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emilia romagna

Post n°271 pubblicato il 28 Gennaio 2009 da rorina77
Foto di rorina77

EMILIA - ROMAGNA

Popolazione: 3.947.102
Superficie (Kmq): 22124
Densità (Ab/Kmq.): 179
Capoluogo: Bologna (BO)
Altre Province: Ferrara (FE); Forlì-Cesena (FC); Modena (MO); Parma (PR); Piacenza (PC); Ravenna (RA); Reggio Emilia (RE); Rimini (RN).


 


Il fosso del diavolo


Nel paese di Sasso Marconi, nell'appennino Bolognese, esiste un enorme fosso, chiamato fosso del Diavolo. Si racconta che un tempo la tremenda creatura obbligava i contadini a consegnargli tutto il cibo che producevano, altrimenti sarebbero stati puniti.
I poveri contadini sopportavano mal volentieri le prepotenze del diavolo finchè un giorno si ribellarono, rifugiandosi in una chiesa.
Il diavolo andò su tutte le furie e stava per distruggere la chiesa quando un bagliore dal cielo,improvviso e violento(*), scaraventò il diavolo sulla terra. L'impatto fu tale da creare un enorme fosso nel terreno, dal quale iniziò a scorrere dell'acqua.
Si dice che in fondo lla sorgente si nasconde un enorme tesoro, ma trovarlo è impossibile perchè dal fosso si dirama un'infinità di passaggi. In molti hanno provato a raggiungere la sorgente manessuno finora ci è mai riuscito.


 


Azzurrina


Nel 1375 il "Mons belli" è sotto il dominio dei Malatesta. Ugolinuccio Malatesta, signore di Montebello, è fuori in battaglia e ha affidato la sua bambina, Guendalina, a due guardie di fiducia. Perché una fanciulla in tenera età (tra i sei e gli otto anni) si trova in una fortezza da guerra qual era il Castello di Montebello, con la sola compagnia di uomini armati? Guendalina era nata albina, quindi chiara di pelle, capelli e occhi; bianca come la neve. Nel Medioevo questa caratteristica era ritenuta espressione del demonio, le donne con i capelli bianchi o rossi erano ritenute streghe, perciò i genitori della bambina per proteggerla, la nascosero agli occhi maligni con una tintura per capelli e l'isolamento nella fortezza. Il particolare effetto azzurrato dei capelli, dopo la tintura vegetale a cui erano sottoposti, accompagnato all'azzurro limpido degli occhi, le valse il soprannome di Azzurrina. Come abbiamo detto, in quei giorni il padre era assente, in guerra. Corrono i giorni del solstizio d'estate, scoppia un forte temporale e Azzurrina è costretta a giocare all'interno del castello, guardata a vista dalle guardie. La piccola si sta trastullando con una palla di stracci che fa rotolare per corridoi e scale, finché le sfugge di mano e precipita giù nel sotterraneo dove si conservano i cibi. La bambina insegue la palla e scende le strette e lunghe scale che conducono alla ghiacciaia. I due armigeri non si preoccupano più di tanto e la lasciano andare, da lì non si può raggiungere nessun altro posto del castello. Succede tutto in un attimo: una corsa, un grido e la bambina scompare per sempre. Le guardie richiamate dall'urlo, accorrono nei sotterranei ma non trovano traccia di anima viva. La bambina è scomparsa nel nulla e da allora non viene più ritrovata. Il Malatesta si dispera e fa condannare a morte i due armigeri, unici testimoni della misteriosa disgrazia, a cui non crede, come tanti altri nel corso dei secoli. La misteriosa scomparsa di Guendalina Malatesta però non è una favola ma un fatto realmente avvenuto; è narrata in una cronaca del'600, custodita nella biblioteca del castello. Così nasce la leggenda di Azzurrina, la bimba che da quel lontano 1375 continua ad abitare le stanze del Castello di Montebello. Giunta fino a noi in un'eco tra il pianto e il riso dalle registrazioni delle troupe televisive effettuate nel 1990 e nel 1995, nel castello disabitato, a porte chiuse, con microfoni ultrasensibili, la voce di Azzurrina continua a farsi sentire avvincendoci con il suo intrigante mistero e attirandoci tra le mura del suo castello, diventato monumento nazionale e custodito fino al 1998 dalla professoressa Welleda Villa Tiboni, recentemente scomparsa. L'ultima "castellana di Montebello" sarà anche l'ultima custode del segreto celato dietro la scomparsa di Azzurrina, di cui finalmente sveleremo il mistero. La versione ufficiale della storia è la versione propinata dagli unici testimoni della tragedia, i due soldati addetti alla scorta della bambina. È quella che viene raccontata ai visitatori del castello, da quando questo è diventato un monumento d'interesse nazionale e di singolare attrazione. Queste mura hanno custodito per sei secoli il segreto di quella tragica giornata. Alcuni anni fa un medium, durante una seduta tenutasi nel castello, si è messo in contatto con lo spirito di Azzurrina, la quale ha finalmente raccontato come sono andate realmente le cose. Fu un incidente. Guendalina, nel rincorrere la palla, cascò dalle scale e morì sul colpo. I due guardiani accorsero troppo tardi e trovarono la bambina ormai senza vita. Spaventati, rei di negligenza, essendo i responsabili dell'incolumità della figlia del loro signore e temendo una terribile punizione o la morte stessa, occultarono il cadavere, seppellendolo nel giardino e raccontando poi a tutti la versione della leggendaria sparizione. I due sventurati andarono incontro alla morte lo stesso e si portarono nella tomba il terribile fardello. Quante persone allora piansero la scomparsa della bimba e quanti ancora si commuovono a sentire narrare la sua storia, ma Azzurrina ha detto di essere felice e di voler continuare a vivere dentro l'amato Castello di Montebello, assieme ai suoi amici di ieri e di oggi. Lasciamola riposare in pace sotto il verde di quello che fu il suo giardino, lasciamola abitare le stanze di quella che fu la sua breve dimora; azzurro angelo custode del Borgo di Montebello.


 


San Giorgio e il Drago


La leggenda di San Giorgio che uccide il drago è conosciuta e rappresentata in tutta Italia, ma vide le sue origini nella nostra bella terra di Romagna, quando, nel lontano Medioevo questo santo cavaliere liberò la nostra regione da un terribile e mefitico dragone. Le vecchie donne romagnole hanno cantato per secoli in chiesa "L'Urazion ad San Zorz", un canto, una preghiera in vernacolo che narra questa leggenda religiosa tanto cara ai credenti di tutte le terre cristiane. C'era una volta un drago ruggente che abitava in un nero lago puzzolente. Questo terribile dragone con occhi di fuoco e lingua di fiamma, pretendeva sempre dalla gente della valle una creatura da mangiare. Finite le bestie dovettero arrendersi a sacrificare le persone e la prima prescelta fu proprio la figlia del re. La povera principessa ebbe dieci giorni per prepararsi al sacrificio, poi fu accompagnata al lago tutta adornata. Passava in quel mentre un cavaliere che vedendo quella bella e ricca fanciulla abbandonata sulle rive del lago, le chiese cosa facesse. La giovane narrò la sua triste storia e pregò San Giorgio di andarsene subito se non voleva fare la sua stessa fine, ma questi rispose coraggioso che l'avrebbe salvata e chiese cosa avrebbe ricevuto in cambio. Naturalmente tutto il suo regno! Al santo però, non interessavano onori e ricchezze, voleva solo che tutti diventassero dei buoni cristiani e questo si fece promettere dalla fanciulla. Arrivò in quel mentre l'orribile drago sputafuoco che dalla bocca emanava un insopportabile fetore e San Giorgio per un attimo si sentì perduto, ma un Angelo del cielo lo spronò a compiere il suo dovere. Così, il santo cavaliere in groppa al cavallo e con la spada sguainata che da sette anni non era più stata usata, andò incontro al dragone per piegarlo al suo volere. Su quel grosso collo mollò un fendente e il dragone si accasciò; allora ordinò alla principessa di chiudergli la bocca con la sua cintura, perché da quella mefitica boccaccia non uscisse più nessuna sventura e se lo tirarono dietro fino al paese, docile come un agnellino e senza pretese. Furono accolti con ogni onore e gioia e il re volle a tutti i costi premiare quel giovane e ardito cavaliere. Gli offrì castelli, oro e argento, ma San Giorgio chiese loro di credere in Dio e di farsi battezzare. Solo questo voleva e questo ottenne. In fede sua si battezzarono a migliaia e da quel giorno non si vide più nessun dragone. La credenza dice che chi si ricorda l'orazione (* vedere Sergio Diotti...) e la dice per bene tutta di fila, si guadagna il Paradiso. Magari bastasse!


 


Paolo e Francesca - I corpi ritrovati


Questa non è leggenda, Paolo e Francesca sono realmente esistiti e la loro passione, finita in tragedia, grazie a Dante e a tanti altri poeti e scrittori, è entrata nel mito e ha fatto sospirar molti cuori dal Medioevo a oggi. Lo stesso Dante, riguardo a loro, disse: "... sì che di pietade io venni men come io morisse"; nessuno può rimanere indifferente davanti alla storia dei due amanti sfortunati. Vicenda che s'intreccia con la storia di Rimini e dei suoi signori: i Malatesta, famiglia a cui apparteneva Paolo e di cui Francesca entrò a far parte grazie al matrimonio con il fratello di questi, Giovanni lo zoppo detto Gianciotto. Matrimonio politico, organizzato per rinsaldare l'alleanza tra le due famiglie e celebrato per procura. Siamo verso la fine del milleduecento; Malatesta da Verucchio detto il Mastin Vecchio, perché fu il fautore di un secolo di vicende della famiglia, si accorda con Guido il Minore Da Polenta signore di Ravenna, per unire in matrimonio i loro due figli e stabilire una salda alleanza tra le due signorie romagnole. A Francesca viene detto che sposerà il primogenito di una potente casa. Alla giovane non resta altro che obbedire e lo fa di buon grado quando vede Paolo il Bello, giunto a Ravenna per sposare la giovane con mandato di procura da parte del fratello e fatto credere, dal padre di lei e da tutti, il suo futuro sposo. Francesca cade nell'inganno, sposa Giovanni credendolo Paolo e si accorgerà del fatale errore solo il giorno del suo arrivo nella dimora riminese dei Malatesta. Si dice che la neosposa ebbe un brutto risveglio il mattino della prima notte di nozze, trovandosi nel letto Gianciotto. A Francesca non resta altro che adeguarsi alla nuova situazione e continuare a sognare il suo bel Paolo ma... se è vero che "Amor, ch'al cor gentil ratto s'apprende" anche lui s'innamora della bella cognata e cerca di avvicinarsi a lei per farsi perdonare di averla ingannata. Gianciotto, valoroso conquistatore, abile politico, Podestà di varie città, è in quegli anni spesso lontano da Rimini e la sua assenza favorisce la tresca tra i due. Paolo e Francesca, giovani, belli e d'animo sensibile, vengono trasportati da impetuosa passione l'uno tra le braccia dell'altro, verso l'adulterio. Chi si accorge di qualcosa è un servitore di Gianciotto che instilla a questi la cosiddetta 'pulce nell'orecchio'. Gianciotto torna a Rimini di nascosto e coglie sul fatto i due adulteri. Accecato dal furore, il crudele Malatesta, li uccide all'istante pugnalandoli. In questo modo funesto ebbe fine l'impossibile amore di Paolo Malatesta e Francesca Da Polenta divenuta Francesca da Rimini. In quale anno di preciso ciò avvenne non si sa, perché venne messo tutto a tacere dal potente Mastin Vecchio, ma si suppone che il delitto sia avvenuto tra la fine del 1283 e il 1285. Cos'altro non si sa ancora per certo è il luogo del delitto; tra le numerose Rocche Malatestiane dei dintorni, la più probabile è l'antica residenza riminese del Gattolo, dove più tardi venne costruito Castel Sismondo, anche se fino a oggi, Rimini non si è fatta per niente lustro di questa romantica storia che tinse di fosco le nostre antiche mura, al contrario di 'concorrenti' più smaliziate quali Santarcangelo e Gradara. Fin qui, probabilmente è storia nota a tutti i nostri lettori, ma ciò che vogliamo aggiungere per dovere di cronaca, è un fatto forse un po' meno conosciuto. Nel 1581 nella Chiesa di S. Agostino di Rimini, furono ritrovati in un'arca di marmo i corpi di Paolo e Francesca. Sepolti assieme, uniti dalla stessa ferita che li trafisse, i due sventurati amanti giacevano abbracciati in splendide vesti di seta. Uniti nella morte come mai lo erano potuti essere in vita.




























 


 

 
 
 
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