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Quel giorno, pur non essendo domenica, il museo delle auto d’epoca era pieno.
Eleganti uomini occhialuti scrutavano le auto in ogni loro dettaglio.
Come ispirati, alcuni, ne accarezzavano persino le lucide carrozzerie con tocchi delicati e leggeri: una grande soddisfazione si leggeva distintamente nei loro occhi.
Fra i visitatori, poche donne, tutte rigorosamente ignorate dai loro uomini e, con dipinta sul volto, la cocente delusione di non esser oggetto del desiderio quanto quelle stupide ed inanimate auto.
Solo un annoiato e paffuto guardiano le osservava malizioso, contento di posare, finalmente, il suo sguardo su un bel paio di gambe anziché su quelle solite e, per lui, insopportabili auto.
Incastrata, fra gli ingranaggi del motore che un rosso cofano aperto esponeva ai visitatori più esigenti, stava, apparentemente beata, una strana ed originale lumaca.
Capitata lì, non si sa come, da molto tempo, soggiornava indisturbata, nel museo.
I primi tempi eran stati duri:continuava a domandarsi dove mai fosse finita tutta l’erbetta verde sulla quale strisciava lenta, felice di sentire quel freschino sotto la pancia.
E quanta nostalgia del sole, del profumo dei fiori…
Perché la natura era sparita? Cos’eran tutte quelle superfici strane e quegli odori pungenti e nauseabondi che confondevano il suo olfatto?
Ricorrendo a quel sorprendente istinto d’adattamento di cui ogni essere vivente è provvisto, aveva presto imparato ad assimilare, a mo’ di cibo, tutto ciò che veniva usato per tenere linde e splendenti quei begli esemplari d’auto d’epoca.
Il suo dna si era ormai alterato.
Pure lei stentava a riconoscersi con quelle due antenne che, nel tempo, erano finite per assomigliare a due grandi e luminosi fari cromati!
E che dire del guscio? Si era ammorbidito ed allungato formando una perfetta ed aerodinamica capote. Non riusciva nemmeno più a strisciare: si spostava, velocemente, su quattro ruote,con lucidi cerchi in lega, che le erano spuntate ai lati del suo corpo.
A volte, urtava contro qualcosa, perché faticava ad abituarsi a quegli specchietti retrovisori di cui non riusciva a spiegarsi l’utilità. Erano tante, ormai, le cose che non capiva di sé…
per esempio il fumo, o quello strano rombo che sentiva nel respirare e che lei non riusciva a governare in nessun modo.
Di colpo, si sentì sollevare a mezz’aria:
mille occhi stupiti eran puntati su di lei .
L’assordante vociare le fece intuire che qualcosa, di lì in poi, sarebbe cambiato…
Non si sbagliava: da quel giorno lei, la “lumacAUTO”, diventò la vera attrazione del museo, strombettando e rombando felice per l’inaspettata e conquistata popolarità!
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