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L'uccello delle Upanishad

Post n°441 pubblicato il 03 Settembre 2011 da nagel_a


Ammiro lo scivolare chiaro e limpido di certe dissertazioni logiche. Mi piace seguirne il senso, il rigore del metodo, la sequenzialità di tesi, antitesi e sintesi. Persino i paradossi che spesso provocano la scossa di un accostamento inusuale.
E pure se il piacere intellettuale è alto, cerco altro.
Ciò che in me induce a scegliere e distinguere, quel motore che interiormente spinge e costruisce ciò che siamo, mi porta altrove. Alla ricerca di spunti di pensiero che si traducano in emozioni, lungo linee di confine tragiche e assolute come un freddo siberiano.
Mi rapiscono solo le parole che creano immagini, che forgiano mondi. Allora mi accade, percorrendole, di dimenticare l'intorno e di immergermi in quello che si conforma come un viaggio totale. 
Solo una compresenza di scenari mi permette di cogliere prospettive nuove. Come se attraverso il paese delle meraviglie riuscissi a possedere un dettaglio in più del paese reale. Come fosse tracciato un percorso liminare lungo due baratri e solo questo affacciarsi facesse sentire vivi. Come si moltiplicassero i piani della realtà e la fantasia li rendesse paritetici: un ventaglio di possibilità aperte sul tavolo dinnanzi.

La riemersione è straniamento, confusione. Una decompressione lenta e necessaria per ripristinare l'ordine delle cose nella "dimensione principale".

"Dalla contemplazione del limite - di quel necessario perdersi, nascondersi, interrompersi della visione - la vita sembra nutrirsi, come l'uccello delle Upanishad che guarda il frutto senza mangiarlo."
(C. Campo, Gli imperdonabili)

 

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Commenti al Post:
d4ny3L4
d4ny3L4 il 03/09/11 alle 18:29 via WEB
"Come se attraverso il paese delle meraviglie riuscissi a possedere un dettaglio in più del paese reale." Direi che è qualcosa di fondamentale.
La citazione è di un'intensità sottile quanto tagliente. Un abbraccio
 
 
nagel_a
nagel_a il 04/09/11 alle 10:47 via WEB
E' una sorta di trasposizione, la stessa che spesso uso scrivendo i fatti miei qui :)) Hai ragione: in generale Cristina Campo è assolutamete sottile e tagliente. Ti abbraccio :)
 
gginopino
gginopino il 03/09/11 alle 19:01 via WEB
come avere da saziare gli occhi, ma con pietanze che diano alla vista una specie di nuova libertà.
 
 
nagel_a
nagel_a il 04/09/11 alle 10:48 via WEB
una nuova libertà di vedere quotidianamente da conquistare.. sì.. ci sta ... è questione di educare gli occhi ancor prima che il pensiero :)
 
last.exit
last.exit il 03/09/11 alle 23:03 via WEB
mi piace il "pensiero" delle cose nella "dimensione principale".Bacio paritetico! :-]
 
 
nagel_a
nagel_a il 04/09/11 alle 10:48 via WEB
tutto sta nel trovare sempre la strada di quella dimensione principale a volte ballerina :) bacio danzante :)))
 
ebenezer.le.page
ebenezer.le.page il 04/09/11 alle 00:47 via WEB
Ah les femmes, les femmes... Ci si limita troppo a dire: sognatrici?
 
 
nagel_a
nagel_a il 04/09/11 alle 10:49 via WEB
dici che sia un eufemismo?... rido... perchè no, mi piacciono gli estremi :)))
 
Sylvia.P
Sylvia.P il 04/09/11 alle 16:50 via WEB
Bellissimo: si cerca un'altra vita, quell'altra, quella nascosta dentro, in profondità: che venga a galla dunque! E godiamocela! Complimenti per la proprietà di scrittura, per il suono delicato ed acuto delle parole. Un caro saluto :-)
 
 
nagel_a
nagel_a il 05/09/11 alle 08:17 via WEB
che venga a galla sì! in questa inebriante alternanza che sola dà profondità a ciò che viviamo... grazie per ciò che hai detto, mi fa piacere :)un sorriso :))
 
basilicojamaicano
basilicojamaicano il 05/09/11 alle 18:12 via WEB
…come l'uccello delle Upanishad che guarda il frutto senza mangiarlo
Concordo pienamente con te, Nagel. Sebbene io sia capace di elucubrazioni pure complesse, a volte, non mi sento schiavo del compulsivo bisogno di scandagliare la realtà che mi circonda.
Come te, anch’io preferisco una linea di passi in bilico tra fantasia e ciò che tu chiami “dimensione principale”.
E anch’io soffro di quei traumatici ritorni al mondo, come stessi nascendo ogni volta in quel momento.
Ricordo chiaramente il giorno in cui per la prima volta la fantasia si mischiò alla realtà svelandomene la durezza. Erano tempi non sospetti e stavo leggendo. Fu in un giorno di maggio della mia adolescenza, che incontrai tra le righe delle Upanishad il mitologico uccello. Ne rimasi come folgorato. Ero lì, estasiato dalla sua eterea sfolgorante presenza quando all’improvviso, come richiamato dal mio pensare, si volse e mi riempì gli occhi di uno sguardo che comprendeva l’infinito. Chiesi timidamente:
“Svelamelo, ti prego. Svelami il mistero di ciò che è; Fammi saggiare il sapore del frutto che ti nutre.”
Allora vidi nel ventre bruno della Terra, e in quel buio brulicante di vita, una luce. “Ecco il frutto, disse una voce, ma non ne conoscerai”
Mi svegliai da quel torpore e cercando di capire quale verità volesse svelarmi l’uccello delle Upanishad e finalmente giunsi all’inevitabile conclusione: ciò che lo nutriva non era un frutto, bensì un tubero, una patata, per l’esattezza; e dalle Upanishad uscirono allora parole crude, di poco conforto, ma di grande verità:
“Ragazzo, sei messo male! Al nostro uccello, almeno, gliela fanno vedere!”
 
 
nagel_a
nagel_a il 05/09/11 alle 21:50 via WEB
cioè sai perchè mi stai sulle scatole quando fai così? perchè io inizio e leggerti e mi dico: ecco ora dice una delle sue rare perle di saggezza.. e vado avanti a leggere convinta, poi arrivo alla fine e.... trovo la battutaccia! non vale! un po' di serietà cribbio! ne va della mia reputazione di postatrice seria! (più o meno si fa per dire :))) ... e comunque ti sta bene! per la patata intendo... così impari! :))))
 
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