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Prigione d'ariaHo così tanta fame che mi mangerei un mio simile, se non fossi sola, rinchiusa qua dentro un cielo bianco di umidità rappresa. Ho così tanta fame che mi mangerei chili di fogli A4 anche stampati, mi mangerei fotografie di bambini nel giorno della comunione, fotografie di madri col pancione e di uomini che vanno alle miniere, in processione. Ho così tanta fame che mangerei le mie idee, anche la più lontana nel tempo, la più infantile "che non capirò mai veramente cos'è la vita perchè è una cosa finita e io così non mi sentirò mai, terminata mai". Prenderei l'entusiasmo di un'intuizione di salvezza collettiva e la capacità di rigenerare vita in una stasi psichica da rimbambimento depressivo e le inumidirei di saliva per ammorbidirle all'esofago. Se così facendo non annullerei anche l'unico germoglio rimasto in questo cielo vuoto di colore e di presenze, dove il caldo e la fame sciolgono l'individuo arguto, fanno impazzire l'individuo pedante. Mangerò le zanzare di questa palude d'aria e il mio sangue mischiato al loro anticoagulante, finche non sarò anch'io uno scheletro d'aria, una goccia d'afa.
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