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Post n°441 pubblicato il 16 Maggio 2015 da meninasallospecchio

L'altro giorno per strada, attaccato a un parchimetro, vedo un foglio scritto a mano, sapete, di quelli con il numero di telefono riportato su varie striscioline staccabili.

La scritta recita:

UOMO ITALIANO CERCA QUALSIASI LAVORO

A parte che non ho lavoro manco per me stessa; ma, qualora ne avessi, la domanda sorgerebbe spontanea: che cazzo sai fare, Uomo Italiano?

Perché in apparenza questo messaggio non ci dice nulla sul suo autore. Ma vediamo di esaminarlo più nel dettaglio.

Intanto si definisce uomo. Il che viene a significare che ha più di 40 anni, forse anche più di 45, altrimenti avrebbe certamente scritto ragazzo.

In secondo luogo sappiamo di lui che non ha nessun titolo di studio, in caso contrario l'avrebbe indicato. Sappiamo altresì che non sa usare un computer. Inoltre viene da supporre che non abbia particolare abilità acquisita in alcun settore, altrimenti poteva specificare: con esperienza come muratore, falegname, autotrasportatore, operaio agricolo, ecc.

L'unico titolo di merito che Uomo esibisce è: italiano. Il che ci fa capire anche le sue idee politiche, e con esse la convinzione che l'essere italiano lo renda automaticamente più titolato a ottenere un qualsiasi lavoro, rispetto a un romeno o un marocchino magari più giovani e provvisti, come spesso accade, di diploma o laurea.

Ora, Uomo Italiano, lasciami dire una cosa. Se applicassi a te lo stesso criterio, diciamo così, darwiniano, che tu applichi ai disperati che approdano sulle nostre coste, dovrei dirti: sei un vecchio fallito senza arte né parte e per quanto mi riguarda puoi pure morire.

Ma contrariamente a te, io so che la ragione per cui posso permettermi di stare qui a farti la predica è soltanto che sono più fortunata di te, senza nessun merito o quanto meno con pochi meriti. Lo so che hai le bollette da pagare che si accumulano e tua moglie piange la notte perché vostro figlio non ha il tablet. Però mangi tre volte al giorno, hai l'acqua che esce dal rubinetto e chi ti cura quando sei malato. Faresti bene a sapere che sei più fortunato del 90% della popolazione di questo mondo, composta da esseri umani, come me e come te. E senza nessun merito, ricordatelo.

Se vado a Torino o a Milano, trovo ingegneri albanesi, romeni, egiziani, marocchini che fanno il mio lavoro. Hanno studiato in Italia, sono giovani e in gamba. Se dovessi scrivere un mio curriculum, potrei dire che ho esperienza, che so le lingue, che so fare questo e quest'altro. Certo, scriverei anche dove sono nata, è normale, ma non mi verrebbe mai in mente che qualcuno possa preferirmi in quanto italiana. E perché mai? E se non vale per un lavoro intellettuale, dove l'essere madrelingua potrebbe avere qualche valore (a parte che conosco slavi che scrivono in italiano meglio di tanti italiani), perché dovrebbe valere per un lavoro manuale?

Qualche anno fa facevo potare le viti da un signore (italiano) di 80 anni suonati. I miei operai macedoni protestavano che lo sapevano fare anche loro, ma preferivo affidarmi alla lunga esperienza di questo vecchio contadino. Finché lui non decise, senza mettermi al corrente, di far lavorare suo figlio, operaio in cassa integrazione, che di vigna non sapeva nulla. Le viti erano potate male e i macedoni dovettero rimediare al danno.

L'anno successivo, quando arrivarono padre e figlio, dissi che avrei fatto fare il lavoro dai macedoni, perché non ero stata soddisfatta. Il figlio mi coprì di insulti, perché facevo lavorare gli stranieri anziché gli italiani. No, facevo lavorare chi era capace. Tra l'altro pagavo uguale, quindi non era assolutamente una questione di sfruttamento, soltanto ed esclusivamente di competenza.

Ecco, Uomo Italiano, i tuoi fogliettini sono così patetici che non so nemmeno se tu esista davvero. So per certo che nessuno ti chiamerà, così potrai continuare a fare la vittima, rammaricandoti che gli stranieri trovino lavori che tu non sei capace di trovare. Ma il datore di lavoro non guarda il passaporto: guarda la capacità, la disponibilità, la voglia di lavorare e il costo. In quest'ordine. Certo, un imprenditore può fare la scelta etica (e non solo) di aprire una fabbrica piuttosto nel suo territorio anziché in un altro paese; con l'obiettivo di dare lavoro ai connazionali, ma anche di indurre un circolo virtuoso di benessere locale, di cui lui e i suoi figli beneficeranno a molti livelli; perché, può sembrare banale, ma la ricchezza non è tutto. Però in quella fabbrica darà lavoro ugualmente a italiani e immigrati, perché tutti insieme concorrono al tessuto sociale.

Insomma, caro Uomo, la tua italianità potrà forse interessare la politica, ma al datore di lavoro preme tutt'altro. Neppure quelli che votano come te, alla prova dei fatti, ti assumeranno in quanto italiano, fidati. Nei tuoi confronti, Uomo Italiano, qualcuno che vota in un altro modo potrà forse provare compassione, ammesso sia quello che tu desideri. Ma nemmeno la compassione guarda il passaporto.

 
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meninasallospecchio
meninasallospecchio il 18/05/15 alle 11:17 via WEB
Ti rispondo prima sulle inezie e poi a salire. La mia vigna è attualmente in affitto perché mi sono trasferita: in passato ho potato le viti io stessa e, nella mia situazione attuale, lo potrei anche fare. Il fatto che il vino italiano abbia un mercato non si deve agli italiani che lo comprano per salvare la patria; tra l'altro il mercato nazionale è diventato assai poco consistente. Il vino italiano va nel mondo perché è competitivo in termini di qualità/prezzo, anche rispetto a quello cileno, che peraltro non te lo tirano dietro. Quando, fra qualche anno, arriverà il vino cinese, allora forse ci sarà da preoccuparsi, ma al momento il vino italiano beneficia anche, giustamente, di un'immagine globale legata al nostro paese. Nessuna azienda vinicola italiana sta chiudendo, anzi. E' uno dei pochi settori che vanno benone.
Gli immigrati che arrivano dai paesi dell'est sono in genere piuttosto preparati, mediamente hanno un livello di istruzione superiore a quello degli italiani e quasi sempre conoscono le lingue. Quindi tanto sbandati e disperati non sono. Discorso diverso per quelli che arrivano dall'Africa, ma anche qui ci andrei piano con i luoghi comuni, perché ad esempio il Marocco è in fortissima crescita e attrae i nostri imprenditori non soltanto come luogo da manodopera a basso prezzo, ma anche come mercato dove intraprendere nuove attività (come lo era in passato la Spagna).
Le guerre di religione non mi interessano, per me le religioni sono tutte ugualmente degli ammassi di credenze senza fondamento, quindi non voglio difenderne una a discapito di un'altra. Il problema che vengano banditi l'allevamento dei suini o la coltivazione della vite mi sembra di là da venire, in una scala di preoccupazioni viene dopo la pioggia di meteoriti e l'innalzamento degli oceani e subito prima dello spegnimento del sole. Mi preoccupa di più la Brambilla che non vuole farci mangiare il coniglio.
In una visione un po' più ampia sono convinta che non si possa fare assolutamente nulla per fermare le migrazioni. Sono piccolezze della politica, e forse è anche giusto che si tiri a campare in qualche modo, in un'ottica di lustri o decenni. Ma in una prospettiva storica, le migrazioni di popoli sono esattamente quello che ha fatto la storia dell'umanità, dagli spostamenti degli ominidi, alle invasioni barbariche, alla colonizzazione. Potrà anche non piacere, ma si tratta di un fenomeno naturale, come quello dell'acqua che si livella nei vasi comunicanti. Quindi stiamo a discutere dell'aria fritta.
 
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