.....Con polveri e succhi estratti da influorescenze, frutti, foglie, scorze e radici, le streghe percorsero i tempi nell’uso di analgesici, eccitanti, sonniferi, che solo a distanza di secoli entrarono nella farmacopea ufficiale; e, sapientemente mescolando con le sostanze estratte dal mondo vegetale ingredienti ad effetto placebo, che colpivano la fantasia del paziente, rafforzavano l’effetto psicologico della cura: procuravano il sonno ristoratore, prolungavano la giovinezza, potenziavano la memoria, rafforzavano la castità o scatenavanola passione amorosa.
Praticavano, in ogni caso, una medicina alternativa ante litteram, le loro cure omeopatiche tendenzialmente solistiche tenevano conto dell’intera persona del paziente, curando corpo e psiche.
Superstizione e sapere andavano a braccetto, perché l’erboristeria, anche quella praticata dai monaci nei conventi, si integrava con procedimenti magici.
Il terapeuta era indifferente alle cause dell’efficacia dei rimedi impegnati, ma seguiva un rigido iter nel prepararli: rispettava determinati tabù, osservava nella scelta degli ingredienti norme simboliche di magia simpatetica, teneva conto dell’influenza dei corpi celesti, soprattutto delle fasi lunari e , per compiere le successive operazioni, sceglieva particolari giorni del calendario liturgico.
Si sfruttavano principi di analogia o contatto, perché similia similibus curantur, e per lo più ci si atteneva al criterio della segnatura: un richiamo cromatico, un’analogia di forme indicavano le parti del corpo curabili con erbe, scorze e radici. E anche la somministrazione del rimedio rientrava in un rituale che era parte integrante dell’atto terapeutico.
La magia erboristica implicava l’uso di ingredienti religiosi, come l’acqua santa o la cera delle candele benedette, e ricorreva a simboli cristiani, come il segno della croce.
Invocazioni e preghiere, considerate indispensabili ai fini della buona riuscita della cura, attestavano come la guaritrice facesse comunque assegnamento sull’intervento di potenze soprannaturali (la Trinità, la Vergine, i Santi) mentre si richiamava a episodi e personaggi dei libri sacri o del leggendario cristiano.
La recita dei versetti segreti, di cui entrava in possesso per via ereditaria o che riceveva attraverso determinate procedure, nel corso dell’applicazione trasferiva al malato le virtù delle erbe, dei minerali e di varie parti del corpo di determinati animali.
Ma se incerto era il confine tra magia naturale e religiosa nell’uso delle erbe, tanto più labile era la demarcazione nella componente verbale: giaculatorie, benedizioni, scongiuri ed esorcismi, di per sé ortodossi, diventavano magici se accompagnati da specifici rituali.
Il connubio magia-medicina scopriva allora i risvolti stregonici e demoniaci: perché chi riusciva ad annientare il male era capace anche di procurarlo con i suoi incantesimi e con i potenti veleni estratti dalle erbe di cui conosceva il segreto.
La colpa di una morte improvvisa o di una cura inefficace ricadeva inevitabilmente sulle rassicuranti.
Particolarmente sospetta agli occhi degli inquisitori era l’attività delle levatrici, cui le donne ricorrevano di frequente, e non solo per avere assistenza al momento di mettere un figlio alla luce.
La mammana prescriveva medicamenti illeciti come gli anticoncenzionali, conosceva i procedimenti per interrompere la gravidanza e sistemi per alleviare le doglie del parto, giusta punizione del peccato di Eva.
Alle sue mani, poi, ernao affidati i neonati che, in caso di morte senza battesimo, rischiavano di dannarsi a causa del peccato originale.
Streghe – T.G.CHANU
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il 19/06/2015 alle 21:22
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