Creato da lamiastoriavera il 24/02/2011
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« Che sogno!Io e gli psicologi 1 ... segue »

I miei psicologi 1

Post n°69 pubblicato il 21 Aprile 2011 da lamiastoriavera
 

  sono le 9:38   Leggendo gli ultimi post sembra che io propenda per un fai date, ma non è così: nel corso della mia vita io ho avuto l'appoggio di cinque psicologi diversi e ognuno mi ha dato qualcosa di importante, un bagaglio a cui ho attinto anche in questi ultimi mesi. Li ricorderò in ordine cronologico. Il primo è stato Lucio B.  che ho incontrato in occasioni diverse fino al 79. Ho già raccontato il primo incontro, ma lo ripeto rapidamente. Lucio b: era il Neuropsichiatra e psicologo che curava mio fratello e in casa era tenuto in  grandissima considerazione. Io trai tredici e i quattordici anni (avevo cominciato a frequentare il primo liceo artistico) avevo l'ossessione di vedere i miei genitori appesi ad un ramo di glicine che passava davanti al portoncino di casa e quando mi mettevo a tavola per il pranzo o la cena mi tornava alla mente quell'immagine, mi veniva nausea, mi alzavo e mi allontantanavo senza mangiare. Ero già abituata ad andare in villeggiatura da sola, quindi speravo che per risolvere il mio problema i miei pensassero di mandarmi qualche tempo a cambiare aria; io credevo che non vedendo più quel ramo mi sarebbe passata quella fissazione. I miei preoccupati per il mio comportamento chiamarono il dott. Lucio B. per farlo parlare con me. Io gli dissi che volevo andare via da casa, senza però accennare alla mia fissazione perchè mi vergognavo (quindi io già conoscevo la vergogna e per questo ho capito cosa mi disse Max) ma lui mi rispose che io non volevo fare il mio dovere, cioè studiare e che per questo inventavo delle scuse. Trovai molto superficiale e approssimata la sua visione dei miei problemi e per dimostrargli che si sbagliava cominciai a studiare in modo intenso e continuo. Comunque rimasi molto delusa e mi chiesi come poteva aiutare mio fratello uno che non aveva intuito che c'era qualcosa che non volevo dire e che proprio quella cosa era il mio problema. Tre anni dopo mia madre mi riportò da lui, nel suo studio in seguito all'episodio che racconto: Io avevo un buon rapporto con mio fratello, una mia amica più grande di me (cugina del mio primo amoruccio durato dai miei sette anni ai sedici) si era innamorata di lui e se lo coccolava dalla mattina alla sera... cantavamo, parlavamo, stavamo bene insieme. Ricordo che una sera venne un suo amico, mentre lui non c'era,  per chiederci in prestito il suo registratore e le mie sorelle, più grandi me glielo diedero. Quando tornò mio fratello si arrabbiò molto e cominciò a strillare; anche se non se non ce l'aveva con me, io rimasi molto turbata e mi andò via la voce. Per molti giorni non ci fù verso di farmi parlare e alla fine i miei decisero di riportarmi dal dott. Lucio B. Ricordo quell'incontro con una specie di rabbia perchè lui mi faceva molte domande, ma io non rispondevo e alla fine diede a mia madre una busta bianca dicendole che purtroppo per me non c'erano speranze che se non avessi parlato entro una settimana si doveva fare quello che c'era scritto nel foglio dentro la busta, che era una cosa molto grave e pericolosa per me. Andai via molto delusa perchè secondo me non aveva capito la mia richiesta muta. Ora penso che io in realtà chiedevo che anche noi sorelle fossimo rispettate come persone e non solo usate come infermiere a servizio completo di mio fratello che poteva decidere tutto, anche le nostre amicizie. Dopo dieci giorni mentre camminavo pe strada con mia sorella, più grande di me di otto anni, improvvisamente feci un grande urlo e ricominciai a parlare. Però mi sentivo sconfitta... ancora oggi se qualche argomento mi turba o qualcosa mi emoziona, mi si abbassa la voce fino a scomparire completamente e per questo motivo mi riesce impossibile nascondere a chi mi conosce, se qualcosa mi tocca nel profondo... anche Li e Adri si accorgono subito di questa reazione. Circa due anni dopo ci siamo andate, noi tre sorelle, per chiedergli se avendo dei figli, questi potevano nascere con il disturbo di nostro fratello. Lui ci assicurò che quello era un problema tutto suo che non poteva essere trasmesso. Una volta ci sono tornata da sola credo nel 71 o 72 (avevo già la patente e per tornare a casa dall'università passavo all'incrocio con  sua strada. Io ero sempre angosciata e pensavo spesso che l'unica soluzione possibile fosse quella di farla finita, ma non sapevo in che modo. Una sera che mi sentivo peggio del solito mi sono fermata e ho bussato alla sua porta. Lui mi ha fatto accomodare e io ho detto che stavo malissimo, che non avevo più la forza di vivere e pensavo sempre a quella cosa. Lui con molta calma mi rispose che se per me la vita era così insopportabile era giusto che decidessi di farla finita, aprì un armadietto prese una pillola bianca dicendomi che quella mi avrebbe fatto fare una fine rapida e indolore. Presi in mano la pillola, lo ringraziai, non volle nulla per la visita e andai via. Tornando a casa pensai che forse questa volta mi aveva capito, ma anche io avevo capito che il suo era un trucco, però almeno aveva cercato di aiutarmi e questo servì a farmi sentire meno sola. Ci sono tornata nel 78, ma questo lo racconto nel prossimo post. Mi sento bene! sono le 11:00   

 
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