e fu... Neapolis...
l'antro di una citta' spesso dimenticata...perdendosi nell'immenso tra immagini, fantasie, miti, leggende e misteri...
Napoli città di magia, stregoneria, alchimia, fantasmi e antropologia delle anime in pena… basta camminare per i vicoletti, scrutare nei cortili degli antichi palazzi, per rendersi conto che il tempo è trascorso, tante sono state le trasformazioni, ma il manto di mistero che avvolge la citta’ diviene giorno per giorno sempre più fitto e interessante da conoscere. Napoli, scrigno di colori, contraddizioni, violenza e bellezza, Napoli che incanta con le sue alchimie, la sua esuberanza, la sua viva commistione con gli elementi: il fuoco del vulcano, l’azzurro del mare, il giallo della terra e del tufo si incontrano tra i vicoli della citta’, celebrando un matrimonio di impressioni altamente evocative. Un tuffo in una Napoli antica, cupa e dolente, nei vicoli marci dei quartieri in cui si consumano storie di violenza e di passione, di indigenza e di emarginazione. Voglio narrare di quella Napoli cruda e verace che ci conduce per mano nel suo stesso ventre, dove la vita pulsa frenetica tra le vie gremite, le botteghe e i bassi, appena illuminati da un filo di luce che si insinua tra intonaci carenti e mattoni di tufo addentrarsi nelle viscere della città e quasi ci sembra di sentire quelle voci, il moto incessante della strada, l’oppressione claustrofobica dei vicoli, la frenetica attività del popolo che non si lascia vincere dal degrado, la loro gestualita’ e l’incedere svelto e nervoso di chi vive alla giornata, quei suoni, quegli odori che a Napoli sono più intensi che altrove. Voglio narrare il fascino poetico dei luoghi, che resistono malgrado tutto al degrado e all’abbandono dove scorre la nostalgia del tempo che tutto travolge. Voglio farvi godere degli squarci di luce, del panorama tra discese, gradoni, fessure a cielo aperto che dalla collina portano fino al mare o negli interni cittadini sconosciuti ai molti. Napoli…città dove qualsiasi persona che riesce a guardare un pò più in là, oltre il suo sguardo, può cogliere tutto ciò che non è visibile, tutto ciò che non è palpabile. Questa è la città dove tutto sembra possibile, dove il legame con il passato è sentito in modo particolare, dove tutto può accadere, luogo di confine, di passaggio da questo mondo ad un altro, luogo magico, nascosto dietro le cose, che tutti avvertono ma che solo in pochi riescono a vedere veramente. Napoli…città da dove partono e passano tutte le vibrazioni che ci avvolgono, che ci tengono in contatto con altri mondi, che guidano le nostre vite, le nostre anime.
Voglio narrare di Napoli…la città che in fondo non esiste.
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LE STATUE: IL CRISTO VELATO
Post n°3 pubblicato il 09 Dicembre 2009 da shaijlyah
Posto al centro della navata della Cappella Sansevero, il Cristo velato è una delle opere più note e suggestive al mondo. Nelle intenzioni del committente, la statua doveva essere eseguita da Antonio Corradini, che per il principe aveva già scolpito la Pudicizia. Tuttavia, Corradini morì nel 1752 e fece in tempo a terminare solo un bozzetto in terracotta del Cristo, oggi conservato al Museo di San Martino. Fu così che Raimondo di Sangro incaricò un giovane artista napoletano, Giuseppe Sanmartino, di realizzare “una statua di marmo scolpita a grandezza naturale, rappresentante Nostro Signore Gesù Cristo morto, coperto da un sudario trasparente realizzato dallo stesso blocco della statua”. Sanmartino tenne poco conto del precedente bozzetto dello scultore veneto. Come nella Pudicizia, anche nel Cristo velato l’originale messaggio stilistico è nel velo, ma i palpiti e i sentimenti tardo-barocchi di Sanmartino imprimono al sudario un movimento e una significazione molto distanti dai canoni corradiniani. La moderna sensibilità dell’artista scolpisce, scarnifica il corpo senza vita, che le morbide coltri raccolgono misericordiosamente, sul quale i tormentati, convulsi ritmi delle pieghe del velo incidono una sofferenza profonda, quasi che la pietosa copertura rendesse ancor più nude ed esposte le povere membra, ancor più inesorabili e precise le linee del corpo martoriato. La vena gonfia e ancora palpitante sulla fronte, le trafitture dei chiodi sui piedi e sulle mani sottili, il costato scavato e rilassato finalmente nella morte liberatrice sono il segno di una ricerca intensa che non dà spazio a preziosismi o a canoni di scuola, anche quando lo scultore “ricama” minuziosamente i bordi del sudario o si sofferma sugli strumenti della Passione posti ai piedi del Cristo. L’arte di Sanmartino si risolve qui in un’evocazione drammatica, che fa della sofferenza del Cristo il simbolo del destino e del riscatto dell’intera umanità. IL CAPOLAVORO Il Cristo velato del Sanmartino è uno dei più grandi capolavori della scultura di tutti i tempi. Fin dal ’700 viaggiatori più o meno illustri sono venuti a contemplare questo miracolo dell’arte, restandone sconcertati e rapiti. Tra i moltissimi estimatori si ricorda Antonio Canova, che durante il suo soggiorno napoletano provò ad acquistarlo e si tramanda dichiarasse in seguito che avrebbe dato dieci anni di vita pur di essere lo scultore di questo marmo incomparabile. E ancora: nelle sue memorie di viaggio il marchese de Sade esaltò “il drappeggio, la finezza del velo […] la bellezza, la regolarità delle proporzioni dell’insieme”; Matilde Serao consacrò in un densissimo scritto tutta la passione significata dalle fattezze del Cristo; il maestro Riccardo Muti ha scelto il volto del Cristo per la copertina del suo Requiem di Mozart; lo scrittore argentino Hector Bianciotti ha parlato di “sindrome di Stendhal” al cospetto del velo marmoreo “piegato, spiegato, riassorbito nelle cavità di un corpo prigioniero, sottile come garza sui rilievi delle vene”. Da ultimo, in un’intervista rilasciata a «Il Mattino», Adonis, uno dei più grandi poeti contemporanei, ha definito il Cristo velato “più bello delle sculture di Michelangelo”. La fama del Cristo velato cresce ogni giorno di più. Un sondaggio tenutosi durante la XVII edizione della fiera libraria Galassia Gutenberg (aprile 2006) lo ha incoronato monumento simbolo di Napoli. Infine, nella primavera del 2008 la Regione Campania ha scelto la foto del Cristo di Sanmartino per una campagna pubblicitaria volta a rilanciare l’immagine della città, mortificata dalla nota crisi dei rifiuti. LA LEGGENDA DEL VELO La fama di alchimista e audace sperimentatore di Raimondo di Sangro ha fatto fiorire sul suo conto numerose leggende. Una di queste riguarda proprio il velo del Cristo di Sanmartino: da oltre duecentocinquant’anni, infatti, viaggiatori, turisti e perfino alcuni studiosi, increduli dinanzi alla trasparenza del sudario, lo hanno erroneamente ritenuto frutto di un processo alchemico di “marmorizzazione” compiuto dal principe di Sansevero. In realtà, il Cristo velato è un’opera interamente in marmo, ricavata da un unico blocco di pietra, come si può constatare da un’osservazione scrupolosa e come attestano vari documenti coevi alla realizzazione della statua. Ricordiamo tra questi un documento conservato presso l’Archivio Storico del Banco di Napoli, che riporta un acconto di cinquanta ducati a favore di Giuseppe Sanmartino firmato da Raimondo di Sangro (il costo complessivo della statua ammonterà alla ragguardevole somma di cinquecento ducati). Nel documento, datato 16 dicembre 1752, il principe scrive esplicitamente: “E per me gli suddetti ducati cinquanta gli pagarete al Magnifico Giuseppe Sanmartino in conto della statua di Nostro Signore morto coperta da un velo ancor di marmo…”. Anche nelle lettere spedite al fisico Jean-Antoine Nollet e all’accademico della Crusca Giovanni Giraldi, il principe descrive il sudario trasparente come “realizzato dallo stesso blocco della statua”. Lo stesso Giangiuseppe Origlia, il principale biografo settecentesco del di Sangro, specifica che il Cristo è “tutto ricoverto d’un lenzuolo di velo trasparente dello stesso marmo”. Il Cristo velato è, dunque, una perla dell’arte barocca che dobbiamo esclusivamente all’ispiratissimo scalpello di Sanmartino e alla fiducia accordatagli dal suo committente. Il fatto che l’opera sia stata realizzata da un unico blocco di marmo, senza l’aiuto di alcuna escogitazione alchemica, conferisce alla statua un fascino ancora maggiore. La leggenda del velo, però, è dura a morire. L’alone di mistero che avvolge il principe di Sansevero e la “liquida” trasparenza del sudario continuano ad alimentarla. D’altra parte, era nelle intenzioni del di Sangro – in questa come in altre occasioni – suscitare meraviglia: non a caso fu egli stesso a constatare che quel velo marmoreo era tanto impalpabile e “fatto con tanta arte da lasciare stupiti i più abili osservatori”. |
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