Creato da soul_woman il 20/02/2006

chocolate factory

La capacità di stupirsi di fronte alle cose, senza fare mille congetture...

 

 

« Il termine di paragoneUN BACIO »

SOTTO L'ALBERO

Post n°41 pubblicato il 28 Novembre 2006 da soul_woman

Che frenesia. Tutti allegri, felici ed ansiosi aspettano l’arrivo del giorno più bello dell’anno per scambiarsi regali, per ritrovarsi allo stesso tavolo con parenti che durante l’anno non si ha mai il tempo di ascoltare o visitare. Si preparano grandi pranzi e cene, si spendono fior di quattrini per non sfigurare di fronte agli ospiti che verranno a trovarci, ci si riversa per le strade e ci si tuffa nei grandi acquisti. E poi l’atmosfera è così festosa: ovunque luci colorate, alberi di Natale, tappeti rossi, presepi, musichette dolci e tintinnio di campanelli; ovunque uomini travestiti da Babbo Natale che girano per le strade distribuendo caramelle per i bambini. Sotto l’albero non c’è più spazio per i regali, nelle pareti non c’è più un angolo per appendere nuovi festoni. Poi finalmente la festa: le case si riempiono di grida di gioia, sui tavoli si alternano prima pietanze dal nome altisonante e dall’apporto calorico pari al pasto di un’intera giornata, poi carte da gioco o tabelloni della tombola, per continuare a trascorrere insieme liete ore e divertirsi magari sbancando i cugini o gli zii. Poi arriva il momento dei ricordi: vi ricordate l’anno scorso o due anni fa? Vi ricordate quando si disse o si fece quella cosa? E si ride, si scherza, si sta tutti in armonia. Per quest’anno è stato piacevole, dovremmo ripeterlo più spesso.

Passa un anno, ed ecco di nuovo il Natale. Stesso scenario, stesso copione, stessa atmosfera. Anche quest’anno ci siamo divertiti, è stato bello, speriamo di ripeterlo.

E passano 5, 10, 15 anni, e il copione è sempre lo stesso. Ci si ritrova sempre gli stessi, allo stesso tavolo, con le stesse facce: i bambini più cresciuti, gli adulti più invecchiati, ma siamo sempre noi. E le storie sono sempre le stesse, così come le pietanze ed il gioco della tombola: si perde sempre per un numero, mentre vince sempre il solito fortunato che ogni anno si porta via tutto. Si dicono sempre le stesse cose, ognuno è stanco di ripetere questo rituale che un tempo sembrava così bello, ma non si può farne a meno, perché è giusto che sia così, perché il Natale bisogna passarlo con i parenti, e perché ai parenti, essendo tali, bisogna volere bene, prima ancora degli amici, e perché occorre essere per forza felici.

Ma il tempo è passato, tutto ha perso il dolce sapore di un tempo, tutto ha assunto nuovi significati, obbligatori e necessari, ai quali non ci si può sottrarre. E la spontaneità è andata a farsi benedire. Ma perché poi si festeggia il Natale?

 

* * *

Sotto quell’albero stava prima un bambino, che provava tanta gioia nel sentire il rumore della carta che si strappava, e lasciava uscire fuori la bella sorpresa tanto attesa, e non ne capiva niente di tutti quei discorsi che facevano gli adulti. Non li capiva ma sentiva che erano importanti, che un giorno sarebbe toccato anche a lui farli, e sapeva che non sarebbe mai stato capace di farli; il solo pensiero lo spaventava a tal punto che desiderava non diventare mai grande, restare sempre a scartare i regali mentre gli adulti parlavano dei loro problemi. Ed ogni anno che passava quell’albero sembrava sempre più piccolo, la carta dei regali sempre meno rumorosa, e i discorsi importanti sempre più imminenti.

E tutti si aspettavano che lui li facesse, perché era giunto il suo tempo, ed invece lui taceva. Certo, sicuramente non era un tipo intelligente, e lui lo sapeva che gli altri pensavano di lui che non lo era, ma non era vero. A scuola era il primo della classe. Timido si, forse anche troppo, ma non stupido, perché i problemi di geometria li sapeva risolvere, perché nel tema in classe prendeva sempre 8, perché quando c’erano da fare le ricerche collettive tutti volevano stare nel suo gruppo; ma i discorsi degli adulti non li sapeva fare, e preferiva restare sotto l’albero. E tutti pensavano che era ancora troppo immaturo.

Ma non aveva più l’età per recitare nel presepe della parrocchia dedicato solo ai bambini; troppo alto gli avevano detto, e a questo non poteva rimediare. Però lo mettevano sempre nel tavolo dei piccoli, insieme ai cuginetti che mangiavano le loro pappette e che piagnucolavano sempre. Con loro non poteva parlare, non avevano argomenti in comune, e poi anche loro lo ritenevano uno stupido: che ci faceva nel tavolo dei piccoli lui che aveva le gambe troppo lunghe? Gli facevano le smorfie, e gli adulti continuavano a parlare dei loro discorsi; e non si avvedevano di quanto gli avrebbe fatto piacere sedere accanto a loro. Cosa avrebbe detto? Nulla, avrebbe ascoltato, ed imparato a diventare come loro.

Ogni anno attendeva con ansia l’arrivo di quella festa e sperava di provare gioie infinite; ed ogni anno erano solo delusioni, perché lui non era come loro, perché ormai non c’erano più regali da scartare, perché i cuginetti più piccoli erano cresciuti e trattati da adulti, mentre lui restava l’idiota della famiglia. E come sarebbe stato bello se sotto quell’albero avesse trovato un po’ di serenità interiore, ed almeno una volta si fosse sentito normale.

* * *

Quell’anno il Natale fu davvero diverso. Il primo di dicembre un uomo gli portò una scatola enorme e gli disse:

- Qui c’è un albero nuovo. Lo so che ne avevamo uno già, ma quest’anno ne farai uno tutto tu, e sarà il tuo albero.

Lo aprì, lo preparò con amore e dedizione, non tralasciò nessun particolare, e fece il più bell’albero di Natale che fu mai visto. Era il suo, era davvero bello, ed era di nuovo alto, come quando era bambino. E c’erano tante luci colorate, tanti fiocchetti rossi, tanti nastri, ed ogni particolare si armonizzava, creava un tutt’uno, tanto che se uno solo di questi fosse stato tolto, si sarebbe visto subito che mancava qualcosa.

Andò da quell’uomo e gli disse grazie, ma lui gli rispose che non si dice mai grazie ad un amico. Ad ogni buon modo, il suo sorriso era il più bel grazie che avesse mai ricevuto.

Quell’anno gli adulti continuarono a tenere i loro discorsi, i cuginetti continuavano a mangiare le loro pappette e a piagnucolare senza sosta, si giocò a tombola come sempre, come sempre vinsero gli altri, e come sempre si mangiarono le stesse pietanze. Ma il rumore della carta dei regali sembrava come quello di un tempo, e lui era felice di non essere come loro e di non capire i loro discorsi perché quell’anno c’era un albero nuovo, e quell’albero lo aveva fatto lui.

 
 
 
Vai alla Home Page del blog

CONTATTA L'AUTORE

Nickname: soul_woman
Se copi, violi le regole della Community Sesso: F
Età: 50
Prov: PA
 

AREA PERSONALE

 

ARCHIVIO MESSAGGI

 
 << Ottobre 2024 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
  1 2 3 4 5 6
7 8 9 10 11 12 13
14 15 16 17 18 19 20
21 22 23 24 25 26 27
28 29 30 31      
 
 

FACEBOOK

 
 
Citazioni nei Blog Amici: 2
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963