Creato da simonjoyce il 14/02/2010

LUDWIG

I love somenthing, I hate somenthing, I need somenthing

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Tutti gli scritti firmati simonjoyce, tutti i video ed i brani musicali col nome Blackfriars e DeWindt fanno parte della mia creazione artistica, letteraria ed intellettuale. L'uso e la diffusione, anche parziale, senza consenso, nonchè l'usurpazione della paternità saranno perseguiti a norma. Qualora le immagini pubblicate, prese dalla rete, violassero un copyright, è sufficiente segnalarmelo e provvederò tempestivamente a rimuverle

 

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ELENCO GIORNI PUBBLICAZIONI

20/02 - Sogno di una domenica mattina di quasi estate;
21/02 - The evil inside me - episodio uno - Ombra;
21/02 - The evil inside me - appendice ad episodio uno - miss Parker;
21/02 - Parigi val bene una messa - parte prima;
28/02 - The evil inside me - episodio due - alpha;
03/03 - The evil inside me - episodio tre - una notizia (1a e 2a parte);
04/03 - The evil inside me - episodio tre - una notizia (3a parte);
28/03 - The evil inside me - episodio quattro - lunga è la notte (1a parte);
31/03 - The evil inside me - episodio quattro - lunga è la notte (2a parte);
11/04 - Parigi val bene una messa - parte seconda;
26/04 - The evil inside me - episodio quattro - lunga è la notte (3a parte);
29/04 - The evil inside me - episodio quattro - lunga è la notte (4a parte);
02/06 - Oltre - 1a e 2a parte;
28/06 - Oltre - 3a parte;
04/07 - Oltre - 4a e 5a parte;
24/10 - Oltre - 6a parte;
31/10 - Oltre - 7a parte;
20/02/11 - Oltre - 7a bis parte;
12/06 - Oltre - 8a parte;
10/07 - Oltre 9a parte;
18/07 - everyday can be the last day
18/08 - Oltre - 10a parte.

 

 

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The evil inside me (di SJ) - episodio 2 -alpha (rewind)

Post n°338 pubblicato il 09 Aprile 2013 da simonjoyce

EPISODIO II - ALPHA


" Sei dolcissimo amore mio, sono contenta di averti."

...

" Ti amo così tanto."

...

" Non possiamo più rimanere insieme... non tormentiamoci ancora. Ti prego amore mio perdonami."

...

" Sai uccidermi e ricominciare."

...

" Perché?... Perché?"

Solo ricordi, fantasmi che lasciava sopravvivere. Nella notte, nei i suoi pensieri. Tornavano a divampare impietosi, come luce senza alcun calore. Anche quella notte, come tante ormai.

-         Non farmi piangere ancora... non adesso Elizabeth.

La sua auto correva veloce per la statale, lungo un serpente scuro nel desolante vuoto del deserto. Nessuno da seguire, nessuno che lo seguisse. Era solo, lo era da tanto. Accese l'ennesima sigaretta, ma quella gli sembrò avere un sapore più sgradevole delle altre e la gettò subito via. Ne aveva abbastanza. Pensò che fosse meglio arrivare il prima possibile ed allora spinse ancor più forte il pedale dell'acceleratore. Un'estremo tentativo, l'ennesima fuga dal passato.

Due ore di viaggio ormai; per distrarsi pensò di accendere la radio. Pessima idea. Nessuna canzone poteva fargli compagnia e così la spense, senza rimpianti.

L'auto correva veloce nella notte. Poche miglia ancora, tutte d'un fiato e poi il lavoro, si il suo lavoro da compiere lo avrebbe distratto. Avrebbe allontanato ogni tormento.

-         Elizabeth...

" Benvenuti, state entrando a Gatlin, la più bella città del... e di ogni altra parte. Pop. 5467".

Così recitava il cartello stradale. Entrò in città a forte velocità, senza accorgersi  di nulla; su entrambi i lati della strada vi erano graziose villette in stile coloniale, erano affiancate le une alle altre quasi a formare dei muri, interrotti talvolta da viottoli poco illuminati.

Sebbene fosse notte fonda, nessuna luce ad illuminare l'interno delle abitazioni. E poi, le auto; dov'erano? Le strade erano deserte. Gatlin appariva una città morta.

Mentre nella sua testa crescevano gli interrogativi, percorse Lumber street. Superò un distributore di benzina; era tutto spento, i cartelli con i prezzi del carburante, dondolavano rumorosamente per la leggera brezza che si era alzata.

Attraversò Elm street poi Sand street e giunse nella piazza cittadina. Qui le villette erano ancora più graziose. Erano in legno rustico con i portici coperti, con intorno prati avvizziti e ricoperti di polvere.

Fermò l'auto; dal fondo della piazza vide un cane venirgli incontro zoppicante. Questi sembrò accecato dalla luce dei fari quindi si fermò. Scodinzolò per un po' prima di accucciarsi in terra.

-         "Qui non c'è nessuno". Disse tra se lo straniero.

Scese dall'auto. L'aria aveva un odore dolciastro ma soprattutto poté udire silenzio intorno a se.

Più in là il cane che gli aveva dato il benvenuto dapprima si rimise in piedi, avrebbe voluto correre incontro allo straniero ma dopo pochi faticosi metri cadde a terra. Forse era troppo vecchio. Drake l'osservò per un attimo ancora poi distolse lo sguardo perché rapito da un... bar. Chiuso.

-         Maledizione non ho ancora cenato - disse a voce alta sicuro che nessuno lo ascoltato.

Stava per risalire in auto quando da uno degli angoli di Fineweek street udì una voce supplicante.

-         La prego... signore... la prego. Mi aiuti.

Era una donna, il primo flebile segnale di umanità che avesse ascoltato da quando era arrivato.

Drake fece per correrle incontro. La donna sporgeva appena dall'angolo, le ombre l'avevano fino ad allora nascosta alla vista. Lo straniero aveva fatto ancora pochi passi quando il corpo scomparve, repentinamente trascinato indietro, da una qualche forza. Doveva esserci qualcun altro, ma Drake non ci pensò su e continuo a correre fino a dove istanti prima era la donna. Quando si riebbe dalla corsa, vide in terra il corpo, silenzioso, inanimato, immerso nel suo stesso sangue. Mancava della parte inferiore del busto. Alzò lo sguardo da quel macabro spettacolo e allora vide.

Vide l'orrenda creatura che stava più in la, mostruosamente ingozzandosi.

Drake impugnò la sua pistola color argento e la puntò, pronto a far fuoco. Freddamente preferì prima fissare bene nella memoria quale forma potesse assumere l'orrore.

L'essere uscì dalla penombra, avvicinandosi ad un lampione per lasciarsi guardare. Sembrava un uomo spogliato della pelle. La sua testa era priva di occhi ed orecchie, la postura ricordava un grosso gorilla.

Spalancò la bocca, evidenziando i suoi denti aguzzi, e con la lingua parve saggiare l'aria allo stesso modo dei serpenti. No, no, nulla di simile era mai stato visto, né concepito. Di scatto la creatura si voltò in direzione dello straniero, verso un nuovo pasto. Drake pensò che l'esistenza di quell'orrore fosse durata abbastanza, così prima che quello potesse saltargli addosso, da buon tiratore, lo freddò alla testa. Un solo colpo, mortalmente preciso.

Rimase immobile a guardarlo steso in terra per qualche istante, mentre dalla canna della pistola, il fumo veniva portato via dalla brezza.

Era confuso. Avrebbe avuto molte domande da fare al vecchio.

Ma non ebbe il tempo di cercare risposte plausibili e mentre la sua ragione vacillava sentì ansimare alle sue spalle. Stavolta non ebbe incertezze, si voltò di scatto e sparò: una, due, tre volte. Un uomo; forse aveva sbagliato, forse si era lasciato sopraffare da quell'atmosfera.

Fece pochi passi verso il corpo riverso e ... no... non aveva sbagliato. Rigirò il cadavere; una volta lo si sarebbe potuto definire un giovanotto di bella presenza, ma la vita che lo animava era solo un pallido ricordo. I suoi occhi parevano iniettati di sangue ed in più punti della pelle recava strane chiazze di color verdastro. Chi fosse stato quell'uomo non aveva ormai molta importanza. Drake probabilmente lo aveva ucciso per l'ultima volta.

" Qui c'è tutto quello che deve sapere, Sig. Drake"

- Aveva ragione Miss. Parker. Solo ciò che dovevo sapere.

Questa volta parlò a voce bassa per timore che qualcuno o qualcosa potesse udirlo. Non aveva paura , no di certo. Piuttosto bisognava essere cauti. Non c'era paura in lui. Non c'è paura in chi non ha nulla da perdere.

Un uomo senza calore, senza emozioni così lo avevano spesso definito, ma non la sua Elizabeth, non lei. Cancellò quei pensieri e tornò a passo sostenuto verso l'auto.

" Non devi fuggire... non devi più fuggire."

-         Non fuggirò.

Salì in auto e riavviò il motore, prese velocemente il cellulare dal taschino della giacca. Compose un numero, inutilmente. Nessuno lo avrebbe ascoltato. Non c'era copertura.

" ... nella valigetta... c'è il suo compenso. Spero sia di suo gradimento."

Guardò attraverso il finestrino ripensando a tutto ciò che era accaduto e...

-         Dovevo chiedere di più.

Prese dal cassettino del cruscotto la piantina della città, l'esaminò velocemente, e spinse a fondo il pedale del gas. Via, via, c'era un lavoro da compiere e così poco tempo.

Le strade si susseguivano anonime avvolte dal solito silenzio e nient'altro.

-         Stazione di polizia, finalmente. - esclamò quasi avesse trovato un tesoro. Ciò che lo colpì più di tutto fu che...

-         E' illuminata.

Che vi fosse qualcuno? Le auto parcheggiate all'esterno erano danneggiate, ma da chi? Parcheggiò la sua, prese tre, quattro caricatori dal cassettino e quindi scese. Si dette un occhiata intorno, tutto tranquillo, già, così accennò un sorriso pieno di sarcasmo.

La stazione della polizia di Gatlin era stata ricavata in un vecchia villa coloniale, gli sembrava però uno spreco destinare un così bell'esempio di architettura per una così comune funzione. Dette una sistemata al suo elegante abito nero e si avviò verso il cancello d'entrata. Aperto. Da un punto del giardino che circondava l'edificio gli sembrò di udire un rumore, che non seppe riconoscere. Mise mano alla pistola come per estrarla, ma non lo fece. Tornò il silenzio.

-         Un animale.

Ma più che una convinzione pareva essere la sua speranza.

La porta che dava all'interno era aperta. Si fermò un attimo prima di entrare. Cosa avrebbe inventato per giustificare la sua presenza? Non lo sapeva. Avrebbe raccontato la prima storia che gli fosse venuta in mente.

Non ce ne fu bisogno; non c'era nessuno a cui raccontarla. La porta d'entrata dava in una grande sala; vi erano tavoli per ufficio e sopra di essi terminali ancora accesi. Sembrava come se tutti fossero fuggiti via senza avere il tempo per spegnerli.

Sulla sinistra, due porte. La prima nascondeva una sala adibita al ricevimento della gente. Anch'essa vuota ed in più in disordine. Schedari aperti, cartelline in terra e... macchie di sangue sulle pareti. Quella visione lo fece trasalire. Decise di esplorare l'altra stanza. Veniva usata come spogliatoio dagli agenti. Anche questa era in disordine, gli armadietti erano aperti ed alcuni erano in terra ma con grande sorpresa vide che non era solo. Qualcuno era lì con lui. Un agente. Era steso in terra supino. Doveva essere morto da un po' di tempo a causa dell'emorragia provocatogli dal profondo morso mostrato dalla sua gola.

Sembrava quello di un grosso animale ma no; Drake sapeva. Poteva essere stato quell'essere che poco prima aveva affrontato ed ucciso. O forse di quell'essere potevano essercene più di uno. Meglio tenersi pronti. Nessun posto era davvero sicuro.

Chissà se qualcuno fosse ancora vivo. Ma si, poteva anche essere possibile. Guardò l'agente, e cominciò velocemente a spogliarlo. Indossò l'uniforme. Trascinò il corpo verso uno sgabuzzino e ve lo chiuse dentro. Quella divisa gli donava. Lesse la targhetta con il nome del cadavere.

-         Leon Tucker... Leon... si mi piace.

Da quel momento sarebbe stato Leon Tucker. Controllò le tasche dei pantaloni. Scoprì che Leon era arrivato a Gatlin in mattinata. Quello sarebbe stato il suo primo giorno di servizio. Era stato l'ultimo.

-         Il destino, si sa, non è avaro d'ironia.

 

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