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« Messaggio #259sardegna »

le nostre regioni...usanze costumi e tradizioni

Post n°260 pubblicato il 16 Gennaio 2009 da rorina77
Foto di rorina77

SICILIA

Popolazione: 5.108.067
Superficie (Kmq): 25707
Densità (Ab/Kmq.): 199
Capoluogo: Palermo (PA)
Altre Province: Agrigento (AG); Caltanissetta (CL); Catania (CT); Enna (EN); Messina (ME); Ragusa (RG); Siracusa (SR); Trapani (TP)

La leggenda della Fonte di Aretusa

Aretusa era una delle ninfe che stavano nell'Acaia (Grecia). Era ritenuta una ninfa bella, sebbene non avesse mai aspirato ad avere la fama d'essere bella, anzi arrossiva delle sue doti fisiche, e, se piaceva se ne faceva una colpa. Un giorno mentre tornava stanca dalla foresta di Stinfàlo, si fermò nella riva di un fiume, trasparente fino al fondo, tanto che attraverso l'acqua si poteva contare tutti i sassolini. Desiderosa di farsi un bagno, si spogliò, e appese i molli veli a un ramo pendente di salice. Mentre batteva e traeva a se l'acqua guizzando in mille modi, sentì venire da sotto i gorghi uno strano bisbiglio ed atterrita risalì sulla sponda opposta. - Dove vai così in fretta, Aretusa? - gli chiedeva con voce roca Alfeo, il fiume su cui Aretusa si stava rinfrescando. Aretusa, impaurita, iniziò a correre senza vestiti addosso. Alfeo prese le sembianze umane, e iniziò a seguirla. Dopo tanto correre, Aretusa non c'è la fece più, così chiese aiuto alla dea Diana, la quale commossa la aiutò coprendola con una nube. Alfeo, non si dava per vinto, e girava e rigirava attorno alla nube sperando di vederla. Aretusa impaurita e scossa iniziò a sudare, tanto che tutto il suo corpo grondava di gocce azzurrine ed ogni volta che spostava il piede, si formava una pozza d'acqua; così, in poco tempo, Aretusa si trasformò in acqua. Alfeo, riconobbe nell'acqua l'amata, e lasciato l'aspetto umano, tornò ad essere quello che era, cioè una corrente, per mescolarsi a lei. La dea di Delo (Ortigia) fece uno squarcio nel terreno e , Aretusa, sprofondando in buie caverne giunse fino ad Ortigia dove per la prima volta riemerse in superficie.

L'origine della Sicilia

Il popolo siciliano, nella sua ricca fantasia dovuta alla sua vivacità spirituale, determinata dal clima mediterraneo e dal suo effervescente carattere, ha trasfigurato in leggende anche l'origine stessa della sua terra; e l'ignoto poeta popolare ha definito la Sicilia come un dono fatto da Dio al mondo in un momento di suprema letizia, pertanto l'isola mediterranea non sarebbe altro che la metamorfosi di un diamante posto da Dio nel mezzo del mare per la felicità del mondo (e non certo una parte dell'Atlantide o un'appendice triangolare che un violento terremoto avrebbe staccato dalla penisola italiana, come ci narra anche Virgilio); sicché il poeta popolare conclude che: la cht'amaru " Sicilia " li genti, ma di l'Eternu Patri è lu diamanti! Anche il novellatore popolare crea le sue leggende sull'origine della Sicilia, e fa anch'egli opera di poesia.I tre promontori, che danno alla Sicilia il suo tipico aspetto triangolare, sarebbero pertanto il frutto dell'estro gentile di tre ninfe, che vagavano per il mare prendendo dalle parti più fertili del mondo un pugno di terra mescolata con sassolini; e, postesi tutte e tre sotto il cielo più limpido ed azzurro del mondo, da tre punti gettarono il loro pugnello di terra nel mare, e vi lasciarono cadere i fiori e le frutta che esse recavano nei flessuosi veli che le ricoprivano, dolcemente danzando sui piedi leggeri. Il mare, al loro apparire, si vestì di tutte le luci dell'arcobaleno, e rise nelle sue grazie leggiadre ed infinite; e a poco a poco si solidificò, e dalle onde emerse una terra variopinta e profumata, ricca di tutte le seduzioni della natura; e i tre vertici del triangolo, dove le tre bellissime ninfe avevano iniziato la loro danza, divennero i tre promontori estremi della nuova isola, che poi i geografi avrebbero chiamatoTrinacria, cioè la terra dalle tre punte (e il più antico simbolo della Sicilia è una testa di donna con tre gambe, la Triskele dei greci, come si vede nelle pitture vascolari conservate nel museo archeologico di Agrigento), che si chiamarono capo Faro o Peloro dal lato di Messina, capo Passero o Pachino dal lato di Siracusa, e capo Boeo o Lilibeo dal lato di Palermo. Ma anche il nome stesso dell'isola è nato da una leggenda, che parla di una principessa bellissima, che si chiamava appunto Sicilia,,.e alla quale il destino ordinò di lasciare, sola e giovinetta, la propria terra natia, altrimenti sarebbe finita nelle fauci dell'ingordo Greco-levante, che le sarebbe apparso sotto le mostruose forme di un gatto manlinone, divorandola. Per scongiurare questo pericolo, non appena compì quindici anni (che così voleva il destino) il padre e la madre, piangenti, la posero in una barchetta, e la affidarono alle onde. E le onde, dopo tre mesi, quando ormai la povera Sicilia credeva di dover morire di fame e di sete, dato che tutte le sue provviste si erano esaurite, deposero la giovinetta su una spiaggia meravigliosa, piena di fiori e di frutti, ma assolutamente deserta e solitaria. Quando la giovinetta ebbe pianto tutte le sue lagrime, ecco improvvisamente spuntare accanto a lei un bellissimo giovane, che la confortò, e le offerse amore e ricetto, spiegando che tutti gli abitanti erano morti a causa di una peste, e che il destino voleva che fossero proprio loro a ripopolare quella terra con una razza forte e gentile, per cui l'isola si sarebbe chiamata col nome della donna che l'avrebbe ripopolata; ed infatti si chiamò Sicilia, e la nuova gente crebbe forte e gentile, e si sparse per le coste e per i monti. Qual è il fondamento storico di questa fascinosa leggenda? Lasciando da parte le questioni etimologiche (con le quali si è arrivati a congetturare che il termine Sicilia deriverebbe dall'unione delle due voci antiche sik ed elia, indicanti rispettivamente il fico e l'ulivo, e starebbe a significare la fertilità della terra siciliana)' c'è da osservare che i due grandi folcloristi che hanno riportato questa leggenda, il Salomone Marino e il Pitrè,' hanno concordemente indicato il riferimento culturale, cogliendolo nell'antica favola di Egesta, abbandonata dal padre Ippota su una barchetta affidata alle onde, perché non diventasse preda dell'orribile mostro marino inviato dal dio del mare Nettuno; e che poi, approdata in Sicilia, e sposa di Crìmiso, generò l'eroe Aceste di cui parla Virgilio nel quinto libro dell'Eneide; ma ambedue hanno trascurato il fonda, mento storico, che è dato dall'accenno all'" ingordo Greco-levante ", che avrebbe divorato la povera Sicilia. Il temibile mostro greco-levantino altro non è che l'impero bizantino, la cui dominazione in Sicilia, protrattasi dal 535 all'827, lasciò un cattivo ricordo nell'isola per il suo avido fiscalismo, tanto che fino a qualche tempo fa si diceva ai bambini cattivi, per farli impaurire: " Vidi ca vénunu i greci! " (bada che stanno per venire i bizantini).' Il che spiega sufficientemente la genesi storica della leggenda.

 

Demetra, Persefone e la Sicilia

Tratteremo innanzitutto della Sicilia, sia perché è la più fertile delle isole sia perché le spetta il primo posto per l'antichità dei miti che la riguardano. L'isola, chiamata anticamente Trinacria dalla sua forma, soprannominata Sicania dai Sicani che la abitavano, ricevé infine il nome di Sicilia dai Siceli, che vi passarono in massa dall'Italia. I Sicelioti che la abitano hanno appreso dagli antenati (notizia che è stata ininterrottamente tramandata ai discendenti da tempo immemorabile) che l'isola è sacra a Demetra e a Core; alcuni poeti raccontano che in occasione delle nozze di Plutone e Persefone quest'isola fu donata da Zeus alla sposa come dono di nozze. La prova più evidente del fatto che il rapimento di Core (o Persefone) avvenne in Sicilia sarebbe (così dicono) la seguente: le dee si trattenevano su quest'isola perché l'amavano straordinariamente. Secondo il mito il ratto di Core sarebbe avvenuto neì prati vicino Enna. Questo luogo è vicino alla città, superiore agli altri per la bellezza delle viole e di tutti i tipi di fiori, degno della dea. Si dice che a causa del profumo dei fiori che vi sbocciano i cani, soliti andare a caccia, non riescono a seguire la pista, perché impediti nella percezione fisica dal profumo. Il prato di cui stiamo parlando è piano al centro e ricchissimo d'acqua; elevato invece ai bordi, cade a picco con dirupi da ogni parte. Sembra giacere al centro dell'intera isola, perciò taluni lo chiamano ombelico della Sicilia. Nelle sue vicinanze vi sono boschi sacri circondati da paludi ed una spelonca di grandi dimensioni nella quale vi è una voragine che porta sotto terra in direzione Nord: secondo il mito di qui uscì Plutone con il carro, quando rapì Core. Le viole e gli altri fiori sbocciano senza interruzione e contro ogni regola per l'intero anno e fanno sì che il luogo presenti un aspetto sempre fiorito e dilettevole. Secondo il mito, Atena e Artemide, che pure avevano scelto la verginità ed erano allevate con Core, erano solite raccogliere insieme con lei i fiori e preparare il peplo per il padre Zeus. Poiché passavano il tempo insieme ed erano fra loro intime, tutte e tre amavano in maniere straordinaria quest'isola e ciascuna ricevé in sorte una parte del territorio: Atena nella zona di Imera, dove le Ninfe, per fare cosa grata alla dea, fecero sgorgare le sorgenti di acqua calda quando Eracle giunse in Sicilia; gli abitanti poi consacrarono ad Atena una città e il territorio che si chiama ancor oggi Ateneo. Artemide ricevé dagli dèi l'isola che si trova a Siracusa e che oracoli e uomini chiamarono dal suo nome Ortigia. Anche in quest'isola le stesse Ninfe, volendo far cosa grata ad Artemide, fecero scaturire una grandissima sorgente che si chiama Aretusa. Questa sorgente conteneva molti pesci e di grandi dimensioni non solo nei tempi antichi; accade che anche ai nostri giorni i pesci vi si trovino ancora, perché sono sacri e non devono essere toccati dagli uomini. Spesso taluni ne mangiarono in occasione di circostanze belliche, ma la divinità mandò segni insoliti e precipitò in grandi sventure coloro che avevano osato prenderli vicino Enna. Come le due dee sopra ricordate, anche Core ricevè in sorte i prati vicino Enna, le fu poi consacrata nel territorio di Siracusa una ricca sorgente che si chiama Ciane. Secondo il mito Plutone, compiuto il ratto, trasportò Core sul suo carro vicino Siracusa: squarciò la terra, sprofondò con la rapita nell'Ade e fece sgorgare una fonte, chiamata Ciane, presso la quale i Siracusani celebrano ogni anno una famosa festa; i privati sacrificano vittime di piccolo taglio, la cerimonia pubblica prevede l'immersione di tori nello specchio d'acqua; questo sacrificio fu introdotto da Eracle al tempo in cui percorse tutta la Sicilia spingendo i buoi di Gerione.

 
 
 
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