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piemonte

Post n°273 pubblicato il 30 Gennaio 2009 da rorina77

PIEMONTE

Popolazione: 4.291.441
Superficie (Kmq): 25.399
Densità (Ab/Kmq.): 169
Capoluogo: Torino (TO), 1.731.039 abitanti nell'area metropolitana, 962.507 a Torino città
Altre Province: Alessandria (AL); Asti (AT); Biella (BI); Cuneo (CN); Novara (NO); Verbano-Cusio-Ossola (VB); Vercelli (VC)


 


Federico Barbarossa, San Pietro e i cavalieri fantasma


Questa leggenda integra quella più famosa di Gagliaudo, il salvatore di Alessandria, durante l'assedio alla città portato dall'imperatore Federico I nel 1174 - 1175. La vicenda parla di un inganno ordito dai nemici di Alessandria, per porre fine al lungo assedio: scavarono un tunnel fin dentro le mura per cogliere di sorpresa l'esercito degli assediati. A svelare l'inganno fu nientemeno che San Pietro, che, quando i soldati stavano per sbucare dal tunnel, scese dal cielo, avvolto in una fulgida luce, sopra un cavallo bianco, nelle mani una spada e le chiavi del paradiso, destò tutta la città e la avvertì del mortale pericolo. I cavalieri alessandrini riuscirono, in tal modo, a contrastare la sortita nemica e, anzi, guidati da San Pietro, uscirono dalla città e misero in fuga tutto l'esercito dell'imperatore, il più potente sovrano d'Europa. A memoria dell'evento prodigioso, nella cattedrale di Alessandria è conservato un dipinto che raffigura San Pietro a cavallo con le chiavi e la spada, nell'atto di spronare i soldati contro uno sbigottito Barbarossa. Il mistero, però, non termina qui, perchè si narra di viaggiatori che, attraversando di notte le campagne alessandrine, abbiano visto strane figure simili ai cavalieri medioevali girovagare furtive e silenziose. I contadini narravano che si trattasse degli spiriti degli antichi cavalieri che avevano sconfitto il Barbarossa, secoli addietro, anime che vanno alla ricerca dei tesori che nascosero da vivi o con una missione speciale da compiere. Attorno a queste "presenze" sono sorti molti racconti. Si narra di una fanciulla aggredita da due delinquenti e salvata dall'improvvisa apparizione di un cavaliere dalle sembianze spaventose; oppure di un guerriero che si aggira di notte nelle zone dove si svolse la battaglia e di tanto in tanto si inginocchia a terra: sarebbe il capitano dell'esercito alessandrino che ringrazia i suoi valorosi soldati morti per la salvezza della città.


 


La creazione dei Piemontesi


Il Creatore al sesto giorno, si era alzato di buon'ora e aveva impastato l'uomo e la donna, prima che facesse giorno.Adamo si era subito innamorato di Eva e, quando si era alzato il sole, avevano già fatto la frittata!Allora, le giornate erano molto più lunghe di oggi, mentre tutto il resto si faceva più in fretta.Questo, per dire che prima che spuntasse il giorno, che era il settimo, e prima che Nostro Signore incominciasse il riposo, sulle rive di un fiume si formavano già una mezza dozzina di tribù.E non sarebbe niente se non fosse che si cimentavano, mugugnavano, bisticciavano, si dice anche che una tribù avesse già trovato il suo Caino per forgiare le armi e appuntire le pietre.E' stato allora, che San Michele è andato dal Creatore e gli ha detto: " Padre Santo, io so che fate tutto bene, e chiedo scusa, ma guardando giù le valli del mondo, vedo che le genti che avete messo dentro, sono razze cattive e maleducate.Perché Nostro Signore non crei una razza con un po' di giudizio nella testa, una razza che, senza chiacchierare troppo si ingegna a mettere un po' di ordine nella terra. Una razza che insegna a quelli dei campi e delle vigne a tenere bene le piante e i fiori. Una razza che sappia lavorare per sé e per gli altri e che al tempo giusto sappia tenere e menare il bastone? "Il Creatore, che si era già messo le pantofole nei piedi e la cuffia in testa, come si usava allora, aveva ascoltato San Michele con la bocca aperta. Più il tempo passava, più si sentiva contento di aver creato un angelo così in gamba e all'avanguardia.E salendo su una nuvola, aveva guardato giù verso la gentaglia che continuava a farsi dispetti e a spingersi. "Spostati! Questo è mio! Sono arrivato prima io!"Si era voltato disgustato arricciando il naso e scuotendo la testa: "Devo proprio fare un'altra razza, come dici tu, ma una razza che abbia la testa sul collo!La testa sul collo, non sulle spalle come tutti gli altri. Una razza che s'ingegna, che metta ordine, che accudisca, che lavori per sé e per gli altri!!"Il Creatore si era calato sulle montagne e con la terra nera, l'acqua chiara, il sole caldo e la roccia dura aveva fatto la razza piemontese con la testa sul collo."Vai e lavora mettendo giudizio per tutti...." Aveva detto al primo piemontese.Ma nella fretta, Nostro signore, si è dimenticato di dargli il bastone da tenere e da menare.E così che i piemontesi sono ancora come li ha fatti Nostro Signore. Lavorano per sé e per gli altri, mettendo giudizio per tutti.Il brutto è che quelli che hanno la testa sulle spalle, hanno continuato a tenere e menare il bastone sulla schiena degli stupidi che hanno la testa sul collo!


 


La leggenda del polentone di Molare


Il nome di Molare è noto anche per una manifestazione tradizionale ultra centenaria che ogni anno richiama migliaia di turisti provenienti da diverse parti d'Italia e alcuni anche dall'estero. E' la sagra del polentone. La tradizione narra che in tempi lontani, gli abitanti delle sperdute frazioni intorno a Molare, si recassero il primo giorno di quaresima di ogni anno, nella chiesa parrocchiale. Si narra che un anno, mentre i pellegrini si accingevano a rientrare nelle loro abitazioni, venissero sorpresi da una forte nevicata che li costrinse a rifugiarsi sotto una tettoia, al freddo, in attesa di riprendere il cammino. Mentre la nevicata infuriava, passò nelle vicinanze della chiesa, la carrozza del conte Gajoli Boidi, il quale volle invitarli nelle cucine del suo castello, ordinando alla servitù polenta e baccalà per tutti. I pellegrini, trovandosi poco a loro agio all'interno del castello, chiesero di poter gustare il dono sotto la tettoia che era stata loro rifugio contro la neve. Così fu ed il pranzo continuò in allegria, tra la curiosità di molti abitanti del concentrico. In anni successivi qualcuno pensò di rievocare il gesto, preparando in piazza la grande polenta e distribuendola a tutti i presenti fra canti e balli. Una festa che con il passare degli anni si è trasformata in una grande manifestazione folcloristica.














La fata


Lungo la strada tra Tiglietto e Canaussa vi è la balma della strega: "la barma dla fa". Tutti quelli che passavano di lì vedevano sempre una strega grossa come la ruota di un mulino che gridava e batteva le mani. A volte, le streghe si ritrovavano vicino a questa balma per il sabba. Facevano un cerchio e la grossa strega stava al centro con il diavolo che si presentava sotto forma di grosso caprone. Un giorno, un uomo di Tiglietto che aveva bisogno di una robusta trave portante per il tetto, sapendo che vicino alla "barma dla Fa" vi era un larice alto e diritto, si reco' sul posto per tagliarvelo. Quando vi giunse, vide tutte le streghe sedute sui rami dell'albero come tanti uccelli. Le pregò di scendere, ma esse fingevano di non sentire. Alla fine, spazientito gridò : "Ah si! Non volete scendere! Vi faro' scendere io!". Iniziò a tagliare il larice a colpi di scure. Picchiava con tanta forza contro l'albero che tutti i rami tremavano, ma le streghe fischiettavano come se nulla stese accadendo . Quando finalmente il larice cadde, esse volarono via come tanti uccellini e nessuno le vide mai più !.


 















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