle 14:00 via WEB
La scuola è abbastanza cambiata rispetto ai nostri tempi. Oggi la differenza fra un liceo e un istituto tecnico, per esempio, parlando in generale, si è molto assottigliata, anche se ovviamente rimane. Ma si è molto ampliata la forbice fra l'una e l'altra scuola dello stesso tipo. Quello che dovrebbe essere più introiettata è l'accettazione "sociale" della bocciatura, come parte di un percorso in cui tutto sommato non si deve correre da nessuna parte. Visto che la "sistemazione" è tutt'altro che certa, tanto vale prendersi i giusti tempi e anche il lusso di sbagliare durante la formazione. Per certi ragazzi stare fermi un giro serve davvero a maturare al livello degli altri: non c'è niente di male, ognuno cresce con i suoi tempi.
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arw3n63
arw3n63 il 18/05/16 alle 13:18 via WEB
Ecco neanche io sarei d'accordo per il sei minimo garantito è scorretto per chi magari davvero s'impegna e fa fatica di suo ma cerca di mettercela tutta.Però a volte si penalizza uno studente solo perchè in una materia non ce la fa o gli sta sui cocozzi come è capitato a me con la materia di economia, all'esame di maturità, avendo comunque discreti risultati se non proprio buoni nelle altre materie SOLO per una mi stavo giocando la maturità, ok era ripicca contro l'insegnante e ha vinto lei :-) sono stati magnanimi e considerevoli ma alla fine mi ha penalizzato il risultato finale, avrei potuto prendere di più se solo...mi fossi impegnata e messo da parte le ripicche, anche se le capacità e le potenzialità non sono date da un voto, ma quello che poi dimostri di saper poi fare nella vita.
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meninasallospecchio
meninasallospecchio il 18/05/16 alle 13:53 via WEB
Guarda che i primi a dare un gran peso al voto sono proprio gli studenti, seguiti dai genitori e soltanto in ultimo dagli insegnanti. Un voto non dice nulla sul valore di un ragazzo, mi capita spesso di avere un'opinione migliore su studenti che hanno voti più bassi, rispetto ad altri con voti migliori. Poi mica tutti devono riuscire bene in tutte le materie. Per me quello che ha davvero un valore è la continuità, non il singolo colpo di genio, ma chi è in grado di dimostrarti di saper tenere il livello. Quelli saranno un giorno degli adulti affidabili, ai quali potrai assegnare un lavoro contando sul fatto che lo porteranno a termine.
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